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Elisabeth Junek, miss Bugatti

Nata ad inizio del secolo scorso, Elisabeth Junek s’impone come una delle personalità di spicco del mondo delle corse automobilistiche. Prima donna a vincere un Gran Premio, saranno memorabili le sue partecipazioni alla Targa Florio, inseparabile dall'amata Bugatti e dal marito, sempre al suo fianco.
Elisabeth Junek

Smisek corre, corre più veloce che può.
Corre fino a quando non  consuma le ruote della sua amata Bugatti, fino a che tutto il mondo conoscerà il perché suo padre amava chiamarla così Smisek, ovvero sorriso.
Sembra di sapere tutto di lei. O meglio, quello che ha lasciato trapelare durante i suoi lunghi anni sotto alcuni tra i riflettori più abbaglianti di tutti, quelli dell’automobilismo.
Smisek nasce all’alba del nuovo secolo, il 16 novembre 1900, battezzata Alžběta Pospíšilová e ultima di quattro figli. Il paesaggio che la accoglie è quello freddo di Olomouc, in Moravia. Sogna di viaggiare in giro per il mondo, ha una vera e propria propensione per lo studio delle lingue straniere e il suo approccio positivo le ha regalato il soprannome Smisek che ormai sembra aver soppiantato completamente il suo nome.
Conclusi gli studi in un collegio femminile, è assunta presso la banca di credito di Praga. È il primo respiro d’internazionalità per Alžběta. Lei adora vivere il ritmo frenetico dell’ufficio, il rumore dei passi frettolosi che si rincorrono fra i corridoi, ma anche il silenzio affettato che cade sul posto appena dopo il tramonto.
Alžběta sta cambiando vita e tra poco cambierà anche none. Tra poco tutti la conosceranno come Elisabeth Junek.

Vincenc ‘Čeněk’ Junek

Ma c’è una ragione sopra tutte per cui ama andare al lavoro: Vincenc ‘Čeněk’ Junek, giovane dipendente della banca, veterano di guerra che ancora ne porta i segni con una brutta cicatrice sulla mano. I due, nonostante le differenze di età, fin dal loro primo incontro sembrano ritrovarsi, quasi come due vecchi amanti che hanno passato anni lontani. Parlano tanto e parlano ovunque, al punto di trasferirsi insieme a Brno per l’apertura di una nuova filiale della banca. Ormai è chiaro l’amore fra i due, le loro ombre non camminano mai troppo distanti eppure questa non è la più tradizionale delle fiabe.
Sono innamorati ma non sono sciocchi: seduti al tavolino di un caffè nella loro nuova città, discutono di matrimonio. Smisek non può nascondere un sorriso davanti la proposta di Vincenc ma un pensiero prepotente non può che farsi spazio nella sua mente: “Cenek, lo sai che ti amo ma non posso sposarti”. Le sue parole lasciano l’uomo sbigottito “O meglio, non posso sposarti ora”. Vincenc non solo è comprensivo, ma è anche entusiasta quando la sua (promessa) sposa gli rivela di voler ancora girare il mondo per un po’ e spingersi oltre i confini della loro Moravia.

(Elisabeth e Vincenc ‘Čeněk’ Junek)

Parigi

Sarà lui stesso a comprarle il biglietto per la Francia dove lei troverà lavoro nel 1920 presso la Fiera di Lione per poi spostarsi ad Antibes l’anno successivo per studiare orticultura. Smisek è alla perenne ricerca di nuove esperienze, si guarda intorno con fame di conoscenza e spalanca gli occhi davanti a tutto per essere certa di poter poi descrivere accuratamente quello che ha visto in una delle numerose lettere indirizzate al suo fidanzato.
È proprio così che Smisek trova un modo per sentire vicino il suo amato. Le viene, infatti, offerta la possibilità di provare a guidare e lei, conscia di quanto il fidanzato ami il mondo delle corse, acconsente subito.
È un momento decisivo: la giovane figlia del fabbro improvvisamente è trasportata su un piano totalmente diverso, dove tutto quello che importa è solo il cielo (con un sole più caldo di quello di casa sua) sopra la testa e la terra sotto le ruote. Le parole che dedica a questo avvenimento sono entusiaste, cariche di quella gioia che solo la gioventù conosce.

