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Napoli. L’ombelico della passione

Napoli è una tribù pasoliniana contro le omologazioni del mondo, un parallelo di ansie, paure e rivoluzioni fuori dall'asse terrestre. Un pianeta, un mondo a latere dove tutto, cultura, arte e culto calcistico, appare per lo più inspiegabile.
Napoli

Un paradiso abitato da diavoli o la città mai bagnata dal mare. Tra Goethe e Anna Maria Ortese, il popolo partenopeo si divincola da oltre 2000 anni di storia tra sacro e profano, sotto l’ombra di un gigante sterminatore chiamato Vesuvio. Lì dove l’anima partenopea vive sopra il ribollire del suolo lavico e la bellezza sconfinata di un golfo incantevole si fonde il legame atavico di una passione atemporale. La linea dello spazio tempo è ferma. Napoli è una tribù pasoliniana contro le omologazioni del mondo, un parallelo di ansie, paure e rivoluzioni fuori dall’asse terrestre. Un pianeta, un mondo a latere dove tutto, cultura, arte e culto calcistico, appare per lo più inspiegabile.

Lo capirono i greci, la Campania Felix era terra votata a Dioniso, degna degli dei

Quel mito affacciato sul Mediterraneo aveva le caratteristiche simili ad un paradiso terrestre. Fu terra di sport Partenope già prima di Olimpia, qui si svolgevano gare di cavalli e corse. Virgilio, l’Ade e gli Egizi, ne imprigionarono il mito, l’alchimia, l’esoterismo. Nel suo territorio flegreo l’ingresso dell’Ade e dell’inferno, decantato da Omero e da Dante. Neapolis, la città nuova, già comunità glocal nell’ottavo secolo a.C. e il suo popolo, dominante e mai dominato, stratificato nelle denominazioni e nelle culture. Diverso, opposto, ma accogliente e inclusivo. Partenopei gente estemporanea, allegra, abituata a vivere e a dover sopravvivere. Petrarca, Leopardi, le dannazioni rispecchiate nel quotidiano di un popolo fautore e anticipatore, innovatore e precursore.

Napoli

Vedi Napoli e poi vivi

Nulla appare scontato ai piedi del Vesuvio. Nell’anno mille, i primi versi, le prime strofe di un popolo che era polis, già prima del suo concetto. Perché vivere fuori dagli schemi, dalle rotte, ti preme e ti costringe, ti induce a creare. Il Grand Tour; ogni artista europeo riconosce l’arte e cultura partenopea nella sua totale grandezza e riconoscibilità. Nel suo ammaliante caos c’è sempre una luce particolare, un chiaroscuro introvabile in nessuna altra città. È quella Napoli segreta, velata, che ne spiega e dispiega, il suo eterno limbo tra vita e morte. È la Napoli di Eduardo, tra fantasmi, miseria e nobiltà. La sua gente, popolare e popolona ha da sempre avuto bisogno di un capopopolo, di un condottiero in cui identificarsi. E nel 1984, Te Diegum, fu lo scugnizzo argentino della rivolta, della rivalsa.
Perché la passione arde et arte a Napoli. Vedi Napoli e poi vivi.

Napoli Maradona

Napoli non sarà mai una città comune

La città partenopea ha lo sguardo verso sud. Latitudini amiche oltreoceano. Come il suo mare, prezioso ma anche immenso oltre confine. Negli sguardi mediterranei si incrociano gli amori, come quello di Gianni Minà e Diego. Lo scugnizzo de oro nella città fuori dal comune. Senza centro di gravità permanente. Follie, osanna, divinazione e fascinazione di un popolo che il 5 Luglio 1984 ha eletto il suo Dios per sempre. Sette anni di amori e sangre, come in un tango argentino. Un destino, due destini, nelle pietre e nei vicoli della città c’era Maradona. Sette anni di amore e gloria, infiniti, atavici, indissolubili. Negli annali calcistici furono scolpite le magie del più grande di sempre. Un eroe argentinos, capace di rubare le mani a Dio. Un calcio rebelde, la vita come sorte in un incantevole scambio tra l’azzurro di Napoli e Buenos Aires. Quel genio di Villa Fiorito, povero tra la polvere dei campi e poi diventato il calciatore più influente della storia. Era la storia Diego, di Napoli, ma anche dei meno fortunati. La sua tombola con la suerte era il trionfo di Mexico ‘86 e poi il delirio del primo scudetto dell’87 a Napoli. Lì che si forgiava la creatività e l’umanità dei partenopei. La storia ha voluto una data a dipingere poi anche la notte di Stoccarda.
Tutto è fuori controllo, la sana follia è da sempre l’anima calcistica della città.
Nulla è banale, scontato, già visto. Nella domenica del villaggio azzurro tutto si ricrea, si stravolge, si plasma e riforma. Non ha limiti né catalogazioni. Le frasi, le voci di dentro dei calciatori, attori protagonisti, lo confermano: vincere a Napoli vale cento volte che da altre parti.

