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La regata transatlantica del 1866

Un club esclusivo, amici miliardari, una sfida sportiva. Se pensate al Reform Club, a Phileas Fogg e al giro del mondo in 80 giorni scritto da Jules Verne, sbagliate. Noi siamo al New York Yacht Club, nel 1866, e questa è la vera storia della prima regata transatlantica.
Regata 1866

Nell’autunno del 1866 tre ricchi e famosi yachtmen newyorchesi si incontrarono nel vecchio e rinomato Union Club. Erano James Gordon Bennett Jr., 25 anni, playboy, rampollo del proprietario del New York Herald, ed i più anziani e meno noti Pierre Lorillard, commerciante di tabacco e George Osgood, finanziere di successo. I tre cominciarono a bere e, sempre più alticci, a discutere delle qualità dei loro yacht, tre grossi schooner, lunghi più di trenta metri. Bennet era il proprietario di Henrietta che, simile a Fleetwing di Osgood, era un classico scafo pesante, stretto e profondo, mentre Vesta, di Lorillard, aveva uno scafo leggero, largo, di pescaggio ridotto e con deriva mobile.
La storia della prima regata transatlantica anticipa, o forse ispira, la fantasia creativa di Jules Verne.

La sfida alcoolica

Dopo essersi “scannati” sulle qualità delle loro barche, mentre il tasso alcolico cresceva, la discussione, stimolata da un articolo del giovane Bennet apparso sul New York Herald, si spostò sulla futilità delle brevi regate nel Long Island Sound e sulla necessità di spingersi in oceano, andare a trovare i cugini britannici, veleggiare fino al Sud America e circumnavigare il mondo. Il tasso alcolico, ormai giunto alle stelle, favorì non solo l’idea di una regata transatlantica, quanto meno “originale” per quei tempi e con quelle barche, ma anche per la cifra colossale che sarebbe andata al vincitore. Ciascuno dei tre avrebbe dovuto versare una, chiamiamola tassa d’iscrizione, di $ 30.000 – difficile convertire la somma in quello che sarebbe stato il suo valore attuale ma, con molta approssimazione, dovrebbe aggirarsi almeno intorno a $ 5 milioni – e il vincitore ne avrebbe riscossi 60.000! Per concludere, fu stabilito, follia pura, che la partenza sarebbe stata l’11 dicembre, quindi in pieno inverno. A tarda notte si salutarono sbronzi fradici e, a questo punto della storia, sarebbe logico pensare che la mattina dopo, se non passati del tutto, ma almeno attenuati i postumi della sbornia, avrebbero ripensato al progetto e sarebbero addivenuti a più miti consigli, ma non fu così.

La regata vera

Si incontrarono di nuovo in tarda mattinata e, senza cambiare una virgola del folle progetto, si recarono al prestigioso New York Yacht Club, fondato nel 1844, del quale erano soci. Vinsero l’iniziale, comprensibile riluttanza del Commodoro, William Me Vickar, ottennero il coinvolgimento del Club e la formalizzazione della regata. Nacque così la prima regata d’altura oceanica, più di 3000 miglia dal porto di New York fino a Cowes, nell’isola di White, “Mecca” della vela britannica.
Trattate l’originale nascita e le modalità della regata, passiamo a completare lo scenario con le caratteristiche dei tre schooner e la presentazione di coloro che sarebbero stati gli skipper a bordo di essi.

regata
(Lo schooner Fleetwing)

Fleetwing

Lungo 32m e varato due anni prima, era più pesante degli altri due schooner, più stretto e con un pescaggio maggiore, anche se non estremo come quello degli yacht britannici di quei tempi, le cui forme erano influenzate dalle regole di stazza ed erano definiti “plank on edge”. Il suo proprietario, George Osgood scelse di rimanere a terra e lasciò lo schooner nelle mani del suo esperto skipper, il Capitano Thomas.

