Ho incontrato più volte Cesare Sangermani, il “Cé” per gli amici, soprattutto quando abitavo a Genova. Di tutti gli incontri ne ricordo due: al varo d’Artica II il 20 aprile 1956 e alla partenza della Giraglia, sempre lo stesso anno, a Sanremo sul molo del Porto vecchio. Al varo di Artica II, Sangermani solitamente burbero, era commosso. Vedeva in quella barca uno scafo vincente che avrebbe premiato non solo il progettista ma anche il costruttore. Nello stesso giorno è varato anche il motor sailer Oliana II di Filippo Riva. Al secondo incontro, nell’attesa della partenza della Giraglia, Sangermani mi disse bruscamente che non gli era piaciuto un mio articolo. Tutto finì lì. Più tardi avviandomi verso l’abitato mi afferrò per un braccio e mi disse: “Non viene a mangiare con me?”. Naturalmente accettai. Entrambi avevamo dimenticato il rimprovero.
Barche per tradizione
Figlio d’arte, era nato a Recco nel 1896. Il padre Ettore, in una piccola “bottega” di Mulinetti, Recco, costruisce barche per i locali e le derive delle classi liguri da regata anche per il figlio Cesare. Nel 1928 con la deriva della classe 5,50 dell’ULPY, Unione Ligure Piccolo Yachting, Cesare vince il campionato della classe disputato su più prove nel golfo di Genova. Dalla passione per la vela agonistica a continuare con il fratello Piero il lavoro di costruttore del padre, il passo è breve. Nel 1934 a Rapallo, dove si trasferiscono per mancanza di spazio, all’inizio della Seconda guerra mondiale a Riva Trigoso e, dal 1946, a Lavagna.
Le prime barche
Cesare Sangermani non solo costruisce barche disegnate da noti progettisti come Jack Laureny Giles, John Illingworth, Olin Stephens e Philip Rhodes per ricordarne alcuni, ma disegna lui stesso quelle che sono costruite nel cantiere sotto la guida del fratello.
Nel “suo” periodo di cantiere vara oltre duecento imbarcazioni.
La prima, costruita in quello di Lavagna quando era ancora in corso d’allestimento, è Nibbio II di 5,50 metri che Cesare non volle mai vendere e che, per porre fine alle richieste, brucia. Allora, la prima importante imbarcazione di Cesare Sangermani è Radiosa Aurora del conte Giulio Tondani, una goletta di 19,20 metri varata nel 1948.
Le barche per la Marina Militare
Invece è stata Chiar di Luna, una terza classe Rorc di 10 metri della Marina Militare italiana, a far conoscere il cantiere e, soprattutto, Cesare Sangermani come progettista in campo internazionale. Con questa imbarcazione il colonnello Gianni Pera, abile skipper e profondo conoscitore delle barche d’altura, ottiene affermazioni in Italia e all’estero. Inoltre, è la prima barca italiana ad andare nel secondo dopoguerra a gareggiare nel Solent partecipando alla Settima di Cowes del 1954. È un’iniziativa di Pera, se la nostra Marina Militare fa progettare da John Illingworth e, naturalmente, costruire da Sangermani, Artica II, un noto seconda classe Rorc di 12,91 metri. Il nome ricorda il 10 tonnellate stazza del Duca degli Abruzzi che nel 1902 vince a Marsiglia la Coppa di Francia. Sempre per la Marina costruisce nel 1964, su disegno di Olin Stephens il prima classe Rorclor Stella Polare di 21,46 metri che nel 1966 stabilisce il record della Giraglia in 29 ore nette imbattuto fino al 1984.
Altre barche da ricordare, ma tutte dovrebbero esserlo
Altri gioielli costruiti da Cesare Sangermani sono: Gitana IV del Barone Edmondo de Rotschild, una barca mediterranea di 27,57 metri arrivata prima al Fastnet del 1965; Susanna II, un Giles di 19,30 metri del 1964 di Ciro e Alba Brainovich vincitore di tre Giraglia consecutive dal 1964 nella prima classe e, infine, Mabelle uno Stephens di 13,82 metri del 1969 di Serena Zaffagni, primo in tempo reale nella Giraglia dello stesso anno.
La filosofia di Cesare
Il legno è il materiale usato per la costruzione di quasi tutte le barche di Cesare Sangermani. “Io – disse in un’intervista del 1974- “non sono capace di fare le barche solo per guadagnare, così come altri fabbricano biciclette e frigoriferi, io le barche le faccio col cuore, le sogno di notte, le accarezzo, le ritocco come fa il poeta con i suoi versi, per me ogni barca è un’opera d’arte; non può, non deve uscire dal mio cantiere se non è perfetta”.
Questa, era la filosofia di Cesare Sangermani.
Ci ha lasciato a Lavagna nel 1976.