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Nick Piantanida. Il coraggio oltre misura

Nick Piantanida è stato un uomo straordinario. Affascinato dal superare i limiti, da autodidatta arriva nella stratosfera per tentare una delle imprese più ardite del suo tempo. L'ultima cosa che hanno visto i suoi occhi è stato il suo cielo blu. Immenso. Come lui.
Nick Piantanida

La reazione quando si fa il nome di Nick Piantanida è sorprendentemente sempre la stessa: un lungo sospiro, un sorriso accennato e poi, inevitabile, il commento che è il suo ritratto “Nick è sempre stato un testardo”.
Questo riassume abbastanza fedelmente chi fosse il truck driver del New Jersey Nick Piantanida, manca una sottolineatura fondamentale però. Tutto vero. Nick Piantanida è stato senza dubbio un testardo, ma soprattutto è stato un uomo con un coraggio oltre misura.

Prima di tutto il resto

Agli onori della cronaca, ma quasi dimenticato dalla storia, prima dell’Angel Fall, dello skydiving e della stratosfera, nella vita dell’ex truck driver del New Jersey c’è stato molto altro.
Nato nel 1932 a Union City (New Jersey), a soli 10 anni Nick decide di costruirsi da solo un paracadute per lanciarsi dal tetto di casa. Esito prevedibile, si rompe un braccio.
Alla domanda del perché lo avesse fatto, lui rispondeva ridendo “Perché no? Se qualcuno lo può fare, allora posso riuscirci anche io”.
Di fatto, Nick è un irregolare sin da subito e l’attrazione fatale per le imprese adrenaliniche lo seguirà per tutta la sua vita.
Negli anni del liceo studia, ma molto si dedica allo sport e lo fa a modo suo, marcando una sua personale distanza con l’apprendimento canonico. Nick impara da solo. Lo fa con il karate e con le immersioni. Soprattutto lo fa con il basket; elemento di punta della squadra liceale, ripreso un giorno dall’allenatore perché fumava a fine partita, lascia la squadra e inizia ad allenarsi da solo. Finirà a giocare i campionati della east coast.
Ma non era quella la sua strada.
Poi arriva l’esercito. Un gallone da caporale, tanta boxe e una voglia di cambiare vita che lo brucia dentro.
È qui che accade qualcosa.

La prima avventura

In uno dei tempi morti che la naja ha regalato a tutti, Nick sfoglia un giornale di avventura. Legge del Venezuela, dell’oro e dei diamanti nascosti nella Gran Sabana, uno dei luoghi ancora oggi più impenetrabili e selvaggi al mondo. Ne parla con il suo vicino di branda Walt Tomasshof. Una volta, due, tre e alla fine decidono; finito di servire Zio Sam, si parte. Nick però vuole qualcosa in più. Vanno bene oro e diamanti, a trovarli poi, ma Nick vuole l’impresa. Ha letto di un luogo da cui tutti si tengono lontani, un luogo che secondo i locali porta sfortuna e maledizione a chi gli si avvicini troppo. Il nome non lascia dubbi: Montagna del Diavolo.
Lo spettacolo è che dalla cima della montagna precipita una cascata che non è  una cascata qualunque.
Angel Falls, così si chiama alla faccia del diavolo, con i suoi 979 metri è la cascata più alta del mondo.
Inutile dire che Nick ha trovato la sua impresa.

angel falls
(Angel Falls)

Angel Falls

Impresa vuol dire soldi e i due non ne hanno, ma Nick è testardo, lo abbiamo detto.
Senza nessuna esperienza di alpinismo e arrampicata, iniziano una preparazione sommaria esercitandosi vicino casa, a Hoboken. Di giorno si allenano e poi fanno la notte a lavorare in una fabbrica di lattine. Incredibilmente Nick trova qualche sponsor tecnico – la Evinrude per un piccolo fuoribordo, la Colt per pistole al seguito, la Kodak per pellicole e macchine fotografiche, biglietti per Caracas dalla Grace Line Shipping – e alla fine, sommariamente equipaggiati e calzando Converse che dovranno resistere per tutta la spedizione, partono per il Venezuela.
Arrivare alla Montagna del Diavolo è già un’impresa di suo; tre settimane di canoa tra rapide, insetti e insidie amazzoniche di ogni tipo.
Il peggio però fu scoprire che pochi mesi prima Aleksandrs Laime, un esploratore lettone, aveva scalato la Devils’ Mountain e lo aveva fatto per primo. Insopportabile per Nick ed è così che decide di aprire una nuova via, la nord, quella bagnata.
Con traversie inenarrabili, costantemente bagnati, asfissiati da una temperatura umida che toglieva il respiro, gli scarponi da quattro soldi subito marciti e le Chuck Taylors attaccate ai piedi con un laccio, incredibilmente i due ce la fanno.