La prima Bugatti

Sempre nel ’22, Vincec che già si diletta nelle corse vince la crono salita Zbraslav-Jiloviste, trovando nelle lettere di Smisek un’appassionata collega. Nello stesso anno, i due si ritrovano a Parigi, decidendo finalmente di sposarsi. È proprio lì che, passeggiando fra i grandi viali, i due neo-sposi vedono una Bugatti tipo 22, la stessa macchina che quell’anno ha vinto il Gran Premio di Brescia. Per loro è come un segno: quella è la macchina con cui comincerà la loro nuova vita da coppia di piloti, uniti in amore così come nelle gare.
Per Smisek l’acquisto di quella macchina segna un cambiamento a tutto tondo: non solo lascia il suo lavoro, ma cambia anche il suo nome in Eliska Junkova e, dopo numerose lezioni clandestine, ottiene la licenza di guida.
Eliska Junkova sarà però più facilmente chiamata Elisabeth Junek.

Una nuova partenza.

Tra il 1922 e il 1924, la giovane Smisek è con ‘Čeněk’ in giro per l’Europa e corre insieme a lui nell’insolita veste di meccanico a bordo. Insolita per una donna, naturalmente. Le piace, però. Le piace tantissimo anche cambiare ruote e le piace arrivare al traguardo sporca di olio e grasso mischiati a polvere o fango e fango.
Gli Junek sono una squadra collaudata ma quando la ferita alla mano di ‘Čeněk’ regalo della guerra, gli rende quasi impossibile poter guidare in autonomia, Smisek, che ormai si fa chiamare da tutti Elisabeth, comprende che è davvero arrivato il suo momento.
Nel 1924 partecipa come pilota alla Lochotìn-Tresmosna nella sua nativa Cecoslovacchia, riuscendo, contro ogni vaticino, ad arrivare prima a bordo della sua amata Bugatti.
L’applauso che la accoglie all’arrivo è assordante, rischia quasi di soffocarla, lei che non aveva mai prima pensato di poter arrivare così in alto. La fama che ne consegue la rende conosciuta all’intera Europa; numerosi sono i titoli che la indicano come “regina della velocità” o “donna più veloce di sempre”. Elisabeth intanto per festeggiare (e mantenere il titolo) compra insieme al marito una nuova Bugatti.
Nel 1926, il palmarès di Elisabeth può vantare già alcune fra le gare più importanti d’Europa: ha vinto il Gran Premio di Germania, la categoria femminile al trofeo di Praga ed è la prima donna a vincere la scalata Zbraslav-Jìloviste.

Targa Florio
(Elisabeth Junek alla Targa Florio)

La Targa Florio

Ma è con la Targa Florio che Elisabeth Junek sfonda veramente i confini di quello che una donna pilota può fare. La gara non è facile, ma lei può confidare sull’appoggio di Ettore Bugatti, conosciuto diversi anni prima. La gara siciliana si rivela all’altezza delle aspettative: il percorso è accidentato, le strade insidiose, i dislivelli la fanno sbandare e finire fuori gara.
L’arrivo della regina della velocità è meno eroico del previsto, ma la sua prestazione non passa inosservata e le riserva un posto d’onore fra i partecipanti.
‘Čeněk’ non lascia mai il suo fianco. Ormai è lei la pilota di casa, ma questo non lo esime da gioire e soffrire con lei, proprio come se fosse lui dietro il volante.
La Targa Florio rimane un’idea fissa.
Elisabeth ci riprova nel 1928, questa volta a bordo di una Bugatti Tipo 35B, molto più forte e veloce, adatta per poter nuovamente sfidare i migliori piloti del momento. Già al secondo giro, Elisabeth prende in mano la situazione, lasciando per un lungo tratto dietro di sé piloti del calibro di Giuseppe Campari e Tazio Nuvolari. Alla fine della gara è quinta in classifica assoluta e seconda nella classe 2.001-3.000 Naturalmente prima donna assoluta.  

