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Ann Davison. La signora dell’Atlantico

Una vita che sembrava volere altro, anzi volare alto. Poi una passione che scalza l'altra; prima il cielo, poi la terra e infine, quella definitiva, ovvero il mare, o meglio, l'Oceano. Avventurosa e fuori dagli schemi, la vita di Ann Davison è una storia da raccontare.
Ann Davison

È una vita straordinaria quella di Margaret Ann Longstaffe, più conosciuta con il nome da sposata Ann Davison. Una vita che abbiamo raccontato sulle pagine del Notiziario del Centro Studi Tradizioni Nautiche nell’aprile del 2014 riprendendo quanto pubblicato nel gennaio 1953 sulla rivista Vela e Motore, ma sulla quale possiamo oggi tornare ampliando e rivedendo qualche sfumatura al tempo sfuggita. La condivisione della conoscenza in rete, oggi mette tutti in condizione di scoprire qualcosa in più ed è un’opportunità che non ci vogliamo far sfuggire.

Inizia così

Ma ora torniamo alla nostra signora inglese facendo anzitutto giustizia del cognome, Davison e non Davidson come per probabile errore di battitura pubblicato nel 1953.
Ebbene la vita avventurosa di Ann inizia il 5 giugno 1913 a Carshalton, nelle vicinanze di Londra. Di famiglia borghese, Ann cresce come tanti inglesi con la passione per i cavalli, ma anche con qualcosa in più. Sono anni in cui il volo è giovane, è simbolo della modernità ed esercita una grande suggestione.  Su tutti, anche su Ann che se ne appassiona e a soli 22 anni, nel 1935, ottiene la licenza di pilotaggio. La ottiene e la usa, visto che inizia a volare pilotando voli commerciali per una compagnia con base al campo volo di Hooton nel Cheshire.
È qui che conosce e inizia a frequentare Frank Davison, proprietario dell’aeroporto e anche della compagnia per la quale lei volava. Sposato con un’aviatrice che avrà il triste primato di essere la prima donna pilota britannica caduta nella Seconda Guerra Mondiale, Frank se ne separa e nel 1939 sposa Ann.

La guerra cambia tutto, presente e futuro

I voli civili vengono messi a terra, l’aeroporto requisito per le esigenze militari. Frank perde tutto quello che ha e con Ann decide di dedicarsi alla terra. Prima acquistano una fattoria nei pressi di Liverpool, poi, nel 1943, si trasferiscono in Scozia dove affittano una piccola isola sul Loch Lomond e, poco dopo, ne comprano una. È una vita diversa; vivono di agricoltura di sussistenza, la terra è dura da lavorare e da far fruttare, ma godono del loro tempo e della natura che li circonda. I giorni del volo si allontanano e la loro pace la trovano andando a vela nel lago che è diventata la loro casa.

Ann Davison

Il tempo riserva sorprese, però

Ad un certo punto Ann e Frank iniziano a fantasticare di viaggi e pensano di andare a vivere altrove, di emigrare. Decisione importante, impossibile prenderla all’istante. Vorrebbero arrivarci a piccoli passi, magari visitare prima qualcuno dei Paesi per vericare i più interessanti. Ne parlano sempre più spesso e sempre più spesso aprono un atlante per inseguire i loro sogni.
Sull’atlante, però ci sono più mari e oceani che terra. È così che un giorno Frank rientra da Glasgow con una lista di yacht in vendita ed è così che il loro piano inizia a prendere forma. Fanno i conti di quanti soldi possano servire e decidono che proveranno a vendere l’isola. Se riusciranno, il più sarà fatto e nulla li fermerà.
Andrà così. Frank e Ann venderanno bene l’isola e, nel 1947, sono pronti per iniziare una nuova vita.

