Lo scudetto, il secondo, atteso per decenni. Una finale di Champions League sognata, giocata e sfumata. Passione e delusione, memorie indelebili di stagioni che hanno segnato la memoria e l’immaginario giallorosso. Un clima, un presidente e campioni indimenticabili, ma anche altro: uomini e organizzazione perché, sia chiaro, risultati di quel tipo non arrivano mai per caso o fortuna. Tra gli uomini che fecero la loro parte per portare la Roma lì dove aspettava di essere, ne ricordo uno in particolare e lo ricordo con un mio aneddoto personale. Parlo di Ernesto Alicicco, il medico che ha vissuto 24 anni in giallorosso, sempre presente, sempre in campo, sempre a rimediare ai guai dei calciatori, sempre a rimetterli in piedi. Ernesto Alicicco ho avuto modo di conoscerlo benissimo e l’episodio mi è tornato in mente in occasione di una delle partite del Torneo di Natale del mio Real Tuscolano.
Facciamo un passo indietro
Al tempo l’Ina Casa era una società che faceva riferimento all’A.S.Roma e il dottor Alicicco ebbe l’incombenza di organizzare un corso di Primo Soccorso per tutti noi. Al di là del ruolo – mister o dirigenti – tutti noi imparammo qualcosa da lui perché, come ci diceva sempre, bisognava evitare che i ragazzi arrivassero dai medici “rovinati” dalle prime cure che gli si facevano (e si fanno) a bordo campo.
Fu così che Ernesto Alicicco ci insegnò cose semplici, ma fondamentali: come sollevare da terra l’infortunato, come caricarlo su una barella o in ambulanza, come gestire un primo intervento su una ferita, una lesione muscolare o persino una frattura.
Piglio deciso e senza fronzoli, linguaggio colorito, era meglio che facevi vedere di aver capito altrimenti il linguaggio diventava ancora più creativo e colorito!
Mamme, ragazzi e merende
Il fatto è che Ernesto Alicicco oltre ad insegnarci il Primo Soccorso faceva anche altro. Per noi, ma soprattutto per i ragazzi e questo altro passava per le mamme.
Ora, chi conosce il campo Moscarelli sa che per accedere negli spogliatoi bisogna fare una piccola rampa di scale. Ebbene proprio su quella rampa di scale il dottor Alicicco aspettava le mamme che venivano a riprendere i figli armate di merenda. Non era certo un caso. Lui aspettava, guardava e poi esplodeva “Ma che merenda j’hai dato a tu fijo?? Ma come, a un fisico affaticato che deve recuperare uno sforzo…tu che je dai…patatine, pizzette e cocacola??”.
Le mamme punte sul viso, rispondevano in attacco “e allora che je devo da’??” E Alicicco, pronto: “Ma che je devi da’? ‘na fetta de pane co’ la marmellata e ‘na bottija d’acqua …ecco che je devi da’…”.
Accadeva così tanti anni fa e quella sera alla partita del Torneo di Natale, quando lo sguardo mi è caduto sui bambini che uscivano con patatine e coca-cola, ho sorriso e ripensato al dottor Alicicco e al bene che ha fatto a chi gli ha dato retta.
Un’altra cosa ancora
In effetti questa cosa non c’entra con il dottor Alicicco, ma è accaduta lo stesso giorno e tanto vale raccontarla. Una cosa che non ho detto è che alla partita del Torneo di Natale io facevo l’arbitro. Un vantaggio dell’età, chiamiamolo così.
Il bambino ha sulle spalle 11 anni, occhi svegli e una vita davanti. Mi guarda e dice: “arbitro era rigore … il portiere ha preso la palla co’ le mani fuori area!“. Replico: “ragiona, se ha preso la palla con le mani fuori area non può essere rigore, ma punizione dal limite. Giusto?” Attimo di indecisione e poi, guardando dall’altra parte: “a no’ (nonno)…ma te voi sta zitto? me fai sempre fa ‘ste figure de (omissis)! La prossima vorta vengo cor papà de Marco… no, no è mejo de no …quello è peggio de te! …Arbitro… te posso di’ ‘na cosa? Tu je somiji un po’ a mi nonno… solo che lui nun glie la fa nemmeno a parla’ e te invece cori più de me!”
Piccole soddisfazioni di campo, proprio come ricordare dopo anni e ancora con piacere un signore che aveva a cuore noi, i ragazzi e persino le mamme della merenda sbagliata: Ernesto Alicicco, medico e galantuomo.