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Osvaldo Bagnoli. Zona Bovisa

Una piccola storia personale. Un incontro casuale, una fortuna. Fortuna è un parolone, però io non riesco a chiamare diversamente l'incontro casuale con Osvaldo Bagnoli. Galeotta una cena di famiglia dalla zia milanese alla Bovisa. Una piccola storia, ma un grande incontro con un Mister che merita tanta stima e tanto rispetto.
Osvaldo Bagnoli

A Milano ho vissuto più di un anno. Ci abitava anche mia zia. Lei, però, abitava alla Bovisa.
Bovisa, una volta prati, fabbriche e operai. Poi, nel tempo, prati sempre meno, fabbriche sempre meno, operai sempre meno è anche la Bovisa è diventata un’altra cosa. Tanti di quelli che ci sono nati e cresciuti, però, dalla Bovisa si sono allontanati per i giri che la vita ti fa fare, ma poi ci sono tornati.
Quando andavo a trovarla, spesso mi capitava di incrociare il suo vicino di pianerottolo.
Signore distinto, mi rivolgevo a lui sempre con un educato buongiorno e buonasera. Anche questo, forse, come si usava una volta.
Fatto è che il signore distinto era anche famoso. Io per rispetto, non tanto della privacy di cui si sarebbe parlato solo qualche anno dopo, ma della persona, ogni volta mi mordevo lingua per non dire altro. Capirete però che incontrare sulle scale Osvaldo Bagnoli e non dirgli nulla è stato qualcosa di molto simile a un esercizio zen.

Osvaldo Bagnoli, calciatore e allenatore

Anzi, meglio dire l’allenatore del miracolo. Sì, perché come lo vuoi chiamare uno che fa vincere lo scudetto all’Hellas Verona? Insomma, il calcio lo conoscete. Prima dello scudetto del Verona, campionato 84/85, dobbiamo scendere al 69/70 per trovare con il Cagliari un’altra provinciale di lusso iridata con il tricolore. Sia chiaro, lo dico con tutto il rispetto per il Cagliari e per la definizione provinciale di lusso, che non è una diminutio, ma solo la considerazione di come negli anni lo scudetto abbia trovato il più delle volte un preciso e consolidato asse geografico.

Osvaldo Bagnoli

Porta a porta

Non c’entra Bruno Vespa in questo caso, ma solo il pianerottolo di mia zia Osvaldo Bagnoli, infatti, abitava porta a porta con lei e fu così che, per confidenza di vicinato, una certa sera a una festa data da mia cugina fu d’obbligo invitarlo.
Ovviamente ero inviato anche io, ma non avendo chiesto la lista degli ospiti, quando me lo trovai davanti in salotto quasi trasecolai.
Presentazioni rituali come se nulla fosse, ma poi fu lui a rompere il ghiaccio.
Lei non si interessa di calcio?” così mi dice. A Roma abbiamo una discreta e colorita capacità di sintesi “ma chi te c’ha mannato?”. Avrei dovuto rispondere così, ma sono rimasto presente a me stesso, l’ho pensato, ma non l’ho detto. Molto più compitamente ho risposto “…dopo la Famiglia è quello che amo di più” e lui di rimando “allora sa chi sono?”.
Facendo sfoggio di fair play rispondo senza tentennare “certo, ma non potevo aggredirla sulle scale!” 

Il Grande Verona

Fu inevitabile che, con la mia curiosità da appassionato, Osvaldo Bagnoli tornasse a fare Osvaldo Bagnoli e non il vicino di casa di mia zia e iniziasse a raccontare delle grandi stagioni Veronesi. Anni belli, emozionati, tatuaggi sul cuore e sull’anima. Qualcuno anche doloroso, come quando capì che ormai a Verona aveva fatto il suo tempo complice una società che si avviava a grandi passi verso il fallimento…in tutti i sensi.

I piazzamenti

Al Genoa centrò un quarto posto che è stato il miglior piazzamento nel dopo-guerra della squadra rosso-blu. 
All’Inter iniziò con un secondo posto che, però, non gli portò bene. L’anno seguente fu esonerato a metà stagione. Aveva una squadra con diversi campioni che non riuscì a gestire. 

Osvaldo Bagnoli

Campi vissuti

Vede, a Verona, da Campione d’Italia, ricevevo otto, dieci telefonate al giorno. A Milano, con l’Inter, alle 8 di mattina ne avevo già ricevute cinquanta. Là ti mette pressione anche il magazziniere appena arrivi e io questa cosa proprio non la sopportavo e non ero l’unico, mi creda. Anche molti calciatori non sopportano questa cosa, se vuole posso fargliene un elenco lunghissimo di calciatori numeri uno in provincia, ma che con i grossi club hanno invece fallito. Giocare o allenare con la pressione addosso non è un’altra cosa…è proprio un altro sport e non tutti ne sono all’altezza”                 
La conversazione andò avanti su queste corde, puntellata di episodi e ricordi personali che, potete immaginare, avrebbero potuto riempire notti intere.
Quando capii che forse anche io gli stavo mettendo pressione, finimmo la serata complimentandoci con mia moglie che, in un salotto da trasferta milanese, si era esibita in una superlativa matriciana…        

Stima e rispetto

Osvaldo Bagnoli smise di allenare a 59 anni quando l’Inter lo esonerò, campionato 93/94. Enzo Bearzot ha sempre dichiarato che per la sua Nazionale semifinalista in Argentina e campione del mondo in Spagna usò gli schemi del Mister Gentiluomo che non sopportava la pressione.
Osvaldo Bagnoli dalla Bovisa.
Tanta stima, tanto rispetto.

 

Nello Panzini nasce a Roma l'8 agosto del 1947, oggi pensionato Telecom con "buona memoria", si diverte a raccontare lo sport di una volta ed il contesto storico nel quale si praticava. Tuttora tesserato con il Real Tuscolano nel quale, vista l'età, fa quello che può.

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