Quando venne sparato il cannone di partenza, tutti i verricelli del Dorade suonarono all’unisono, ma non successe nient’altro. Per mezz’ora nessuno yacht si mosse…Un poco prima di sera il terzo giorno il vento rinfrescò… Con il vento che girava a ponente cominciò a cadere la pioggia. Dalla coperta inondata d’acqua del Patience il Fastnet alfine apparve, sfumante nella foschia, e si vide pure Higland Light un poco sottovento e – sorprendentemente – il piccolo Dorade un poco indietro. Ancora un poco più a poppa, ma più di quanto si sarebbe ragionevolmente aspettato, era la goletta Water Gypsy. Dorade tagliò il traguardo solamente un’ora dietro al primo arrivato, malgrado che la regata sia stata molto veloce. La sua lunghezza di 10 metri in linea d’acqua è stata confrontata a quella di 15,30 del Patience ed il “Times” descrive il Dorade il giorno dopo come “il più prodigioso piccolo yacht da regata oceanica che sia mai stato costruito“.
Fastnet 1931
Questa che ho riportato qui sopra è la descrizione della prima apparizione del Dorade in acque europee, tratta da British Ocean Racing di D. Phillips Birt. La regata era il Fastnet del 1931, con 17 partecipanti tra inglesi, francesi ed americani; il vincitore uno yawl disegnato da Olin Stephens nel 1930. A questo yacht è dedicato questo articolo, in quanto si tratta di uno dei più importanti yachts costruiti in questo secolo (XX).
Le parole di Uffa Fox
Sentiamo che cosa ci racconta Uffa Fox, che navigò su di esso, nel suo libro Sailing, Seamanship and Yacht Construction.
“La prima volta che vidi il Dorade era due giorni prima della partenza della Regata Transatlantica del 1931 a Newport, Rhode Island. Quella sera tutti attendevano la cena offerta dal Cruisig Club of America, e c’era George Rooswelt che nell’annoiarmi con chiacchiere, mi diceva tra l’altro che egli non riusciva a capire come mai il Club permetteva ad una barca così fragile come il Dorade di regatare attraverso l’Atlantico. Siccome quella era soltanto la mia terza visita in America mi sembrava poco giusto rendermi sgradevole ad un nome come Rooswelt, e così rispondevo sì e no quando il momento mi sembrava adatto. Tre settimane dopo, quando noi tutti arrivammo in Inghilterra, trovammo questa fragile barca che ci aspettava. Dorade aveva battuto tutti i suoi rivali più grandi (di giorni), ed aveva vinto la Regata Transatlantica senza bisogno di ricorrere al compenso di tempo. Dopo di ciò vinse il Fastnet del 1931 quasi con la stessa facilità, e le simpatie incominciarono a girarsi verso le barche più piccole, e quando rifece la traversata dell’Atlantico per vincere il Fastnet l’anno successivo (1933) esso convinse le Giurie che le barche più piccole, bene portate, sono di gran lunga più veloci di quanto il loro compenso di tempo suppone“.
Meravigliosi risultati aveva avuto quindi il Dorade nelle regate dei suoi primi anni.
La creatura dei fratelli Stephens
Progettista, proprietario e skipper era Olin Stephens, assieme al fratello Rod, ora nomi molto ben conosciuti nel mondo nautico. Le dimensioni del Dorade sono le seguenti: lunghezza fuori tutto m. 15,85, lunghezza in linea d’acqua m. 11,35, larghezza massima m. 3,12, pescaggio m. 2,43, dislocamento 15 tonnellate. Una barca molto stretta quindi (il rapporto lunghezza in linea d’acqua/larghezza è di 3,63) e di dislocamento medio-leggero (rapporto dislocamento/lunghezza di 286). Le linee dello scafo sono molto semplici, praticamente linee d’acqua, diagonali e sezioni longitudinali sono uguali, e tutte le linee sono molto dolci, compreso il profilo di chiglia. Ciò è stato possibile per la grande stellatura dell’ordinata maestra oltre i 45°.
Outsider
A chi ha dimestichezza con le linee dei vecchi cutters inglesi della fine dell’altro secolo (XIX), di alcuni dei quali ho riportato le linee in precedenti articoli, sarà subito, guardando le linee di Dorade, venuto in mente un plank-oiedge cutter del 1890. Gli yachts europei erano stati battuti quindi, nell’epoca in cui la formula RORC penalizzava la strettezza delle barche inglesi per cercare di orientare i progettisti verso forme di scafo più piene di tipo americano, da uno yacht americano che era stato disegnato più stretto e più fondo del più stretto e fondo inglesi dell’epoca, e che, a dispetto dei compensi sfavorevoli, vinceva tutto. Parte del merito sta anche nell’attrezzatura. Era stata concepita a yawl in quanto la mezzana e la vela di straglio erano completamente gratuite secondo la formula di allora. Il triangolo di prora è quello di un cutter e le due vele di straglio alte vengono sostituite con vento leggero da un grande yankee inferito sullo straglio esterno in modo da riempire completamente il triangolo di prora (che però deve passare tra i due stragli esterni nella virata.