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(Lo schooner Herrietta)

Henrietta

con il nome della madre di Bennet, era uno schooner simile a Fleetwing, ma meno estremo, per dimensioni e forme. Varato nel 1861, l’anno nel quale iniziò la guerra di secessione, Bennet, mantenendone il comando, aveva partecipato con esso, naturalmente per i Nordisti, a numerose missioni, quali il pattugliamento degli accessi al porto di New York e l’occupazione della città di Femandina, in Florida, nel 1862. Dato il suo carattere e l’esperienza marinaresca acquisita, non sorprende la sua decisione di essere a bordo per la regata, ma affidò il comando al Capitano Samuel “Bull” Samuels, sulla quarantina, probabilmente il più esperto “marinaio” di quei tempi, che aveva iniziato la sua vita di mare da giovanissimo, come mozzo, ed era giunto al comando di navi famose per traversate atlantiche da record, quali il Dreadnought, senza dubbio la nave più veloce in quelle traversate degli anni ‘50. Era anche noto per la sua durezza con gli equipaggi, che arrivava perfino a minacciare con due pistole, che portava sempre alla cintola e che avrebbe certamente usato, se l’avesse ritenuto necessario. L’occasione si presentò con l’ammutinamento di un suo equipaggio, imbarcato a Liverpool, che aveva deciso di liberarsi del comandante, uccidendolo e gettandolo in mare. Con l’aiuto delle due pistole, del suo fido cane e dei passeggeri tedeschi, armati di barre di ferro, il piano delittuoso fallì e Samuels, che si era anche ferito ad una gamba in una brutta tempesta, raggiunse l’isola di Fayal, nelle Azzorre, dopo 300 miglia di navigazione con il timone in avaria, e sbarcò per curarsi. Con la scelta del suo skipper, Bennet aveva realizzato quello che fu il primo legame, al più alto livello del commando, fra le grandi navi a vela e lo yachting.

Vesta

Questo era uno schooner molto diverso dagli altri due e sembrava il meno adatto ad una traversata invernale del Nordatlantico. Forse fu proprio quello il motivo che indusse il suo armatore, Lorillard, alla decisione di starsene a casa, proprio come Osgood. Era infatti largo più di 7m., di dislocamento leggero, pescaggio molto inferiore a quello degli altri due ed aveva la deriva mobile. Lo affidò al suo skipper, il Capitano Johnson, di provate capacità, che aveva confermato, battendo sonoramente il rivale Henrietta all’inizio di novembre, un mese prima della regata transatlantica, in una regata di allenamento sul breve percorso, di circa cento miglia, da Sandy Hook a Capo May.

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(Lo schooner Vesta)

Prima di passare alla cronaca della regata, un ultimo sguardo ad altri aspetti

Comune per i tre concorrenti, oltre al premio in denaro, c’era il desiderio di battere il record della traversata atlantica stabilito nel 1854 in 12 giorni e 6 ore dal clipper James Baines. Il Dreadnought, al commando di Samuels, si era solo avvicinato, e nemmeno tanto, con i suoi 13 giorni e 21 ore.
La situazione di Bennet era più complessa per il suo non facile rapporto con il pessimo carattere del padre, al quale doveva dimostrare, anche se qualcosa di notevole aveva già fatto in passato, che non fosse solo uno stravagante playboy. Da parte sua, John Gordon Bennet Senior, incurante dei pericoli che avrebbe corso suo figlio, vedeva esclusivamente i vantaggi di questa “impresa” per il suo giornale ed aveva destinato uno dei suoi redattori a curare l’evento, raccomandandogli solo che i suoi articoli fossero sensazionali, senza badare troppo che rispecchiassero la realtà.

Il mattino dell’11 dicembre il tempo era pessimo e faceva molto freddo

Nubi basse, spinte dal vento gelido e continue nevicate impedivano a tratti perfino di vedere i tre schooner all’ancora in attesa della partenza, che a quei tempi veniva data in quel modo. Nonostante ciò, una gran folla di spettatori si era radunata sulla banchina. La regata aveva non solo riscosso interesse, ma anche un gran numero di scommesse, che davano favorito Fleetwing, seguito da Vesta ed Henrietta. La partenza fu lenta, dovendosi salpare le ancore, ma i tre schooner misero finalmente in vela e si allontanarono ben presto alla vista.