La Reliance

Con 1.450 sterline comprano un peschereccio ormeggiato a Fleetwood, integro ma da sistemare.
La Reliance misurava 70 piedi fuori tutto, con un baglio di 18,1 piedi e un pescaggio di 9 piedi e 6 pollici. Era costruita in pino di pece su telai di quercia, con una scotta di cuore verde e una tavola di olmo inglese. I telai erano raddoppiati e così strettamente distanziati che avrebbe potuto essere costruita per l’esplorazione dell’Artico. Sottocoperta, l’alloggio finito era costituito da gavone di prua, bacino di carenaggio e salone. Si trattava di una cabina di circa 14 piedi per 11, quindi di dimensioni ragguardevoli. Prima che i falegnami si mettessero al lavoro e mentre era ancora una stiva, furono pompati 2000 galloni di acqua dolce per eliminare l’accumulo di anni di sporcizia del pesce. Abbiamo preparato noi stessi il legno per la verniciatura e abbiamo faticosamente raschiato via quarant’anni di vernice di pesce dalle travi di quercia del ponte, che sono state poi semplicemente oliate e avevano un aspetto magnifico. La cucina era il nostro orgoglio. Non conoscerò mai una cucina migliore in cui lavorare, perché era esattamente ciò che volevo. Forse è stata l’unica volta in vita mia che ho ottenuto questo risultato. Era un compartimento di due metri per due metri e mezzo, strettamente utilitario.
Così della Reliance parla Ann Davison nelle sue memorie.

Il ripristino della Reliance è lungo e oneroso

I soldi finiscono, arrivano ingiunzioni del tribunale, la Reliance non può salpare, ci vuole tempo per risolvere le cose. Provano a pensare anche a un uso commerciale del peschereccio, ma le cose non vanno. Nel 1948 persino mangiare con regolarità era diventato un problema. Con il nodo in gola decidono di vendere, ma per sei lunghi mesi non ricevono alcuna offerta. In compenso, alla vigilia di Natale del 1948 ricevono l’avviso di pignoramento. La prospettiva è un’asta giudiziaria, la svendita della barca e dei sogni. La vergogna.

Cambiare le carte

La Reliance per Frank e Ann non era solo una barca, ma la speranza e la promessa di una vita che avevano deciso di vivere insieme.
Ann racconta che una mattina Frank la guarda e le dice “…non posso più sopportare tutto questo. Andiamo via…abbiamo sudato, lavorato e creduto per anni…Un brutto colpo dopo l’altro. È troppo. D’ora in poi la partita si giocherà a modo mio. Secondo le mie regole. E se qualcosa andrà alla deriva sarà tutta colpa mia. E questo sarà un cambiamento. Navigheremo la Reliance fino agli Stati Uniti, o a Cuba, o da qualche parte, e avremo la possibilità di venderla per qualcosa di simile al suo valore. Avrà una traversata atlantica al suo attivo. Dovrebbe valere qualcosa

Il sogno di Cuba

Scegliemmo L’ Avana come destinazione – continua Ann -. Ci rendemmo conto che la nave sarebbe stata probabilmente sequestrata all’arrivo, ma L’Avana sembrava essere il posto migliore per essere trattenuta. La data di partenza fu fissata per domenica 15 maggio. La marea era giusta in quel momento, verso mezzogiorno, quando il molo sarebbe stato deserto – niente di meno di un terremoto può trattenere un uomo del Lancashire dal suo pranzo domenicale – e avremmo potuto partire senza essere notati. Una partenza notturna, anche se più consona al progetto, avrebbe comportato troppi rischi. Volevamo avere tutto dalla nostra parte e la luce del giorno era più vantaggiosa dell’oscurità. Stavamo conducendo un’imbarcazione non ancora collaudata in un canale a noi sconosciuto – e indubbiamente difficile. I nostri piani per il viaggio prevedevano, in breve, di navigare “a vapore” (a tutta velocità) lungo il Mare d’Irlanda, mantenendoci sulla sponda irlandese, fino a quando non saremmo entrati nell’Atlantico, dove avremmo spento le caldaie, per così dire, issato le vele e ci saremmo diretti verso sud fino a circa il 23° parallelo, avremmo preso l’aliseo e avremmo virato verso ovest fino a Cuba.”

