La morte di Filippo, giovane campione del mondo di canottaggio, per me è stato un dolore immenso, capace di fare vacillare ogni certezza ed equilibrio.
Non posso pensare che qualche giorno prima di morire Filippo mi scriveva: “Caro Antonio ci sentiamo nei prossimi giorni che ti racconto, ma nulla di bello. Grazie mille comunque”.
Sono passati 15 mesi da quel maledetto giorno in cui dopo averlo sottoposto, all’Istituto di Medicina dello Sport a Roma, ad una risonanza magnetica al ginocchio, si sarebbe svelato un osteosarcoma.
Un momento terribile che nessun medico dovrebbe provare.
Tra noi c’è sempre stata una complicità ed affetto e lo consideravo come un figlio acquisito.
Tuttavia, con il cuore a pezzi, dovevo infondergli ottimismo, coraggio e forza.
Alla mamma Monica, al papà Guido e alla sorella Elisa, richiamati urgentemente dalla loro casa di Cernobbio e giunti in serata a Roma, invece ho dovuto dire la verità.
Caro Filippo hai combattuto con coraggio il tuo male non perdendo mai l’orgoglio e la generosità che hanno fatto di te un grande uomo e un immenso campione.
Sono io che ringrazio Te.
Riposa in pace, non ti dimenticherò mai.
Niente di personale
Una storia possibile. C’è una motocicletta tra Simo Häyhä, il letale tiratore scelto che sul fronte finlandese tiene in scacco l’esercito russo, e il destino di Iwan Suchow, che dell’Armata Rossa sarà uno dei generali più decorati. Nessuno può dire se i due si siano mai incontrati veramente, ma per tutta la vita Simo Häyhä, cacciatore di alci e cecchino per necessità non ha mai smesso di ricordare il suo colpo migliore. Quello che non volle sparare.