La manovrabilità
Riguardo alla manovrabilità del Dorade Uffa Fox ricorda che: “La facilità con la quale Dorade viene portata, mi impressionò l’altra estate quando dalla spiaggia di Oyster Bay, vidi Rod che la portava da solo, la ormeggiava, metteva via le vele e saltava sull’ “lnternational 14 footer” Arrow che il suo socio Porter Buck aveva nel frattempo affiancato (a vela) al Dorade, il tutto in 8 minuti. Ed a coronare tutto ciò, l’Arrow vinse“. Il Dorade ha inoltre la priorità di aver introdotto la manica a vento “tipo Dorade”, che si tiene aperta anche con mare frangente in coperta. Dopo due anni di uso di normali maniche a vento che venivano chiuse nel momento in cui più si ha bisogno di aria sottocoperta, quando tutti gli osteriggi sono serrati, venne utilizzato lo stesso foro in coperta, nel quale veniva messo un corto tubo e non in continuazione di questo, in una scatola con i fianchi bassi forati, veniva messa, sfalsata di pochi centimetri, la vecchia manica a vento, nella maniera che si vede bene in figura. Durante le varie traversate atlantiche il Dorade-type ventilator non ebbe mai bisogno di venir tappato, con qualsiasi mare. Tale accorgimento è ormai di uso universale.
L’impresa del 1933
Ma le citate vittorie del Dorade e molte altre vittorie alla regata delle Bermude, alla Transpacifica e moltissime regate minori di quegli anni sono, a mio avviso, di marginale importanza al confronto della grande impresa compiuta nel viaggio di ritorno del 1933 da Cowes in America. Per la prima volta nella storia della navigazione un veliero aveva fatto la traversata in quel senso dell’Atlantico del Nord su quella rotta, interamente di bolina.
La traversata fu fatta con vento che salì a volte fino a forza sei il che fece ridurre la velatura alle sole vele di fortuna per lunghi tratti. La traversata completa dalle Scilly a Pollock fu compiuta in 22 giorni e 15 ore, record di bolina tutt’ora imbattuto.
La media oraria, rispetto alla reale strada percorsa, è di circa 7 miglia, il che dà un rapporto velocità/lunghezza considerando una lunghezza utile di scafo di circa 13 metri, di quasi 1,1, che corrisponde alla velocità relativa di un moderno transatlantico veloce.
I dettagli
È interessante soffermarsi su alcuni dettagli costruttivi del Dorade, che si possono vedere anche nelle figure riportate. La tuga, lunga circa 2 metri, è alta 25 centimetri (provate a confrontare le dimensioni con quelle di una moderna barca equivalente); i bagli in corrispondenza degli osteriggi centrali non sono stati tagliati per non diminuire la robustezza della coperta. Il timone è a barra, sotto il livello della coperta perché l’asse interferiva con l’albero di mezzana, ed ha un nottolino di arresto per venire fissato nella posizione voluta. C’è un sottoprora con una branda oltre la paratia del salone, ma viene usato solamente per le vele in quanto a bordo non vi sono mai stati marinai pagati. Sul lato opposto alla cucina vi è il tavolo da carteggio con sulla paratia sovrastante un log elettrico, che può venir letto dal timoniere. Uffa Fox ci dice che era preferibile cercare l’angolo ottimo di bolina guardando il log che fidandosi della propria sensibilità e che l’optimum era a 4 quarte (45′) dal vento. Dice ancora che il Dorade in poppa aveva tendenza a rollare, per cui si era ricorsi all’applicazione di una mano di terzaroli dalla mura della vela ad una altezza di un metro sopra la bugna di scotta per impedire al boma di toccare l’acqua nelle rollate e di andare troppo avanti all’albero; Dice anche che difficilmente si immaginerebbe una barca più deliziosa in bolina.
Si nota dai piani costruttivi pure che il Dorade non aveva motore
Molta strada è stata fatta nell’evoluzione del veliero dal tipo commerciale dell’inizio dell’altro secolo allo yacht da regata-crociera del 1930. Oggi il gusto si va orientando verso un tipo di yacht un po’ meno sportivo tutti hanno il motore ausiliario, le barche sono più larghe, le tughe pii ampie, e, sempre con l’aiuto delle formule di stazza, sono anche meno boliniere. Ma il progresso non ci arresta e la tecnica modifica continuamente i suoi prodotti.
Io trovo comunque importante riguardare le linee del Dorade ogni tanto e con queste note (che ho tratto il gran parte dai libri di Uffa Fox) spero di aver dato un’idea chiara di che cosa era capace uno yacht portato da appassionati, senza motore, stretto e profondo, di trentaquattro anni fa (N.d.R.: l’autore scrive nel 1964).
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Pubblicata per la prima volta su Vela e Motore del giugno 1964, ripresa dal Notiziario del Centro Studi Tradizioni Nautiche nell’aprile 2018, oggi rilanciamo noi al futuro la grande storia del Dorade.