Search
Close this search box.

Charles Lindbergh. L’avventura di Aquila Solitaria

Il volo come unico credo, un premio e il tempo che sembra non passare. Charles Lindbergh arriva dove altri hanno fallito: nel 1927 la prima trasvolata atlantica New York-Parigi in solitaria è la sua. L'impresa lo farà diventare uno dei personaggi più noti di ogni tempo. Ne avrà fama, denaro e successo ma, come spesso accade nelle vite straordinarie, anche tragedia.
Charles Lindbergh

Le coincidenze forse non esistono.
Charles Lindbergh nasce a Detroit nel 1902 da famiglia benestante di origine svedese. Il padre, avvocato e poi membro del Congresso, avrà modo di distinguersi anche per la sua opposizione all’ingresso degli Stati Uniti nella Prima Guerra Mondiale.
A Detroit il genio del luogo sono i motori. Charles se ne appassiona sin da piccolo e arriverà a iscriverà alla facoltà di ingegneria dell’università del Wisconsin, ma dura poco: due anni e lascia.
Il fatto è che appena un anno dopo la sua nascita era accaduto qualcosa che avrebbe cambiato il secolo e, anche se lui non lo poteva certo sapere, anche la sua vita. Il 17 novembre 1903 a Kitty Hawk, North Carolina, il Flyer dei Fratelli Wright si alza in volo: 36 metri in 12 secondi a 3 metri di altezza da terra. Poco, ma dopo nulla sarà più come prima.
Sì, forse le coincidenze non esistono.

Passione volo

Charles lascia l’università perché, nel frattempo, ha trovato la sua vera passione: il volo. Nel 1922 si iscrive come allievo alla Nebraska Air Craft Corporation. La sua esperienza di volo inizia così e prosegue come stuntman del cielo, un daredevil specializzato in esibizioni acrobatiche e lanci con il paracadute. Non era poco e ci voleva fegato. Tanto fegato.
Nel 1924 entra come allievo alla scuola militare di San Antonio in Texas; un anno dopo ha il grado di sottotenente ed è tra i 18 che ottengono il brevetto di volo. Non prosegue la carriera nell’esercito, ma entra nella Guardia Nazionale del Missouri.
Nel 1926 è assunto nel servizio postale; il cielo diventa definitivamente il suo luogo più familiare.

Daredevil

L’imprenditore e il premio

In questa storia è tempo di far entrare un altro personaggio: l’imprenditore Raymond Orteig. È lui che nel 1919 decide di mettere in palio 25 mila dollari per chi fosse riuscito a concludere il primo volo atlantico senza scalo.
Tanti tentano nell’impresa.
I primi sono i britannici John Alcock e Arthur Brown che su un bimotore Vickers Vimy modificato partono dalle coste orientali del Canada e arrivano fino in Irlanda. L’impresa ottenne l’attenzione della stampa e anche riconoscimenti ufficiali dalla corona britannica, ma il Canada non è gli Stati Uniti.
Il premio messo in palio da Orteig rimane al suo posto.
Nel 1926 è la volta del francese René Paul Fonck. Il suo in pratica è meno di un tentativo, ma l’esito è drammatico. Il velivolo ha un incidente in fase di decollo, prende fuoco, si salvano lui e un membro dell’equipaggio, altri due invece muoiono.
Il 18 maggio 1927 due aviatori francesi partono da Parigi, ma precipitano nell’Oceano e non saranno mai più ritrovati.
Il premio messo in palio da Orteig, con un tributo di vite umane sempre più pesante, è ancora lì.

L’idea giusta

Charles Lindbergh, al tempo pilota di talento, era però sconosciuto ai più.
L’intuizione vincente è però la sua: l’aereo doveva essere il più leggero possibile.
Tutti i piloti che si erano misurati con l’impresa che avevano volato su aerei con tre o quattro motori e grandi fusoliere, Charles invece optò per un monoplano a un solo motore facendo anche a meno del secondo pilota e della radio. Per lui l’unica cosa importante era ridurre il peso il più possibile così da consumare meno carburante.
L’intuizione è giusta, ma non basta. Ci vuole anche il coraggio e a Charles, lo sappiamo, non mancava.  

In volo

Alle 7,52 del 20 maggio 1927 all’aeroporto Roosevelt di New York è tutto pronto: la sfida può iniziare.
Charles inizia il rullaggio, i giri aumentano, il motore freme, l’aereo si allunga sulla pista e poi lentamente si alza. Il cielo è suo.
Il “pilota pazzo” è solo. O meglio, sono in tre: lui, lo Spirit of Saint Louis e l’Atlantico.
L’aereo è il simbolo della modernità del secolo, ma Charles vola come se fosse un antico navigante; il suo orientamento è a vista, con bussola e mappa.
L’aereo, un monomotore da 223 cavalli e apertura alare di 14 metri, lungo appena 8 metri e alto 3 per un peso 2.330 chili, era stato assemblato secondo le sue indicazioni dalla Ryan Aeronautical di San Diego. Il costo era stato sostenuto da alcuni imprenditori di St. Louis. A loro l’onere dell’impresa e il tributo di un nome che passerà alla storia.

