Cosa vuoi dire ancora di Giacinto Facchetti?
Nulla che non sia già stato scritto e detto.
Un gigante in campo, un signore nella vita.
Uno capace di cambiare regole al calcio, lui terzino che scende, crossa e persino segna. In barba alle regole, appunto, che allora non lo prevedevano. Dopo aver capito che si poteva fare, lo faranno in tanti.
Nato con la maglia
Giacinto Facchetti è uno di quei giocatori a cui la maglia il buon Dio doveva avergliela disegnata a pelle prima di farlo sbarcare da queste parti.
Primi calci a Treviglio e poi la maglia nerazzurra dell’Inter, mai cambiata per 18 anni.
La maglia di 634 partite e 75 reti, di 4 scudetti, 2 Coppe dei Campioni e 2 Coppe Intercontinentali. La maglia, la numero 3 che già di suo è un numero perfetto.
E poi 94 volte con la maglia azzurra della Nazionale, un record mantenuto fino al 1981. Una maglia che onora da capitano e con la quale è campione d’Europa nel 1968 e vice campione del Mondo nel 1970.
Del calcio Giacinto Facchetti è un monumento
Il 4 settembre del 2006 Giacinto ha cambiato campo e allora oggi, sedici anni dopo, il pro memoria che ci teniamo a fare non è solo del calciatore, ma dell’uomo.
Perché, vedete, di bravi calciatori ce ne sono stati e ce ne saranno sempre tanti.
Campioni dal giuoco irripetibile, qualcuno geniale, qualcuno sregolato, qualcun altro comparsa fulminea, altri di lunga carriera. Tecnica, talento, virtuosismo, inventiva, coraggio, sacrificio, visione. Quante cose servono per diventare un campione. Non è esagerato dire che Facchetti di tutto questo ne aveva, eccome se ne aveva.
Però c’è altro
C’è che Giacinto Facchetti aveva il viso pulito, il viso del compagno di banco di cui ti puoi fidare, quello bravo per lui e spesso anche per gli altri quando passa i compiti che non hai fatto o ti suggerisce per quelli in classe.
Giacinto Facchetti è il campione, certo, ma è anch il sorriso garbato che lo ha accompagnato per una vita.
Sorriso quasi timido, lui che poteva permettersi qualunque cosa perché lui, oh, lui era Facchetti “Giacinto Magno”, un quasi Dio.
Una vita dedicata al campo e alla famiglia, innamorato di Giovanna per 55 anni, fin quando gli è stato concesso di giocare con noi.
E allora, oggi, ci piace ricordare Giacinto sorridendo al suo sorriso.
Un sorriso che, come la sua maglia, non avrà mai smesso neanche dall’altra parte.
Di uomini così non ne avremo mai abbastanza.