Reliance
(Il relitto della Reliance)

Non andò così

Come avevano studiato a tavolino, il 17 maggio 1949 la Reliance salpò per L’Avana lasciandosi alle spalle problemi, ingiunzione, tribunale e creditori.
Il peggio sembrava così mettersi alle loro spalle, ma quello al quale andavano incontro sarebbe stato terribile. La tempesta li coglie poco dopo l’uscita, mare e vento montano senza tregua. La Reliance resiste per quasi 20 ore, ma il timone si blocca e la Reliance fuori controllo finisce contro gli scogli di Portland Bill. Frank e Ann con i giubbotti di salvataggio e una piccola zattera non mollano, le onde li sovrastano e li scaraventano fuori, loro risalgono una volta e due e tre.
Fino alla fine.
La fine è Franck che non ce la fa più, che non resiste e va via.
La fine è la tempesta che si placa e, miracolosamente, lascia andare Ann che risale la scogliera e si mette in salvo.
In salvo, ma senza più nulla.
Senza più il suo amore e soltanto con una vita da rimettere in piedi.

Felicity Ann
(La traversata della Felicity Ann)

Nel momento più tragico della sua vita, Ann trova la forza di ricominciare

Inizia a lavorare in un cantiere navale e si dedica a raccontare quello che le era successo. Il suo libro “Last Voyage” va molto bene e nel 1952 Ann Davison acquista uno sloop di legno di 23 piedi chiamato Felicity Ann. 
L’imbarcazione era stata progettata e costruita in Cornovaglia presso il cantiere Cremyll Shipyard da Mashfords Brothers Ltd. Con il nome originario di Peter Piper, a causa della guerra lo sloop rimase in cantiere fino al 1949, quando fu acquistato da un velista che lo ribattezzò Felicity Ann. Fu lui, avendo evidentemente cambiato idea, a rivendere la barca ad Ann.

(Ann Davison)

La sfida della vita

“Tre anni dopo salpai di nuovo, da sola, ma non fu per spirito di sfida, o di vendetta, o di espiazione, o di rivendicazione, che scelsi di tornare a uno stile di vita che era appena iniziato prima di finire in modo così disastroso. Fin dall’inizio, mentre scalavo quelle scogliere, sapevo che l’avrei fatto, che dovevo farlo, anche se all’epoca sarebbe stato impossibile spiegarne il motivo”. Così scrive Ann Davison e così fa.
Il 18 maggio 1952, a ricordo di quando era salpata per la tragica traversata sulla Reliance, ancora una volta Ann molla gli ormeggi.
Salpa da Plymouth, è da sola ed è sulla Felicity Ann.
Determinata, con un coraggio e una forza di volontà fuori dal comune, Ann Davison affronterà tutte le insidie di una traversata oceanica su una barca di 7 metri. Dopo una serie di scali, il 20 novembre 1952 Ann è a Plymouth e da lì balza in Atlantico. Le tempeste la portano spesso fuori rotta, ma il 23 gennaio 1953 approda a Dominica dove trascorse un periodo di recupero prima di navigare verso la Florida e infine arrivare a New York il 23 novembre.
Ann e Felicity Ann, la signora inglese e la sua barca unite dal nome e dal destino sono ospiti d’onore al Salone Nautico di New York del 1954 che ne celebra l’impresa che passerà alla storia: essere stata la prima donna a compiere la traversata dell’Oceano Atlantico.

Felicity Ann oggi
(La Felicity Ann oggi)

Dopo

Fatta l’impresa, Ann e il suo sloop rimasero insieme ancora a lungo.
I passaggi di proprietà di Felicity Ann iniziano negli anni 70, ne seguiranno vari restauri e impieghi sino a vederla, oggi, di proprietà della Community Boat Project di Port Hadlock.
Nel 1992, a 78 anni, Ann Davison scioglie ancora una volta le vele.
Questa volta per raggiungere Frank e non lasciarlo mai più.

 

 

Paolo Rastrelli napoletano e appassionato cultore della storia della vela agonistica sulla quale conduce incessantemente studi e ricerche. Ha pubblicato diversi volumi e molti articoli per le principali riviste nazionali ed estere. Con Carlo Rolandi ha fondato a Napoli il Centro Studi Tradizioni Nautiche (www.cstn.it) del quale è tutt’ora direttore e curatore della rivista mensile on-line “NOTIZIARO CSTN” esclusivamente di storia e cultura marinaresca.

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