Ci sono storie che è un piacere raccontare. Così come ci sono sguardi che non è facile dimenticare.
Una storia e uno sguardo che non passano inosservati sono quelli di Diana Nyad, la “wonder-woman della porta accanto”.
Agli anni che passano Diane non ha mai dato peso, ecco perché a 64 anni è riuscita a nuotare per 54 ore coprendo le 110 miglia, circa 170 chilometri di oceano, che separano Cuba e Key West.
Le lunghe distanze
Quella di Diana Nyad e del nuoto di resistenza in acque libere è una storia che inizia molti anni prima.
Nel 1966 Diana ha 17 anni e nuota con un sogno: qualificarsi per le prossime Olimpiadi di Città del Messico. La sua specialità è il dorso, è veloce e per tre volte vince è campionessa della Florida. Sembra andare tutto bene, ma una endocardite la ferma per alcuni mesi. Quando rientra in acqua qualcosa è cambiato, non è più così veloce. Ci vuole un po’ per capire che il suo panorama è cambiato, ma nel 1970 con un tempo di 4 ore e 22 minuti stabilisce il record mondiale sulle 10 miglia.
Adesso sì che il mondo cambia.
Il 6 ottobre del 1975, dopo che il maltempo l’aveva costretta a rinunciare a un primo tentativo undici giorni prima, Diana nuota intorno a Manhattan in sette ore e 57 minuti battendo un record non ufficiale di 8 ore e 56 minuti stabilito nel 1927 da tal Byron Summers.
Passa un anno e poi decide di lasciare il nuoto agonistico per dedicarsi alla sua vita da giornalista.
Le passioni, però, prima o poi tornano a bussare.
L’impresa della vita
È il 13 agosto 1978 quando Diana compie il suo primo tentativo di nuotare da L’Avana alle Florida Keys. Protetta da una gabbia per squali nuota per 42 ore coprendo 76 miglia, ma ancora una volta il tempo la ferma. Non può nulla contro i forti venti che la spingono verso ovest. Deve rinunciare.
Sempre nel 1978 pubblica Other shores, libro di memorie dove racconta sé stessa che diventa un successo editoriale.
Un anno dopo, ancora agosto, questa volta il 22, Diana è di nuovo in acqua. Questa volta nuota dall’isola di North Bimini nelle Bahamas sino a Juno Beach, in Florida. 102 miglia, record mondiale di distanza in acque libere. Piccolo dettaglio: non usa gabbia per squali.
Per qualche anno basta così. Poi, però, quando intravede i 60 qualcosa le si muove dentro.
Diana vuole l’impresa. L’impresa della vita, quella che sente sua, quella che l’attende da sempre, almeno da quel 13 agosto del 1978.
Il senso della sfida
“Mi sono chiesta: sono diventata davvero la persona che ammiro?” dice così Diana. Ripensa alla traversata da Cuba e decide. Sono passati 31 anni, ma il tempo è un attimo.
Lei ci mette la testa, un team di allenatori e nutrizionisti la aiutano a mettersi in forma ideale. Mentre il fisico recupera, si studia la rotta e anche il mezzo di appoggio. In questo caso un catamarano appositamente progettato, dotato di una stella filante subacquea che le avrebbe dato la direzione. La sfida però non è solo nella distanza. Nel 1997 la ventiduenne australiana Susie Maroney aveva attraversato lo stretto, ma protetta da una gabbia per squali.
Diana non la userà
I tentativi
L’8 agosto 2011 un attacco di asma e un forte dolore alla spalla segnano la fine del suo primo tentativo. Dopo quasi 29 ore in acqua e a 67 miglia nautiche da Key West chiede all’equipaggio di essere tirata a bordo.
“La decisione di smettere è stata mia e di nessun altro“, dichiarerà al New York Times. “Sono profondamente addolorata e delusa, ma posso andare a testa alta“.
A testa alta il 25 settembre Diana rientra in acqua. Nuota 40 ore prima che le punture di meduse tossiche la costringono a una nuova resa.
Il 21 agosto 2012 la storia si ripete. Nelle acque dello Stretto è un inferno. Meduse, squali e vento forte. 50 ore in acqua e poi, bruciata dal sole e piagata dalle meduse, deve rinunciare ancora una volta. Quando la issano a bordo non riesce neanche a camminare.
Può bastare?
Se mai per un attimo vi ha sfiorato l’idea che Diana Nyad potesse rinunciare alla sua sfida, levatevelo dalla mente. Dopo quello del 1978, altri tre tentativi e tre rinunce non l’avevano fatta vacillare neanche un attimo.
Key West
Il 2 Settembre 2013 più che un data, per Diana Nyad è un appuntamento con la storia. Ancora una volta solo lei e l’oceano. Ancora una volta senza gabbia anti squalo.
Le barche d’appoggio la seguono, il team è pronto a intervenire per nutrirla o per fronteggiare emergenze. Il momento più duro è la notte di domenica. La temperatura dell’acqua scende, ma non è possibile fermare Diana per farla mangiare, la sua temperatura corporea si abbasserebbe ulteriormente.
Key West è sempre più vicina però.
È vero, le gambe tremano e il sale ormai incrostato sulla bocca fa male.
Davanti a Diana però non c’è solo Key West. Ci sono gli anni passati, gli affetti, le sfide, gli allenamenti, i sacrifici, i sogni infranti e quelli accarezzati. Tutto l’ha portata lì.
Nelle ultime decine di metri sono in tanti in acqua con lei che la affiancano e la festeggiano.
Quando finalmente Diana posa i piedi sulla sabbia la sente calda e accogliente come mai prima.
I primi passi sono incerti, stanchi, ma incredibilmente felici.
Abbraccia la squadra e le prime parole alle telecamere suonano come un monito.
“Non dobbiamo mai arrenderci” dice.
Dice anche “non si è mai troppo vecchi per seguire un sogno”.
Ora ripetere. Tre volte di seguito per almeno tre volte al giorno. Non la traversata, quella non è proprio per tutti, ma le parole sì.
Dieci anni fa Diana Nyad è entrata ufficialmente nella storia dello sport americano.
Lo ha fatto con una sfida, un esempio e parole belle da ricordare.