Alla Centomiglia del Garda del 1996, quella del “ventone”, partecipai al timone dellāARC (Absolule Racing Class) CittĆ di Santa Marinella, sponsorizzata dall’omonimo ridente Comune, il cui graziosissimo porticciolo ĆØ dominato dall’antico castello Odescalchi, contornato dai suoi pini secolari.
La barca
Progettata tre anni prima da Massimo Paperini e appartenente allāAssociazione sportiva Chiave di Violino (che si appoggiava alla locale Sezione della LNI), la CittĆ di Santa Marinella, ĆØ lunga 10 metri, larga 2,50, con un bulbo che sembra un’ala dāaliante, profondo due metri e venti: un gioiello di barca, priva di qualsiasi cosa che non sia essenziale, motore compreso. Di bolina sembra che riesca anche a procedere controvento e al lasco plana come fosse un grande windsurfā¦
Unico piccolo particolare: era stata progettata per regatare in match race con un massimo di 15 nodi di vento reale che, con un po’ di buona volontĆ , potevano diventare una ventina. Sul lago ne abbiamo trovati 40!
L’equipaggio, di sei membri, non era proprio al massimo dell’allenamento, ma l’entusiasmo cāera, e tanto. Non che basti, ma ĆØ certo l’ingrediente essenziale per cimentarsi in una Centomiglia cosƬ ventosa.
Alle cinque del mattino veniamo svegliati di soprassalto
Il PelĆØr sāĆØ alzato fortissimo, le barche ammassate nel porticciolo di Bogliaco in attesa della Centomiglia sono in pericolo per la forte risacca che fa scoppiare i parabordi: bisogna uscire!
Alle cinque e mezzo siamo a bordo. Ringrazio Iddio di essere riuscito a girare la barca con la prua in fuori la sera prima (impresa ardua, col porticciolo intasato).
Alziamo il fiocco autovirante, una dozzina di metri quadri, molliamo gli ormeggi e usciamo dall’imboccatura a palla di fucile, col vento al giardinetto di sinistra. Veniamo subito allāorza per non finire sugli scogli che sono davanti, e cominciamo la sarabanda. Sta iniziando ad albeggiare.
Col solo fiocco ben cazzato piatto si bolina benissimo, a dispetto di tutti i sacri testi, secondo i quali la barca dovrebbe essere molto puggera. Il fatto ĆØ che pur essendo in sei buttati il più possibile sopravento, lāinclinazione ĆØ forte, sui 45°, e ciò compensa esattamente, manco a farlo a posta, la ovvia tendenza puggera che determinerebbe il fiocco se la barca fosse meno sbandata.
Si va che ĆØ una meraviglia
La barca sembra un siluro, semisommersa comāĆØ da ogni onda che monta sulla prua, uscendo però immediatamente dalla poppa aperta (benedetto chi lāha, inventata!) Neppure una goccia entra in barca, dotata di due portelli a chiusura ermetica.
Pochi minuti dopo esce unāaltra barca: ha la poppa rivolta verso l’imboccatura. Alza il fiocco col vento in prua, molla gli ormeggi, retrocede e . . . abbatte dalla parte sbagliata! Finisce immediatamente sui ripidi scogli e Ƭ membri dell’equipaggio da velisti si trasformano subito in bravissimi alpinisti… Nessuno si fa male, ma la barca ĆØ irrecuperabile.
Noi intanto bordeggiamo, cercando qualche rara zona un poā meno esposta, a ridosso di un monte, aspettando lāora della partenza, le otto e trenta. Di alzare la randa non se ne parla neppure.
Via!
Finalmente si fanno le otto e venti e, puntualissimo, ecco il botto. Dieci minuti e la Centomiglia parte! Le barche fuori sono tante ora, circa trecento, ma tutte in serie difficoltĆ : le scuffie e i disalberamene non si contano nei pressi della linea di partenza, e i mezzi di soccorso hanno il loro bel da fare. Al colpo del āvia” parte il motoscafo dalla barca giuria e percorre la linea di partenza verso la boa. Bisogna passargli, di poppa: un ottimo sistema per scaglionare le barche in partenza e minimizzare i rischi di collisione.
Il fiocco impazzito
Siamo in ottima posizione, mure a dritta, prossimi alla barca giuria, ma ecco lāimprevisto: a un minuto dal via un colpo secco a prua e il fiocco che si mette a sbattere allāimpazzata.