Charles Lindbergh

Senza fine

Charles studia, non lascia nulla al caso, sceglie una rotta breve ma impervia che gli avrebbe fatto attraversare l’Atlantico del Nord spingendosi dentro temperature proibitive. Costeggia la Nuova Inghilterra e la Nuova Scozia, poi verso Terranova e infine è sull’Oceano aperto.
Lo Spirit of St.Louis vola a pochi metri dalla superficie del mare in completa oscurità, le luci di navigazione non erano state montate; pesavano, magari poco, ma consumavano energia e a lui, invece, i 1.700 litri di carburante servivano per il volo e non per alimentare apparati superflui al suo obiettivo.
Charles lotta contro la stanchezza e gli iceberg che gli scorrono sotto non lo distolgono dal pensiero fisso del carburante. Lui ha calcolato tutto, sulla carta i conti tornano, ma il volo è un’altra cosa. Basta un vento contrario a far consumare più del previsto. Ormai è in gioco e vola con tutto il cuore, taglia nebbia e pioggia, scrolla ghiaccio dalle ali, vince il sonno anche quando questo sembra riuscire a prenderlo.
L’Oceano è senza fine. Il viaggio è senza fine.

Europa!

Ecco l’Irlanda. La rotta era giusta, il cuore sorride, muscoli e nervi sono tesi e gli occhi, chissà, magari gli occhi si bagnano. Sono passate 27 ore. Charles Lindbergh sorvola la Cornovaglia, Plymouth e lo stretto della Manica.
Parigi è un sogno che brilla come non mai, la Torre Eiffel svetta, ma al passaggio dello Spirit of St Louis sembra inchinarsi anche lei al coraggio e al sogno dell’uomo che lo pilota.
21 maggio, aeroporto di Le Bourget, ore 22.22: lo spirito del tempo, non solo di St.Louis, atterra dolcemente.
Charles Lindbergh mette nuovamente i piedi a terra dopo 33 ore e 32 minuti, 5700 chilometri di volo e il carburante finito. Rispetto al piano di volo è in anticipo di tre ore.
La storia arriva sempre prima di quanto si pensi.

Charles Lindbergh

Il trionfo

Non avrebbe mai pensato. L’impresa è straordinaria, ma anche lo spettacolo che lo attende è straordinario. 150.000 persone sono lì per lui, applaudono, esultano, piangono, lo vogliono toccare, vogliono toccare l’aereo.
Stessa scena si ripete qualche giorno dopo, il 29 maggio, poco distante da Londra, al Croydon Air Field.
Charles Lindbergh è ora un eroe, un eroe familiare che tutti chiamano Lucky Lindy o anche Lone Eagle.
Il 18 giugno New York si ferma in suo onore. Quattro milioni di persone si assiepano lungo la Quinta Strada per vederlo sfilare. A memoria dell’impresa riceve dal presidente degli Stati Uniti la Distinguished Flying Cross, mentre la Francia gli concede la Legion d’Onore.
Naturalmente incassa il premio, ma la sua fama è tale e tanta che l’industria aeronautica gli apre le porte e per il postino volante di una volta il denaro non sarà più un problema.
Per Time l’uomo dell’anno 1927 è lui.

LINDBERGH PARADE

Le altre imprese

La trasvolata in solitaria dell’Atlantico fu la più straordinaria, ma di voli eccezionali Charles Lindbergh ne fece molti. Ricordiamo il raid aereo negli Stati Uniti che gli fece toccare 78 città. Il volo Washington-Città del Messico del 13 e 14 dicembre 1927 coperto in 26 ore. I voli del 1933 che lo portarono a studiare rotte commerciali che unissero Stati Uniti ed Europa passando per i paesi nordici, ma anche l’Atlantico del Sud dove, il 6 dicembre 1933, aprì la rotta da Bathurst, allora Gambia Britannica, sino a Port Natal in Brasile.

Però c’è altro

L’altro purtroppo è tragedia.
Nel 1929 Charles si sposa. Un bel matrimonio con Anne Morrow, ereditiera, filosofa scrittrice. Con lei avrà sei figli. Il primo marzo del 1932 Charles Augustus Lindbergh Jr, il primogenito di Charles e Anne, è rapito. Ha solo venti mesi. La Nazione si mobilita, il presidente degli Stati Uniti scende in campo, l’FBI scuote tutto. Si mobilita anche la Nazione oscura; Al Capone dal carcere si mette a disposizione. Non basta. C’è qualcosa di più oscuro. Due mesi dopo il bambino viene ritrovato morto sul ciglio di una strada. Le indagini porteranno all’arresto di un uomo che finirà sulla sedia elettrica proclamandosi innocente.

