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Liberiamo Oronzo Canà!

Oronzo Canà, il Porca Puttena e lo spot della Tim. Ancora una volta il calcio supera il perimetro sportivo e diventa paradigma sociale, di costume e di libertà.
oronzo canà

1984. Tra calcio giocato e calcio parlato irrompe il calcio immaginario di Oronzo Canà, fantasmagorico allenatore di calcio pugliese protagonista de L’allenatore nel pallone, storia semiseria sul calcio italiano liberamente ispirata alla figura di Oronzo Pugliese portata sugli schermi dal regista Sergio Martino.
Oronzo Canà pratico di campi di serie B, sogna di allenare in serie A.
I sogni a volte si avverano; questo deve aver pensato quando, a sorpresa, viene ingaggiato dal presidente della neo promossa Longobarda.
La storia si dipana in un meandro di situazioni tragicomiche e, ovviamente, non tutto è come sembra.
Al presidente Borlotti serviva un allenatore che riportasse la Longobarda in serie B; troppo costoso per lui competere nella serie maggiore.
Verità amara che sul finale sarà svelata sia ad Oronzo che agli spettatori, ma alla quale il nostro eroe in un impeto di orgoglio si ribella, preferendo essere uno scamiciato con onore che un traditore con qualche soldo in tasca.

Allenatore oltre il pallone

Dal 1984 Oronzo Canà ha valicato i confini calcistici ed è diventato un personaggio dell’immaginario italiano e L’allenatore nel pallone un film di culto al di là del genere.
Oronzo Canà è Lino Banfi, maschera italiana amatissima dal pubblico.
Lino Banfi non è solo un attore, Lino Banfi è un grande innovatore.
A qualcuno gli accostamenti letterari potranno sembrare arditi, ma credetemi, lo sono meno di quanto possa sembrare.
Ebbene, se J.R.R.Tolkien inventa la Terra di Mezzo e persino alfabeto e grammatica di quel mondo, se Filippo Tommaso Marinetti agita le parole in libertà del Futurismo, se Gabriele D’Annunzio inventa slogan e nomi pubblicitari ancora oggi di modernità assoluta, Lino Banfi non è poi così da meno perché inventa una lingua.
Lino Banfi inventa un italiano lavato tra trulli e masserie, spiagge garganiche e ulivi dauni, lo rinfresca all’ombra dell’ottagono sacro di Castel del Monte e lo rosola al sole delle spianate salentine.
Non è da poco, fa ridere, ma non è da ridere al punto che a qualcuno fa addirittura paura.

La polemica è nota

TIM accompagna i Campionati europei di calcio con una campagna promozionale per vedere le partite tramite fibra sulla piattaforma Tim Vision.
Testimonial dello spot è Oronzo Canà, allenatore ormai in pensione che si vuole godere lo spettacolo dal divano di casa gustando un italico piatto di pasta al pomodoro.
Peccato che lo voglia vedere tramite parabola che, sul più bello lo pianta in asso e che non può che fargli esclamare il suo grido di battaglia Porca Puttena!

Apriti cielo!

Il Moige, Movimento Italiano Genitori che persegue il benemerito obiettivo di tutelare i diritti dei minori anche dinanzi allo strapotere mediatico, insorge.
Lo spot va in onda in qualunque orario, anche in fascia protetta.
Nossignore, non si può perché chi ascolta quel Porca Puttena della vita non sa ancora nulla, meno che mai dell’intercalare onirico, ironico e maccheronico di Oronzo Canà.
Soprattutto deve continuare ancora per qualche anno a non saperne nulla.
Il linguaggio non è adeguato e quindi via al ricorso presso l’Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria con tutte le conseguenze del caso, in particolare per la TIM che si trova proiettata in un frullatore mediatico dal quale esce senza aspettare la sentenza.
“Nel rispetto della programmazione prevista”, così fa sapere la Tim, lo spot cambia.
Il Moige saluta il cambio di programmazione come una vittoria.
Contenti loro, dovremmo dire contenti tutti.

Invece no

Noi non siamo contenti e siamo convinti che anche Oronzo Canà, lo scamiciato che rifiuta compromessi, non lo sarebbe stato.
Che qualcuno sostenga e argomenti che sia sufficiente un Porca Puttena inserito in uno spot televisivo per turbare animo e sonno di bambini indifesi ci fa rabbrividire.
Ci fanno rabbrividire l’ipocrisia e il conformismo, ci fa rabbrividire lo sguardo dal buco della serratura, l’unico che impedisce di vedere il panorama.
Se fosse vero che il Porca Puttena viola diritti dei minori, allora li viola gran parte della produzione televisiva, li violano i videogames assuefattivi, li violano le immagini di cui sono pieni i social, li viola il vicino di stadio che smoccola ogni cinque minuti, li viola la pubblicità seduttiva che occhieggia dalle riviste patinate.
La domanda, allora, è semplice, inequivocabile, senza possibilità di essere incompresa.

Ma che mondo volete?

Volete un mondo in naftalina dove alla libertà di scelta è sostituito il divieto?
Volete un mondo dove si inizia con il non far vedere e il non far ascoltare e si finisce con il non far parlare e il non far pensare?
Personalmente ringrazio di essere cresciuto negli anni ’70, dove forse era possibile anche qualcosa di troppo, ma dove i genitori quel qualcosa di troppo insegnavano ai figli ad evitarlo senza nasconderglielo.
Personalmente credo che il conformismo del linguaggio sia più pericoloso di un Porca Puttena e che il Moige abbia perso un’occasione, l’occasione di concentrarsi sui problemi veri dei minori che normalmente affronta e spesso anche bene.
Per il resto, Porca Puttena, liberiamo Oronzo Canà!

 

Marco Panella, (Roma 1963) giornalista, direttore editoriale di Sportmemory, curatore di mostre e festival culturali, esperto di heritage communication. Ha pubblicato "Il Cibo Immaginario. Pubblicità e immagini dell'Italia a tavola"(Artix 2015), "Pranzo di famiglia. Una storia italiana" (Artix 2016), "Fantascienza. 1950-1970 L'iconografia degli anni d'oro" (Artix 2016) il thriller nero "Tutto in una notte" (Robin 2019) e la raccolta di racconti "Di sport e di storie" (Sportmemory Edizioni 2021)

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