Puggio immediatamente per diminuire il vento relativo e facilitare lāammainata (ĆØ il vento stesso che butta giù il fiocco quando si ĆØ in poppa, mentre tende a tenerlo quando ĆØ in prora, vista lāinclinazione dello strallo) e la vela ĆØ in coperta in men che non si dica, senza danni. Il carrello dellāauto virante aveva letteralmente strappato via un pezzo del suo trasto curvilineo, sostenuto in quattro punti. Sembrava segato di qua e di lĆ del carrello: classica sollecitazione āa taglioā, direbbe un ingegnere.
Cosa fare? Ritirarsi?
Lāho sempre considerato poco sportivo oltre che, ancora più importante, poco marinaresco.
Con la barca traversata al vento per scarrocciare meno (si fa per dire) improvvisiamo due punti di scotta coi due bozzelloni dello spinnaker, legati a ciò che resta del trasto in corrispondenza del supporto mediano di dritta, e direttamente alla base dell’albero a sinistra, con la successiva aggiunta di un barber verso le lande. Improvvisiamo anche una scotta doppia con una cima abbastanza lunga che fortunatamente era rimasta a bordo, e rialziamo il fiocco.
Lāobiettivo non cambia
Abbiamo scarrocciato di un paio dƬ miglia, nel frattempo e le barche che sono partite sono almeno cinque miglia di prora, ma non ci importa. Lāobiettivo ora ĆØ portare a termine la Centomiglia a ogni costo. Quelli che hanno alzato la randa sono perennemente coricati sullāacqua: sono i primi che raggiungiamo. La nostra bolina, controllata con un GPS portatile, ĆØ incredibile, come pure la velocitĆ : 90° fra le rotte, 80° fra le prue, sei nodi, con un vento a 40 e raffiche a chissĆ quanto.
Lāalbero, con le due volanti ben cazzate, non dĆ alcun segno di cedimento o di pompaggio.

Si recupera!
A una a una recuperiamo alcune decine di imbarcazioni prima di arrivare alla boa al vento, nei paraggi di Riva. Qui siamo un poā ridossati dalle alte montagne. Poco prima di giungere in boa, alziamo quindi tutta la randa e ci prepariamo a dare Io spi per l’impoppata.
La manovra riesce perfettamente e partiamo cosƬ, con le mure a dritta, in una planata senza fine. Il GPS non ci fornisce più la velocitĆ , che però ĆØ impressionante, con l’equipaggio tutto a poppa per planare meglio ma soprattutto perchĆ© la prora tende a volte ad andare sottāacqua, a rischio di farci fare la capriola! Quando arriva una raffica più forte lāaccelerazione ĆØ tale che bisogna tenersi forte per non essere spinti indietro. Si governa perfettamente, ma sul filo del rasoio!
Dopo unāora circa occorre strambare
Faccio un briefing preliminare urlando per farmi sentire e … via! Riesce bene, da manuale. Passa ancora un’ora e siamo giĆ a metĆ lago o quasi. Occorre strambare ancora: questa volta la scotta dello spi si incattiva, la vela va tutta da una parte, la barca parte in una straorzata incontrollabile e lāalbero va in acqua in un baleno!
Riusciamo a filare per occhio la scotta dello spi e, filando anche quella della randa, riprendiamo il controllo. Ma la scotta di spi se ne è andata, perché il moschettone si è aperto durante i forti scuotimenti. Niente più spinnaker, dunque, ma tanto sono solo due le barche che riescono ancora a tenerlo. Con randa e fiocco si continua ancora, a planare, sia pure a minore velocità , ma molto più tranquillamente.
Al traguardo
Giungiamo cosƬ alla boa di sottovento, in fondo al lago, e ci rimettiamo di bolina, con la randa terzaruolata, perchĆ© il vento ora lo consente. Si va ancora bene e superiamo qualche altra imbarcazione. Ma al tramonto il vento abbonaccia: a poche miglia dal traguardo dobbiamo lottare con le bavette e con lāonda residua.
Finalmente, quando ĆØ ormai buio, tagliamo il traguardo della Centomiglia. Siamo settimi su ventotto della nostra classe.
Allāanno prossimo la rivincita!