Addio

Ma Elisabeth non vuole fermarsi. A luglio dello stesso anno, gli Junek s’iscrivono al Gran Premio di Germania. È un terreno che conoscono, entrambi hanno già gareggiato in passato ma fin dal primo giro qualcosa non va. Il clima è avverso e i due riescono a mantenere una buona posizione con difficoltà. A bordo della loro Bugatti, decidono di cambiarsi di posto, lasciando che sia ‘Čeněk’ a condurre gli ultimi giri. Eppure qualcosa interrompe la loro gara, un albero, un fulmine, una roccia… non si sa. L’unica cosa chiara è che i due escono di strada. Per Elisabeth è un flash, quello che si ricorda è il rumore dell’ambulanza avvicinarsi e le parole dell’altoparlante annunciare che vi è stato un incidente.
‘Čeněk’ scompare così, all’improvviso, senza troppe parole lasciate dietro di sé. Per Elisabeth è un colpo troppo duro ma poter sopportare. La sola vista delle loro Bugatti ormai è un colpo allo stomaco che la lascia prostrata davanti il vuoto che suo marito ha lasciato dietro di sé. 
La regina delle corse si ritira e decide di vendere tutti i suoi veicoli; ormai niente ha più senso senza il suo ‘Čeněk’.
L’anno passa come una cortina buia, speso a immaginare tante e tante volte un modo in cui quell’incidente si sarebbe potuto evitare. Elisabeth purtroppo non lo trova.

Un po’ di luce

Nel 1929 Elisabeth Junek riesce a riconquistare un po’ di pace. Nonostante la sua convinzione di non voler più gareggiare, non è ancora pronta a lasciarsi alle spalle il mondo delle auto. Partecipa come ambasciatrice Bugatti ad un viaggio commerciale in India per espandere il mercato dell’azienda. Percorre oltre seimila chilometri in circa tre mesi a bordo di una Bugatti Tipo 44, documentando in francese fluente i pro e i contro che la clientela indiana potrebbe trovare nella nuova macchina. Pochi mesi dopo il suo ritorno dall’India, viene nuovamente chiamata per la Targa Florio, questa volta come figura di rappresentanza.
Purtroppo fra il 1948 e il 1964 i suoi viaggi subiscono uno stop improvviso. Le autorità comuniste le impongono di rimanere entro i confini territoriali, vietandole di viaggiare all’estero.
Riuscirà a riprendere i suoi infiniti giri solo nel 1966, quando è ospite alla cinquantesima edizione della Targa Florio. Nonostante gli anni di ritiro obbligato, Elisabeth non è stata dimenticata e quello l’attende è un intenso periodo di eventi mondani. La sua storia spicca sempre e lascia sbalordito chiunque ancora non la conosceva. Numerose sono le personalità del mondo delle auto che ancora la circondando, come Enzo Ferrari o Tazio Nuvolari (che pare l’abbia perdonata per quella gara del ‘28).

Elisabeth Junek
(Miss Bugatti per sempre)

Miss Bugatti

Elisabeth Junek realizza come la sua pur essendo una storia fuori dal comune, rimanga comunque relegata in fondo alle pagine dell’automobilismo. Lo realizza quando quasi nessuno si ricorda più il suo nome o quando legge sempre e solo nomi di uomini fra i partecipanti alle gare. Lei che non ha mai vissuto il divario con il suo ‘Čeněk’ ora più che mai avverte la sua mancanza.
Nel 1973 pubblica la sua autobiografia “La mia memoria è Bugatti” e nel 1991 partecipa ad una riunione del brand negli Stati Uniti come ospite d’onore.
Elisabeth Junek percorre il suo ultimo viaggio nel 1993, questa volta con l’obiettivo di ritrovare e non lasciare più il suo ‘Čeněk’.
La regina del volante scompare così in una nuvola di fumo, probabilmente lasciata da una delle sue amate Bugatti.
Oggi, da lontano, ancora una volta la vedo girarsi e lasciare dietro di sé uno dei suoi sorrisi.
Indimenticabili come lei.

 

Giulia Colasante si affaccia al mondo nell'ultimo anno del secolo scorso, in tempo per sentirne raccontare in diretta, abbastanza per rimanerne incuriosita. Laureata in Filosofia all'Università di Roma Tre, per tentare di capire il futuro che l'attende studia Scienze Cognitive della Comunicazione e dell'Azione. Che attende lei, ma anche un po' tutti gli altri.

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