Una giornata particolare tra Wimbledon e Wembley
11 luglio 2021, esattamente trentanove anni dopo, con qualche chilo in più, qualche capello in meno e quei pochi rimasti per molti di noi anche bianchi. La sola cosa che è rimasta uguale è l’emozione che, incredibile solo ad immaginarsi, è stata perfino doppia rispetto all’82. Nei due templi dello sport londinesi si sono giocate infatti in orari diversi due finali che vedevano a Wimbledon impegnata l’Italia in singolo, quella rappresentata da Berrettini, e a Wembley l’Italia in gruppo, rappresentata dalla Nazionale di calcio.
Chi mai avrebbe scommesso che avremmo passato gran parte di una domenica estiva davanti alla TV sia che ci trovassimo al mare, in montagna o in città?
Pochi solo venti giorni fa avrebbero fatto il nome del Matteo romano, ormai internazionale – “Berrettini in finale a Wimbledon? Ma per carità! – molti di più, ma non tantissimi, prima dell’inizio di questi europei a bassa voce avrebbero detto: “l’Italia in finale? Sì, può darsi, ma ci sono molte squadre più forti, siamo seri”. E invece sono ormai due giorni che siamo felicissimi per la vittoria agli Europei, ma siamo molto felici per Berrettini.
Berrettini e l’Insuperabile
Ci interessa davvero poco che Berrettini non abbia vinto, a Wimbledon aveva già trionfato nel momento in cui aveva eguagliato il record di Pietrangeli.
Berrettini aveva di fronte il Numero Uno, un marziano, un extraterrestre, uno che può ancora ricevere molto dallo sport, anche per via del fatto che i suoi due principali concorrenti hanno iniziato a dosare le energie. Il serbo pare proprio che le abbia ancora tutte intatte.
E si capisce che ha l’obiettivo di battere ogni genere di record per essere davvero il numero Uno al mondo e poter diventare, magari, Insuperabile.
Wimbledon e il numero 3
Si dice che tre sia il numero perfetto, non conosco l’interpretazione esatta di tale citazione, ve n’è più di una, accreditata per certo alla scuola pitagorica, di sicuro il numero tre ha caratterizzato la finale maschile di Wimbledon.
È il terzo Slam dell’anno, Matteo Berrettini occupa dopo Djokovic e Tsitsipas la terza posizione nella race, tre sono i set per aggiudicarsi una vittoria, trenta, e anche qui il numero 3 c’è, sono gli Slam giocati dal serbo, tre sono le persone alle quali Matteo è profondamente legato grazie alle quali deve la sua forza e i traguardi ad oggi raggiunti, il papà, la mamma e Jacopo, il fratello, più piccolo, quello che lo ha trascinato sui campi di tennis quando erano ragazzini. Quella famiglia che lo ha sostenuto, che ha fatto sacrifici per lui, che, come dice lui, gli è sempre vicina. E lo abbiamo capito anche solo vedendoli in televisione, un padre che abbassava la testa di continuo, chissà cosa ha visto o non voleva vedere, una mamma che nei momenti di tensione sembrava avesse dieci anni di più, in distensione dieci anni di meno.
Wimbledon, la finale e qualche numero
Nell’incontro con Novak Djokovic, l’uomo che aspira a diventare Insuperabile, non abbiamo visto il migliore Berrettini, quello delle partite precedenti, non solamente a Londra, e in particolare nella semifinale col polacco Hurcacz. In tale circostanza il romano ha sfoderato un numero imprecisato di colpi da manuale.
La finale di Wimbledon ha invece fatto emergere tutta la consapevolezza che il ragazzo ha della sua forza, delle sue capacità e del suo tennis che funziona benissimo sull’erba, non dimentichiamo che qualche settima fa aveva vinto il titolo al Queen’s Club, sulla terra rossa e sul cemento. Sono pochi i tennisti al mondo che hanno un uguale rapporto con le tre superfici. Non è cosa da poco. Anche i marziani che detengono il maggior numero di record, tra cui i venti Slam vinti a testa, manifestano con i numeri le loro preferenze; Nadal 13 titoli a Parigi (terra rossa), 2 a Londra; Federer 8 vittorie a Wimbledon, solo una a Parigi; il serbo 9 in Australia, 2 a Parigi. Adesso Matteo sa che può farcela, nella race Atp (la classifica dei migliori dell’anno in corso) come ho detto è il numero tre dopo Nole e il greco Tsitsipas, caduto anche lui sotto gli irresistibili colpi di Djokovic nella finale di Parigi di poche settimane fa, e caduto anche al primo turno di Wimbledon. Matteo oggi ha alle sue spalle Nadal (7), Medvedev (6) che puntava a scavalcare Nole nel ranking. Nella race dei migliori 8 non c’è Thiem che dopo la vittoria agli US Open del 2020 è scomparso per i noti molteplici problemi.
Il futuro
Insomma se Berrettini non cade in coma tennistico, parole che sovente usa Paolo Bertolucci, può davvero farci emozionare perché è bravo e giovane, è il più continuo e, scusate, perché è italiano.
Forza Matteo, Forza Italia, continuate a farci sognare.
L’anno prossimo ci saranno i mondiali, o no?