Nell’immediato dopoguerra, tra gennaio e giugno del 1945, in sostituzione del regolare campionato di calcio, in Italia si disputarono dei campionati regionali misti. Nelle intenzioni della Federazione, le migliori squadre di ogni regione si sarebbero poi sfidate per il titolo di Campione dell’Italia Liberata. Tuttavia, quelle finali interregionali non furono mai disputate. L’esperimento, che aveva un suo indubbio fascino, fu accantonato nella stagione successiva, quando si tornò ai regolari campionati nazionali. Per la cronaca, nel Lazio prevalse la Roma, in Toscana la Fiorentina, in Sicilia il Palermo, il Bari vinse in Puglia e il Pescara in Abruzzo.
Il campionato campano misto di Divisione Nazionale
Al campionato misto della Campania si iscrissero 10 squadre: Napoli e Salernitana (che militavano in serie B alla sospensione dei campionati, nel 1942-’43), Stabia, Scafatese (sì, proprio la compagine resa famosa dall’inarrivabile Totò nel film Totò e il giro d’Italia), Torrese e Casertana (provenienti dalla serie C), Frattese e Portici (dalle categorie inferiori), l’Internaples (società appena fondata) e la rappresentativa degli agenti di Polizia Militare.
Il Napoli, che giocò le partite casalinghe all’interno dell’Orto Botanico perché lo stadio Ascarelli era stato completamente distrutto dai bombardamenti alleati, era logicamente favorito per il blasone, ma terminò il campionato con un deludente terzo posto. La Salernitana giunse seconda e, a tavolino, vinse lo Stabia, trascinata dell’attaccante del grande Torino Romeo Menti (al quale è dedicato ancora oggi lo stadio di Castellammare di Stabia). La Federazione, infatti, permise ai calciatori di scegliersi la squadra in cui giocare, pur restando alle dipendenze delle società di appartenenza prima della sospensione dei campionati.
Demetrio Stampacchia da Nola
Professore di lettere in un liceo, uomo di cultura e, si racconta, dal carattere determinato e inflessibile, Demetrio Stampacchia aveva un nome che difficilmente passava inosservato. E poi aveva un hobby particolare: faceva l’arbitro, anche in serie A.
E proprio lui, iscritto alla sezione di Nola, il 13 maggio del 1945, fu designato per dirigere Salernitana-Napoli, un derby infuocato già dalla vigilia, perché le due squadre si contendevano il primato del campionato insieme allo Stabia.
Salernitana-Napoli 1-1
Allo stadio “Littorio” di Salerno, successivamente intitolato a Donato Vestuti, si giocò una partita dai nervi tesi, sia in campo che sugli spalti. A dire il vero, già altre partite (per esempio Torrese-Stabia) si erano rivelate pericolose per l’ordine pubblico. Si sa, in Italia il campanilismo ha sempre fatto danni!
Il Napoli passò in vantaggio al 18esimo minuto con Margiotta, i granata pareggiarono al 25esimo con Venditto. La gara continuò sui binari di uno sterile equilibrio finché, a 10 minuti dal termine, l’arbitro Stampacchia assegnò un rigore piuttosto dubbio agli azzurri. Le escandescenze dei tifosi sugli spalti e le scaramucce dei giocatori in campo surriscaldarono l’atmosfera. In un clima surreale, il centrocampista del Napoli Mazzetti tirò il rigore sul palo.
L’arbitro è morto!
L’errore fatale dal dischetto non contribuì a sedare gli animi. Anzi, sugli spalti cominciarono risse e tafferugli che coinvolsero migliaia di persone. In campo le cose non andarono meglio: i calciatori smisero di giocare e cominciarono a darsele di santa ragione. Una bolgia infernale, indomabile, fatta di insulti, sputi, calci e pugni. Ma, improvvisamente, si udirono alcuni colpi di pistola esplosi da un settore dello stadio. L’arbitro Stampacchia cadde a terra, esanime. L’atmosfera nel Littorio si raggelò di colpo. Con una barella lo portarono via. La partita fu sospesa. I giocatori, a testa bassa, rientrarono nei rispettivi spogliatoi, mentre gli spettatori, in un silenzio irreale, abbandonarono ordinatamente lo stadio.
Ma grande fu la sorpresa degli infermieri quando, entrati nello spogliatoio dell’arbitro, videro il buon Demetrio Stampacchia alzarsi tranquillamente dalla barella, illeso, che con un compiaciuto sorriso gli spiegava di aver colto l’occasione degli spari per sedare i tafferugli con la sua presunta morte in campo.
Una astuta messinscena che impedì che la situazione degenerasse.