Fu vera gloria?

Quando tornano a casa senza oro né diamanti, qualche giornale parla della loro impresa, ma il fatto cade presto nel dimenticatoio.
Quello che Nick non dimentica, però, è l’adrenalina e quella sensazione di padronanza di sé stesso che la scalata gli ha regalato.
La vita poi segue il suo corso. Nick riprende a giocare a basket e si adatta a fare lavori di ogni tipo; operaio in una fabbrica di ricami, fabbro alla costruzione del Verrazzano Bridge e via dicendo.
Dalla finestra della sua cucina però Nick inizia a notare una ragazza che ogni giorno prende l’autobus alla fermata davanti casa. Come sia andata di preciso non lo sappiamo, ma fatto è che i due si conoscono, Nick la corteggia e alla fine lei, Janice Mcdowell, decide di accettare di uscire con lui. Al primo appuntamento Nick si presenta con tutte le foto delle sue imprese e avventure.
Sei pazzo!” gli dice lei.
Se mi metto in testa qualcosa, non posso non farla”, risponde lui senza scomporti.
Dopo un mese i due si sposano e si trasferiscono in New Jersey dove Nick, da sempre appassionato anche di animali, apre un negozio di animali esotici: gli piaceva tirarli fuori dalle gabbie e giocarci, sempre immortalato dalla videocamera di Janice.
Un giorno, però, accade altro.

Il paracadutismo

Accade che camminando sulla Jersey Shore Nick si accorge dell’apertura di un centro per il paracadutismo sportivo, il Lakewood Sport Parachute Center. Sono anni in cui il paracadutismo sportivo è ancora una rarità e la disciplina fa fatica a sdoganarsi dalla sua versione militare. Per Nick è passione a prima vista. Entra, si iscrive al corso.
Poche ore di addestramento e anche lui è pronto a saltare.
Di tante avventure, sembra che il primo lancio non lo abbia mai dimenticato. Sicuramente non l’ha dimenticato Janice che lo aspettava a terra con il naso in su.
Rimesso piede a terra Nick non era più lo stesso uomo. Aveva la strana consapevolezza che il paracadutismo sarebbe diventato ciò che lo avrebbe fatto stare bene. Non ci pensa troppo; mette in vendita il negozio di animali e, per avere più tempo libero per lo skydiving, inizia a fare l’autista di furgoni.
Si impegna poi come volontario al Lakewood Sport Parachute Center, saltando ogni volta che può.
Poteva bastare? A qualcuno forse sì, ma non a Nick perché lui, lo sappiamo, ha bisogno di andare oltre. Lui ha bisogno dell’impresa.

Nick Piantanida
(Nick Piantanida)

Uomini speciali

Joseph Kittinger, ufficiale USAF, è un uomo speciale. Primo uomo ad attraversare l’Oceano Atlantico in solitario su pallone aerostatico, il 16 agosto 1960 è anche il primo uomo a lanciarsi dalla stratosfera da 33,1 km.
Anche il russo Andreyev Yevgeni è un uomo speciale. Ufficiale delle forze aeree sovietiche, il primo novembre 1962 si lancia anche lui dalla stratosfera, da 25,5 km.
Russi e americani sono in corsa per lo Spazio e tutti e due gli ufficiali sono inquadrati nelle rispettive attività sperimentali dei progetti spaziali.
Nick Piantanida non è un militare, non ha rapporti preferenziali con le forze armate americane, ma vuole essere l’uomo a salire più in alto di tutti nella stratosfera e a lanciarsi da dove nessuno si è mai ancora lanciato.

Missione Strato-jump

Il metodo di Nick è sempre lo stesso. Decide di fare una cosa e inizia a studiare. Tanto, tutto il possibile ed è così che, almeno all’inizio forse in maniera inconsapevole, Nick diventa l’inusuale protagonista di un progetto di ricerca aeronautico-spaziale individuale. 
L’impresa ha da subito un nome, bello e accattivante: Strato jump.
Adesso è necessario trovare una squadra, impresa non facile.
La necessità più grande era la tuta pressurizzata, nessuna compagnia però era disposta a prestarne una ad un civile come Piantanida, un autodidatta dello Spazio.
Nick, ovviamente, non molla; continua i suoi corsi di preparazioni, prende brevetti, si lancia quasi una volta al giorno, lavora di notte, scrive all’Aeronautica, alla Marina, a politici, finanziatori, giornalisti e lancia persino una sottoscrizione pubblica, un fund raising come diremmo oggi. Alla fine la sua caparbietà è premiata.