 

LINDBERGH KIDNAPPING

La vita cambia

Nel 1935 Charles e Anne si trasferiscono in Inghilterra.
In Europa le croci hitleriane iniziano a fare paura, ma affascinano molti. Tra loro anche Charles Lindbergh che, rientrato negli Stati Uniti, poco prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale, diventerà uno dei principali protagonisti del movimento isolazionista. Sulle orme di quanto già fatto dal padre venti anni prima, anche lui si spenderà pubblicamente per non far entrare gli Stati Uniti in guerra.
Finirà che gli Stati Uniti isoleranno lui e da eroe Lindbergh diventerà presto un reietto. La crisi durerà qualche anno, fino alla primavera del 1942 quando ricomincerà a lavorare prima per l’industria aeronautica e poi come istruttore per l’aviazione di marina. Alla fine del conflitto avrà collezionato cinquanta missioni operative.

Charles Lindbergh

Lone Eagle

Definitivamente riabilitato, dopo la guerra Charles Lindbergh rimarrà ancora in campo aeronautico, ma si dedicherà molto anche allo studio e alla scrittura. Nel 1954 il presidente Eisenhower lo nomina generale di brigata della riserva dell’US Air Force e nel 1967 sarà inserito nella National Aviation Hall of Fame.
Charles spiccha l’ultimo volo a Maui, isole Hawai, il 26 agosto 1974.
Aquila Solitaria è tornato a casa.

Rachele Colasante nata a Roma nel 1999, da sempre incuriosita dalle storie, studia Lettere a RomaTre cercando di scrivere la sua al meglio. Ancora non sa dove la condurrà il suo percorso, ma per ora si gode il paesaggio.

ARTICOLI CORRELATI

Manga Ugo

Anime. Lo sport demenziale

Nell’animazione giapponese l’atto sportivo è spesso trasfigurato nel lirismo nobile ed eroico dell’epopea dei samurai. Ma oltre agli eroi dalle prestazioni quasi sovrumane, esiste anche un filone demenziale nel quale lo sport è scenario per avventure umoristiche, se non comiche, di personaggi scanzonati, improbabili e surreali.

Leggi tutto »
Soap Box Derby 1933

Soap Box Derby. Un sogno americano

Prima Dayton, poi Akron, poi tutti gli Stati Uniti. Il Soap Box Derby appassiona ragazzini, genitori e decine di migliaia di persone che accorrono per assistere alle gare. Quel 10 giugno del 1933, davanti a dei ragazzini che si sfidavano in velocità buttandosi giù da una discesa con delle macchinette di fortuna, Myron Scott aveva visto giusto e la sua intuizione farà diventare il Soap Box Derby uno spettacolo del sogno americano.

Leggi tutto »

Mani in alto (questa è una schiacciata)

Un salto nello Spazio. Sicuri che Paola Egonu non sia un’extraterrestre? Un salto nel Tempo. Sicuri che Botticelli non abbia pensato a lei per dipingere la nascita di Venere? Un salto nel Mito. Sicuri che non siano Zefiro e Cloris a farla alzare fino quasi a toccare il cielo?

Leggi tutto »
Diana Nyad

Diana Nyad. Da Cuba a Key West per una vita

“Non si è mai troppo vecchi per inseguire un sogno”, dice così Diana Nyad. Aveva 29 anni quando il 13 agosto 1978 sfida lo Stretto per la prima volta per nuotare da Cuba a Key West. La sfida finirà il 2 settembre 2013, quando di anni ne ha 64. “Non si è mai troppo vecchi per inseguire un sogno”, se lo dice lei c’è da credergli

Leggi tutto »
San Giuseppe Due

San Giuseppe Due. Una feluca in Antartide (I)

27 giugno 1969: la feluca San Giuseppe Due, capolavoro di ascia e di vela, si lascia il porto di Anzio alle spalle. Non prende il mare per una gita, la sua destinazione è l’Antartide. Un’impresa marinara e scientifica da ricordare. La bella penna di Claudio Ressmann ne ha raccontato sul numero di luglio 2019 del Notiziario del Centro Studi Tradizioni Nautiche della Lega Navale. Un racconto che noi riproponiamo in due puntate perché la San Giuseppe Due, ad onor del nome, in Antartide andrà due volte

Leggi tutto »
Gianni Minà

Gianni Minà ci credeva

84 anni. Una vita trascorsa a fare giornalismo. Non è stato l’unico, ma è stato tra i pochi capace di raccontare persone e non solo fatti e notizie. Nelle sue interviste, a lui non uscivano solo parole, ma brillavano gli occhi. Accade solo ai migliori. Gianni Minà credeva a tutto quello che ha detto, scritto e fatto. È stata una fortuna, per lui e per noi.

Leggi tutto »



La nostra newsletter
Chiudi