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Derek Dougan. L’amico di George Best ossessionato dal rock psichedelico

L'arguto baffetto di Derek Dougan, amabile ribelle di un calcio di periferia, ci ricorda le origini operaie e sociali del football. Anni andati, di uno sport che si divideva tra passione e voglia di evadere. Derek, bomber, stile irlandese e amico di un genio assoluto come Best, fu girovago del calcio, ma talvolta a fregarlo fu la sua immensa ossessione per il psychedelic-rock. A ricordarlo, i lupi gialli delle “Wolves” e soprattutto il misterioso singolo “A Goal for Dougie”.
Derek Dougan

Belfast Big Men, una carriera tra il “calcio di periferia” inglese

L’odore operaio della periferia è qualcosa di tagliente e antico, fatto di sudore e fango. Non è nulla di regolare, lineare, il tutto è racchiuso nella difficoltà di giocare su terreni dissestati, insensati e controversi, lì dove la vera passione emerge, intensa, e si fa anima. Rotolava molto negli anni 50 e 60, quella sfera, tra piccole cittadine inglesi lontane dai riflettori, ma stupendamente popolari. Il football era un evento di massa, cosi radicato, che aveva in Inghilterra la sua sacra liturgia pre-partita: pub, birra e gradinata. Talvolta erano stadi piccolissimi, minuscoli Maracanà fuori città, che si trasformavano per una sola notte fascinosa e indimenticabile. La carriera di Derek Dougan, omone e centravanti nord- irlandese è iniziata per le strade fumose e periferiche che si chiamano Lisburn, Portsmount e Leicester. La vita del bomber di un mondo minore che, come nella vita è fatto di discese e risalite. Come quella dell’annata 1967, precisamente nella notte di Coventry. L’attesa è febbrile, in palio c’è la possibilità di scavalcare, andando al primo posto il Wolverhampton. Nel frattempo Dougan è passato dal Leicester ai “Wolves”, impressionando con una tripletta nell’esordio in casa contro l’Hull City.  Nella notte storica di Coventry lo stadio e zeppo sino all’inverosimile, come la miglior tradizione del calcio inglese. I paganti della serata sono 51.452, il Coventry sfodera una prestazione sontuosa e travolge i lupi per 3 a 1. Il primo posto è realtà e sarà mantenuto sino al finale di stagione. Dougan è il peggiore in campo, ma da li a poco inizierà la leggenda di “Belfast Big Men”.

Derek Dougan

L’Ufo Club, tra Jimi Hendrix e il singolo-fantasma “A Goal for Dougie”

L’ossessione di Dougan si chiamava psychedelic-rock. E proprio come la sua vita da calciatore, era incredibilmente fuori dagli schemi. Il nord-irlandese era un tipo anticonformista, un po’ anarcoide, sempre con la cosiddetta “via di fuga” pronta. È difficile tenere un cane legato al guinzaglio, un’anima ribelle pronta ad evadere gli schemi. Concluso il rettangolo di gioco, l’habitat naturale di Dougan si chiamava Ufo Club, oppure Leicester College of Technology, sempre con la musica in testa. Genio e sregolatezza, sempre con un piede fuori dal terreno, attitudine, vezzo, che gli costò non poche critiche, soprattutto se per i tifosi devi dedicarti esclusivamente alla partita, una sorta di comandamento impresso sulle tavole della “legge del supporter”. Al di là delle leggende del tifoso, ad immortalare Dougan, in una delle sue “scappatelle musicali”, ci fu una foto che lo ritrae sotto il palco dell’Ufo Club, prima di un concerto di sua maestà Jimi Hendrix. Il nord irlandese non si faceva mancare neanche l’esperienza americana, per la precisione a Los Angeles. Durante un ritiro pre-campionato del Wolverhampton, Dougan era solito bazzicare i locali del Sunset Strip, tra cui Troubador. La vetta più alta della sua carriera e passione musicale è avvolta dal mistero. Nel 1968 Dougan decide di incidere un 45 giri dal titolo “A goal for Dougie”, cover del brano “A dream for Julie” dei Kaleidoscope. Come nei migliori gialli, di quest’opera non si trova traccia.

Derek Dougan

Derek, il non-conventional man della classe operaia

La famiglia Dougan era originaria del quartiere Distillery. zona operaia, fortemente protestante, è lì che si forgia Derek. Il padre e il nonno entrambi manovali al porto, gente dura, vecchio stampo, con un passato in famiglia anche per loro calcistico.  Proprio suo nonno fu mediano nel Linfield. La passione di Dereck era la strada e di conseguenza il pallone. La prima squadra, dopo che fu scartato dal Linfield, fu il Distillery. Nel 1953 fu tesserato dalla società e contemporaneamente trovò un impiego da elettricista nei cantieri navali del padre. La sua anima anticonformista, libertaria, lo faceva allontanare spesso dal lavoro. Derek aveva in testa solo ed esclusivamente il calcio. Incredibilmente al suo primo ingaggio in prima squadra, nel 1955, vista la sua altezza di 1.92, fu schierato da difensore. L’anno successivo segna il goal decisivo della vittoria di Coppa contro il Glentoran. Su di lui iniziano a mettere gli occhi gli osservatori inglesi e dopo vari provini approda al Portsmount nel 1957. La sua vena sempre controcorrente, arricchita da una abilissima “lingua biforcuta”, lo condannerà ai margini dello spogliatoio. Il Portsmount ottiene una sofferta salvezza, mentre retrocederà l’anno seguente. Passa al Blackburn Rovers, ma l’aria triste e cupa non gli si aggrada e chiederà poi di essere ceduto nel finale di stagione.

Derek è così, prendere o lasciare

Mina vagante, calciatore enigmatico e talvolta volubile, negli ultimi anni della sua carriera divenne un girovago con il goal in tasca e la luna storta. Aston Villa e poi Leicester, sempre in contrapposizione con la società o con gli allenatori. In particolare a Birmingham fu celebre quando si presentò alla squadra completamente rapato a zero. Nel 1971, quattro anni prima di ritirarsi, ottenne una squalifica di otto settimane per insulti ad un guardalinee a causa di un goal annullato.

Derek Dougan e Best
(Derek Dougan e George Best)

Oltre le righe. Anche quelle del campo

Contestualizzando il calciatore-medio inglese degli anni 70, sempre lineare nella forma e abituato a un ambiente sportivo-sociale di stampo operaio, Dougan rappresentò un autentico calciatore sopra le righe. Derek era nudo e crudo, celebre ed indimenticabile nelle sue dichiarazioni e capace di attirare l’attenzione mediatica sulla sua immagine. Appese le scarpette al chiodo nel 1975, si ritirò all’età di 36 anni. Il suo spirito combattivo lo vide coinvolto in campagne di impegno sociale ed in favore dei diritti dei calciatori. Presidente del sindacato inglese dei calciatori dal 1970 al 1978, si batté per portare sul terreno di gioco un’unica nazionale irlandese, allora divisa dal conflitto tra cattolici e protestanti, a conferma del suo forte spirito di appartenenza.

Sergio Cimmino Nasce a Napoli nel 1982. Collabora in ambito comunicativo, radiofonico, musicale e culturale. Da freelance lavora per testate nazionali, web tv e ha contribuito alla realizzazione di musical ed eventi.

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