Elvira Guerra è convinta che il mondo si debba guardarlo in prospettiva. Ogni sfida o paura assumono nuovi significati rispetto al punto da cui si osservano. Hai timore di esibirti davanti centinaia di persone? il nuovo passo che stai provando proprio sembra non riuscirti? Tutto, tutto ha una soluzione, bisogna solo cercarla.
È così che si può affrontare al meglio qualsiasi cosa la vita ti ponga davanti; detto da una che per lavoro danza sulla schiena dei cavalli, forse mi fiderei.
Una questione di famiglia
Il mondo del circo le scorre nel sangue: il nonno Alessandro ha fondato una compagnia itinerante tra le più famose dell’epoca, con rappresentazioni richieste dalla Spagna, passando per l’Italia fino in Russia. È lì che fonderà una nuova struttura in legno mai vista prima, il “Cirque Olympique”, quasi come un nome profetico, dove organizzare il più grande dei suoi spettacoli.
Uno dei suoi figli, Rodolfo suona il flauto mentre si esibisce a cavallo e fa coppia fissa con la famosa cavallerizza austriaca Josephine Leeb. Dalla loro unione nasce Elvira nel 1855 a San Pietroburgo, sguardo tagliente come quello del padre e stessa caparbietà del nonno.
Dai genitori prende anche la passione per l’equitazione, divenendo una delle ballerine a cavallo di punta dello spettacolo. La vita del circo le piace, spostarsi continuamente non le pesa soprattutto viste le tantissime opportunità che ogni città sembra offrirle.
Una nuova occasione
È nella bella Parigi che viene a sapere di un “concorso internazionale sportivo”, una grande festa che riunirà appassionati ed atleti in tantissime discipline diverse; una di quelle è il “chevaux de salle” o “cattura e monta del cavallo”, un precursore del dressage moderno in cui il cavaliere deve dimostrare il livello di addestramento del proprio destriero. Elvira non hai mai pensato di partecipare ad un evento sportivo simile, lei è un’artista, una che “non si esibisce per i compensi del circo ma ama l’arte per l’arte”, secondo le parole del barone Charles-Maurice de Vaux eppure la promessa di portare la sua arte ad un altro livello le sembra troppo appetibile per lasciarsela scappare.
La prima italiana
S’iscrive e diviene ufficialmente la prima donna italiana (per pochi giorni non è la prima in assoluto) a partecipare alle Olimpiadi moderne. È il 1900 ma il futuro è già arrivato. Per una volta decide di abbandonare i suoi costumi di scena, pieni di lustrini e colori, per i più rigidi abiti di gara che, in sella al suo cavallo Libertin, riescono quasi a confonderla in mezzo a tutti quegli ufficiali di cavalleria.
Eppure lo spirito circense non riesce ad abbandonarla mai del tutto: Elvira sorride in foto guardando dritta l’obiettivo, manca della delicatezza tipica delle cavallerizze francesi e soprattutto ha un modo di entrare in gara, spavaldo e scevro da qualsiasi paura, tipico di un uomo e non si confà ad una donna. Elvira è troppo, semplicemente. Nel vedere i suoi avversari darsi di gomito mentre lei passa, la giovane vorrebbe vederli danzare sui loro alti cavalli mentre le luci del palco li illuminano.
È semplicemente un cambiare la prospettiva: non è lei ad essere fuori posto, sono loro che non comprendono quello che si stanno perdendo.
La gara la vincerà un nome conosciuto: Napoleone Murat, pronipote del grande omonimo. Di Elvira Guerra non si conosce precisamente il piazzamento, qualcuno dice quinto posto, altri giurano di non aver proprio letto il suo nome sui piazzamenti.
Lo spettacolo deve continuare
A lei non importa più di tanto: è contenta di aver partecipato ma ora non le pesa il tornare in tournée con tutta la sua famiglia. I cavalli sono la sua passione e preferisce esibirsi in un luogo dove le sue movenze sono apprezzate perché parti di una performance e non come semplici passi meccanici dentro una gara. Il suo nome però continua a circolare in tutta la Francia: le sue foto a cavallo sono considerate uno dei ricordi più preziosi di quella edizione delle Olimpiadi,
La carriera di Elvira Guerra proseguirà ancora a lungo, sempre fra i colori e le luci del circo. Morirà a Marsiglia nel 1937 portandosi dietro la delicatezza di aver dato il proprio nome a un primato mai raggiunto prima. Il successo le avrà mai dato alla testa? Probabilmente no. In fondo è sempre tutta una questione di prospettive.
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