Totò nasce ieri, 15 febbraio 1898. Non era uno sportivo, era solo un gran signore, interprete tra i più grandi della scena culturale italiana del novecento. A lui dobbiamo molto, anche l'averci fatto sorridere trattando di sport da par suo.
Marco Panella
16 Febbraio 2022
Marco Panella
16 Febbraio 2022
Antonio de Curtis, gran signore nonché principe di Bisanzio, per tutti Totò.
Geniale, surreale, dadaista, Totò nasce ieri, 15 febbraio 1898, a Napoli, nel rione Sanità.
Ricordarlo è un dovere civico, un impegno culturale, ma soprattutto è un piacere.
E visto che noi raccontiamo di sport, ci prendiamo la briga di aprire una piccola finestra sullo sport e sugli italiani così come Totò li ha interpretati.
La vita artistica di Totò è tra le più significative del panorama culturale del novecento italiano.
Rimanendo solo al cinema, 30 anni di carriera e 97 film. Molti, però, molto più che film. Molti vere e proprie opere d’arte, dissacranti ed eversive del costume così come solo uno sguardo profondo travestito in abito comico riesce a saper fare. Dissacranti ed eversive del linguaggio, dei piccoli vizi e della moralità comune.
Eversive al punto che la critica, quella paludata, lo pesò come irrilevante fenomeno minore, spesso ignorandolo, altre volte cercando persino di osteggiarlo.
Tutto abbastanza inutile.
Di quei critici quasi nessuno ricorda il nome, mentre di Totò il solo evocarlo strappa sorrisi, lascia affiorare a memoria battute e scene uscite dalla trama di un film ed entrate nel costume italiano e ci introduce con leggerezza a riflessioni di profondità assoluta.
Totò aveva cucita addosso un’eleganza naturale, un’eleganza che se la dovessi impostare non ti basterebbe una vita.
Totò era innamorato dell’amore, un’amore che sconfinava nella gelosia passionale riflessa nella vita sentimentale appassionata e tormentata dei suoi tre grandi amori: Liliana Castagnola, bellissima e mondanissima, suicida per amore suo; Diana Bandini Rogliani Lucchesini, che sposò giovanissima e da cui ebbe una figlia che volle chiamare Liliana; Franca Faldini, che entrò nella sua vita nel 1952 per non uscirne più.
IlGiro d’Italia
Totò non era uno sportivo, la sua fisicità la esprimeva nella maschera facciale, nella mimica e nella gestualità di scena. Può sembrare poco, ma fu abbastanza per consentire a Mario Mattoli, che nel 1948 non era un regista qualunque, ma uno tra i più affermati registi italiani, di trasformare Totò nel bresciano professore liceale Antonoo Casamandrei che, per promessa d’amore faustiana, diventa ciclista alle prese con il Giro d’Italia.
(Totò al Giro d’Italia)
Totò al Giro d’Italiaè un film ancora oggi godibilissimo dove Totò, che dall’inganno del diavolo viene poi salvato dal sempiterno amore materno, si muove in uno scenario iper realistico, biciclettando su quello che definisce mezzo metallico munito di pignone e campanello e incontrando campioni del tempo che nel film interpretano sé stessi.
Fausto Coppi, Fiorenzo Magni, Gino Bartali ciclisti che del Giro, e non solo, hanno fatto la storia.
Ma anche Giacomo Di Segni, al tempo campione italiano dilettante dei medio massimi.
E Tazio Nuvolari, quasi al termine della sua incredibile carriera motoristica e al quale Totò riserva un indimenticabile questo ragazzo si farà.
Totò lascia o raddoppia?
Nel 1956 sarà Camillo Mastrocinque, altro grande interprete della regia italiana, che porterà Totò a sconfinare nello sport, anche se questa volta non praticato, facendogli interpretare il duca Gagliardo della Forcoletta dei Prati di Castel Rotondo, nobile di nascita ma non di destino, che cerca di sbarcare la vita armeggiando di scommesse all’ippodromo.
(Totò lascia o raddoppia?)
Totò lascia o raddoppia?si inserisce sulla scia del clamoroso successo del quiz televisivo condotto da Mike Bongiorno, trasmissione della televisione eroica che appena da un paio di anni era entrata nei desideri degli italiani. Desideri, perchè al tempo la televisione era oggetto di lusso con una fruizione non tanto casalinga, ma collettiva nei luoghi di ritrovo.
Una trasmissione nella quale, forte della sua conoscenza di ippica e cavalli, arriverà con successo proprio il nostro duca Gagliardo della Forcoletta e dove si svolgerà la gran parte del plot narrativo del film.
I due marescialli
Altro cameo sportivo, quanto meno indotto, lo troviamo ne I due marescialli, film del 1961 dove Totò è diretto da Sergio Corbucci e nel quale la storia, sullo sfondo storico della tragedia dell’8 settembre 1943 e con la presenza monumentale di Vittorio De Sica e Gianni Agus, si dipana in un intreccio di equivoci, gioco e scambio delle parti.
(I due marescialli)
Tra le scene cult del film una si svolge in un immaginario, ma al tempo stesso realissimo Caffè dello Sport, immancabile bar di paese, ma anche ristoro e trattoria come si usava al tempo, dove al nostro Totò nei panni del ladruconcolo Antonio Capurno travestito da improbabile maresciallo dei carabinieri, viene servito un altrettanto improbabile caffè di guerra, autarchico, caffè non caffè che oggi elegantemente chiameremmo tisana e che Totò, colpito nel vivo della napoletanità, boccia come ciofega imbevibile, degna di una Ciofega dello Sport più che di un Caffè dello Sport.
Signori si nasce
Indimenticabile, infine, la scena del biliardo in Signori si nasce, film del 1960 ancora a firma di Mario Mattoli, dove la surrealtà dei dialoghi diventa mondo a parte, a sé stante, vero di suo senza alcuna necessità di paragone con l’ordinario preesistente.
(Signori si nasce)
In questo caso la scena storica è quella giolittiana di inizio secolo, dove Totò si muove nei panni del barone Ottone Spinelli degli Ulivi. Zazà, così è confidenzialmente chiamato il barone, è notoriamente decaduto, ma la cosa non gli impedisce di dispensare perle di saggezza nella sala biliardo dell’esclusivo circolo a cui per lignaggio ancora appartiene.
Battute conclusive. Di lì a poco sarà messo alla porta per morosità ed è magistrale il rovesciamento delle parti in cui la scena si svolge, con Totò che, da cacciato, diventa invece nobile offeso e sdegnatodalla volgarità del denaro.
A Totò e alla sua maschera dobbiamo molto.
Anche di averci fatto sorridere attraversando lo sport da par suo.
Marco Panella, (Roma 1963) giornalista, direttore editoriale di Sportmemory, curatore di mostre e festival culturali, esperto di heritage communication. Ha pubblicato "Il Cibo Immaginario. Pubblicità e immagini dell'Italia a tavola"(Artix 2015), "Pranzo di famiglia. Una storia italiana" (Artix 2016), "Fantascienza. 1950-1970 L'iconografia degli anni d'oro" (Artix 2016) il thriller nero "Tutto in una notte" (Robin 2019) e la raccolta di racconti "Di sport e di storie" (Sportmemory Edizioni 2021)
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