Oceano!

All’inizio, le condizioni rimasero dure e Fleetwing, che aveva assunto una rotta un po’ più a Sud, cominciò a guadagnare, mentre gli altri due se la batterono quasi scafo a scafo per due giorni interi, facendo a volte registrare velocità intorno ai 13 nodi. La situazione non cambiò sostanzialmente per i primi sette giorni ed i tre, spinti sempre da venti portanti, rimasero abbastanza vicini l’uno all’altro. L’ottavo giorno furono investiti da una violenta tempesta di SW che interessò nella stessa misura tutti, non in vista fra di loro, ma relativamente vicini. Henrietta si mise subito alla cappa senza difficoltà e vi rimase tredici ore.

Tragedia sul Fleetwing

Il Capitano Thomas decise di continuare in rotta fino a che, con mare e vento in aumento, rendendosi conto che non riusciva più a governare, decise di ridurre vela e mandò sei uomini a prora per ammainare. Mentre i sei lottavano con le vele fra la pioggia battente e l’acqua di mare che arrivava a bordo e si cercava di mettere la prora nel vento, un colpo di mare micidiale sommerse letteralmente lo schooner, strappò i due timonieri dalla ruota, trascinandoli verso prora, mentre tonnellate d’acqua si precipitavano dabbasso da tutte le aperture che non erano state chiuse. Quando la situazione tornò sotto controllo, sei uomini non erano più a bordo. Con i superstiti, scioccati dal tremendo disastro, Fleetwing, riuscito poi a mettersi alla cappa, vi rimase fino a che la tempesta non fu passata del tutto, ma l’atmosfera di bordo e l’equipaggio ridotto fecero sì che finì per rimanere indietro agli altri due e sembrava non vi fosse la possibilità di recuperare il distacco.

Le carte cambiano

Vesta, con il suo dislocamento leggero, il modesto pescaggio e la deriva mobile, non era riuscito a mettersi alla cappa e fu forzato a correre in poppa, prendendo rotta per NE ed allungando il percorso.
Per le diverse vicissitudini subite nella tempesta, i distacchi erano aumentati, ma la seconda parte della regata doveva, tuttavia, rimescolare le carte e riservare ancora sorprese. Alle Scillies, le isole che erano la prima terra raggiunta dopo l’Atlantico, erano arrivati con distacchi minimi. Vesta, che era in testa, era stata superata da Henrietta, mentre Fleetwing aveva recuperato quasi tutto il distacco ed i giochi erano ancora aperti. In prossimità dei Needles, Vesta aveva imbarcato il pilota e lo sciagurato, per il buio e la scarsa visibilità, aveva scambiato il faro di St Catherine’s Point per quello dei Needles e li aveva fatti tornare indietro di parecchie miglia, prima di ravvedersi.

Il Santo Natale dell’Henrietta

Intanto Henrietta, arrivato alle 17.40 del giorno di Natale, concludeva la regata in 13 giorni e 22 ore, a più di 9 nodi di media, facendo registrare un percorso di 288 miglia in 24 ore, ad una velocità media di 12 nodi. Non erano certi di aver vinto fino a che, arrivando a Cowes, lo avevano capito dagli applausi della folla. Fleetwing, che aveva superato Vesta per l’errore del pilota, giungeva al traguardo alle 02.00. Vesta, con l’equipaggio deluso, ma soprattutto letteralmente infuriato contro il pilota, arrivava ultimo, due ore dopo.
Secondo il Capitano Samuels, per la maggior parte della regata il tempo era stato buono, con venti portanti che avevano concesso ad Henrietta di non virare mai di bordo. Era, naturalmente, un suo giudizio, non da tutti condiviso ed in linea con il suo ben noto carattere spavaldo. Si disse che, nel peggior momento della tempesta, avesse urlato a Bennet: “Questo sì che è yachting sul serio!”.