Nella moltitudine della passione

La lingua è dialetto, carattere e marchio di un popolo. Ne è segno distintivo. Un popolo che è stato grande. Napoli dominante, francese, borbonica. Città di storie e aneddoti, parlesia e villanelle. Di Giacomo, E. A. Mario, Ferdinando Russo, Napoli è mille culure ma anche malatìa. Accezione, declinazione di un termine difeso, ammaliante e protettivo. È il vocabolo assunto dal suo popolo la santa domenica a pranzo. È una prassi popolare, umana, che si anima sin da bambini.
I quartieri, i vicoli sono il Bernabeu di ogni ragazzo che tira calci a una sfera, bastano due pali e una traversa per sognare. Lì nasce e si professa il sogno con gli sguardi che si incrociano verso quei genitori, quei nonni che gli hanno trasportato a’malatìa.
Il simposio azzurro è lo stadio, la gradinata, da sempre. Di generazione in generazione, si trasmette la fede, il colore, un riconoscersi in un voto di appartenenza. È il popolo che guida il rituale, attraverso le sue umane gesta e la sua condivisione di passione.
Il calcio a Napoli non ha ideologie culturali né un’élite da cui si professano stili o modelli. È il proseguo di una processione del tifo con quasi 100 anni di storia. È un neologismo, un idioma esistente solo nella cultura azzurra, così vero e autentico che sfiora qualcosa di fisico e diventa corporale. Il massimo esempio di come il tifo si trasformi in un organismo popolare che si nutre di speranza, gioia e passione.

Maradona e Troisi

La storia da sempre è scolpita nelle date

Quella del 10 Maggio 1987 rappresentò il giorno in cui Napoli riscoprì che si poteva trionfare. Il sogno era arrivato e insieme a lui una nuova fase di speranza. Una rivoluzione delle cose, un contrordine al principio, i partenopei assaggiavano per la prima volta il trionfo. Si sognò a occhi aperti. La città voltò le spalle al terremoto. Sanguinante delle ferite di camorra e con le piaghe dei nuovo malaffare degli appalti, scoprì il nuovo volto di una città in festa, sorridente e sognante in un sorriso che da Forcella si espandeva sino a Posillipo.
Il suo popolo, quello di Diego era riuscito nell’incantevole impresa di trascinarsi oltre l’inverosimile. Un’epopea viva nei ricordi, ancora oggi indelebili, delle vecchie generazioni.
La transizione verso gli anni 90′ che regalarono il secondo tricolore. Quello dell’ultimo Maradona. I tempi e il calcio scoprivano le prime pay-tv. La televisione si avviava verso il meccanismo diabolico ma vitale della pubblicità. Il marketing e il commercio entravano nel mondo del pallone e di conseguenza nella vita quotidiana degli italiani. Furono due rivoluzioni, ma molto diverse. La prima memorabile, storica, indimenticabile; la seconda contestualizzata e maggiormente proiettata in nuove epoche calcistiche.
La follia, la passione, la spiritualità della Napoli calcistica ha accompagnato in maniera devota i suoi eroi azzurri. Sempre e comunque celebrati, osannati e difesi come figli della terra partenopea.

Totò e Pier Paolo Pasolini

Napoli. Tricolori di rivoluzione e di rinascimento

Nella nuova epoca del pater De Laurentiis, rifondatore visionario e borbonico, la città ha vissuto un rinascimento culturale e calcistico che ha portato l’indotto partenopeo tra i primi posti in Europa e la città nel gotha del calcio europeo. La cultura cittadina ha camminato di pari passo alla società azzurra, accogliendone e interscambiandone la passione del suo pubblico, edificando un concetto di nuova napoletanità rivolta ad un target mondiale.
Con il terzo tricolore la città ha edificato il suo rinascimento, i napoletani in oltre 2000 anni di storia e culto l’hanno saputo semplicemente far ammirare al mondo intero.

 

Sergio Cimmino Nasce a Napoli nel 1982. Collabora in ambito comunicativo, radiofonico, musicale e culturale. Da freelance lavora per testate nazionali, web tv e ha contribuito alla realizzazione di musical ed eventi.

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