(Nick Piantanida)

First Strato-jump

22 Ottobre 1965. La squadra è pronta. Il pallone è attaccato alla gondola, la tuta arancione aspetta solo di essere indossata, Nick sa che non si torna indietro.
Un ultimo bacio a Janice e si avvia verso il suo futuro.
La prova però si interrompe a 16.000 piedi: le condizioni meteo sono avverse, il vento spezza la parte alta del pallone e Nick è costretto ad un atterraggio di emergenza. Una volta a terra a Janice che lo raggiunge correndo dice una sola cosa “devo riprovare”.

Second Strato-jump

2 Febbraio 1966. Nick Piantanida è pronto a salire di nuovo sulla gondola, stavolta si parte dal South Dakota e l’obiettivo è arrivare a 123.500 piedi di altitudine e poi saltare con il paracadute.
Sale Nick, sale.
Tutto sembra andare per il meglio, ma nel momento del salto arriva il problema: Nick non riesce a staccarsi dall’oxygen line attaccato alla tuta. Non può saltare.
Per farlo scendere di nuovo a terra, i tecnici inviano un segnale radio al pallone che si stacca staccato dalla gondola permettendo a un paracadute di aprirsi per accompagnane la discesa.
Senza il pallone attaccato alla gondola non era possibile però riconoscere il primato a Piantanida.
Ancora una volta il sogno di Nick sfuma, ma alla conferenza stampa che segue la missione è perentorio, anche se dice che sarà l’ultima. Chissà se in cuor suo ci crede veramente. O chissà se non sia un presentimento.
Sorprende tutti, compresa Janice che rimane stretta in una sua strana sensazione di cui non gli parlerà mai.

Nick e Janice
(NIck Piantanida con la moglie Janice)

Third Srato-jump

È la mattina del primo Maggio 1966. Il team di Nick non si presenta al lancio. Girano voci su una festa della sera precedente finita troppo tardi, l’unico dato di fatto è che chi è presente non è preparato abbastanza.
Nick prende in mano la situazione e indossa la sua tuta arancione. Bacia Janice che scoppia in un pianto disperato. Per ogni passaggio che lo separa dal lancio, l’uomo si gira a guardare la moglie, saluta con la mano, sorride.
È tutto pronto. Sale sulla gondola. Inizia la salita.
L’umore è al massimo, sembra andare tutto bene.
Ancora una volta sale al cielo.
Poi, la radio. Improvvisa si sente una parola smozzicata…“Emergen…”, poi niente.
È chiaro che c’è qualcosa che non va. Nick non risponde ai richiami.
Senza aspettare ancora, da terra danno inizio alle procedure per far rientrare il pallone. Ci vorranno 26 interminabili minuti prima che tocchi terra. All’apertura delle porte Nick è privo di sensi, lo liberano dalla tuta, cercano di rianimarlo sul posto, ma poi via di corsa verso l’ospedale.
Janice prega e ripensa alla sua sensazione di qualche mese prima.

Piantanida dopo l'incidente
(Nick Piantanida soccorso a terra. Photo Credit: Life)

È andata così

Nick è in un awake coma, il suo corpo è come addormentato, ma lui sembra sveglio. La moglie gli è sempre accanto, gli parla della vita, dei figli, dei loro progetti futuri. Lo fa per quattro mesi senza avere mai risposta.
Il 29 agosto la risposta la dà la vita. È lei che si riprende Nick.
Per qualche motivo mai chiarito a 57.000 piedi la tuta di Nick si è depressurizzata, l’ipossia è stata fatale.
Ma questo, in fondo, è solo un dettaglio.
Nick Piantanida, l’uomo dal coraggio oltre ogni limite, se n’è andato così.
Quello che è certo è che l’ultima cosa che gli ha riempito gli occhi è stato il suo cielo. Immenso.

Angry sky

La storia di Nick Piantanida è raccontata da un documentario del 2015, Angry sky, con immagini di repertorio, foto e interviste a chi lo conosceva e a chi ha partecipato attivamente alla missione Strato-jump.
Nelle ultime scene del documentario, Walt Thomassof, anche lui ormai invecchiato, ricorda l’avventura dell’Angel fall.
 “It was the angel’s fault”, è stata colpa dell’angelo, dice alle telecamere.
La maledizione ha fatto purtroppo il suo corso.  

Record
(I record della stratosfera. Photo credit: ESPN)

Quello che è venuto dopo

14 Ottobre 2012, Felix Baumgartner salta dall’altezza di 39 mila metri.
Vede la curvatura della terra, il silenzio lo abbraccia.
Felix prega e pensa a chi lo aspetta a terra.
Tra i volti che gli passano davanti gli occhi, sono sicura che ci sia stato anche quello di Nick Piantanida, come lui uomo dal coraggio oltre misura.

 

Rachele Colasante nata a Roma nel 1999, da sempre incuriosita dalle storie, studia Lettere a RomaTre cercando di scrivere la sua al meglio. Ancora non sa dove la condurrà il suo percorso, ma per ora si gode il paesaggio.

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