Per le statistiche, gli schooner non avevano battuto i clipper

Sarebbe stato necessario aspettare fino al 1905, quando ci riuscì il Capitano scozzese Charles (Charlie) Barr, con Atlantic in 12 giorni e 4 ore. Un record che resistette a lungo e fu battuto, senza considerare i poliscafi (Eric Tabarly con Paul Ricard, nel 1980), solo nel 1997, da Nicorette in 11 giorni e 13 ore. Ci fermiamo qui, omettendo tutto quanto è avvenuto da allora, ma menzionando solo il record del Comanche, un leggerissimo monoscafo di 100 piedi del plurimiliardario americano Jim Clark, di 5 giorni, 14 ore, 26 minuti e 44 secondi, alla velocità media di 21,4 nodi!

Oltre la regata:  il Capitano Samuels

Tornando ai più noti personaggi fra i “nostri”, il Capitano Samuels, che poteva ormai considerarsi ormai un uomo più che ricco, continuò a regatare con Bennet che, nel luglio del 1870, partecipò alla seconda regata transatlantica in senso inverso, da Est ad Ovest, con il suo nuovo yacht Dauntless, contro il britannico Cambria, che si presentava come challenger nella prima sfida per l’America’s Cup. In quella traversata, che può definirsi un “match race oceanico”, Dauntless fu battuto, seppure per meno di due ore, e poi, fra i quattordici defenders Americani nella regata per la Coppa, che fu vinta da Magic, si dovette contentare solo di un onorevole piazzamento.

Bennet
(James Gordon Bennet Jr)

Oltre la regata: James Gordon Bennet Jr

Con le sue stravaganze giovanili in notevole attenuazione, Bennet aveva assunto la direzione del New York Herald poco prima della morte del padre, avvenuta nel 1872, si era recato in Europa ed aveva dato al giornale una veste completamente rinnovata e di carattere internazionale, aprendo varie redazioni nel mondo e creando collegamenti fra di esse con tecnologie innovative.
Era stato poi eletto commodoro del New York Yacht Club, rimanendo in carica per il periodo più lungo nella storia del famoso club. Durante il suo mandato rinnovò lo sport della vela, cambiando e modernizzando molte vecchie norme e consuetudini. Fra di esse, l’abbandono della partenza “statica” all’ancora, sostituita da quella “dinamica”, ancora in vigore oggi, e l’introduzione del match racing nell’America’s Cup, con l’abolizione dell’ingiusto svantaggio del challenger, che non solo doveva traversare l’Atlantico, ma anche “difendersi” da un’intera flotta di…“defenders”.
La sua passione per le scoperte geografiche e per gli sport e le notevoli disponibilità economiche lo indussero a promuovere e finanziare spedizioni, quali quella, di Stanley in Africa alla ricerca di Livingstone e quella, finita tragicamente, di De Long al Polo Nord attraverso lo stretto di Bering. Fra le numerose competizioni sportive di varie discipline promosse o istituite per sua iniziativa, ricordiamo la bella Coppa Lysistrata, donata al Real Circolo Canottieri Italia (oggi Circolo del Remo e della Vela Italia) nel 1909 per ringraziare dell’ospitalità ricevuta dal Circolo in occasione di una visita a Napoli con il suo piroscafo/yacht a vapore, che si chiamava appunto Lysistrate dal nome della commedia di Aristofane. Assegnata al canottaggio (8 jole con timoniere dilettanti), è stata disputata da quello stesso anno, seppure con alcune brevi interruzioni, fino ai giorni nostri. James Gordon Bennet Jr. morì in Francia, a Beaulieu sur Mer, dove viveva da alcuni anni, il 14 maggio del 1918, all’età di 77 anni.

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L’articolo è stata pubblicato per la prima volta sul Notiziario del Centro Studi Tradizioni Nautiche della Lega Navale Italiana nel mese di novembre 2016

Giovanni Iannucci articolo in prima pubblicazione sul Notiziario del Centro Studi Tradizioni Nautiche - Lega Navale, anno VII, mumero 67

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