I numeri inseguono Clarenore Stinnes da sempre.
1,2,3,4…si scontrano nella sua mente che cerca nuovi collegamenti in ogni aspetto della realtà.
5,6,7,8…tiene il ritmo sulle dita sottili che tradiscono una mente che già cerca di essere sempre un passo avanti.
9,10…lei non si ferma.
Mai.
Spingo il tempo al massimo
La vita di Clara Eleonore Stinnes – per tutti Clarenore – ha sempre avuto un ritmo incalzante. Nasce il 21 gennaio 1901 nella cittadina di Mulheim in Germania, figlia dell’imprenditore Hugo Stinnes e da subito è inserita nel jet-set tedesco. È un’erede del nuovo secolo, ma a balli di gala e incontri formali preferisce “prendere in prestito” la macchina del padre da guidare intorno alla sua fabbrica. A soli quindici anni non sono tante le ragazze che possono vantare tutte quelle ore in auto.
Per lei è puro divertimento, un modo per staccare dal mondo polveroso che la circonda, scevro di promesse particolarmente allettanti. Le piace la metodicità della guida, eseguire precise manovre, ma soprattutto il doversi affidare completamente al proprio istinto. E poi la sfida perenne: senza dirlo al padre (anche se teme se ne sia accorto) porta tutti i giorni uno dei suoi orologi nel taschino che usa per tenere sott’occhio il tempo impiegato a compiere un giro completo della sua fabbrica.
Numeri che si inseguono, si confondono, ma offrono a Clarenore un conforto tangibile: sei brava, stai migliorando. I risultati a poco a poco diventano sempre più evidenti, talmente tanto da convincere l’irreprensibile Hugo Stinnes a farle prendere la patente di guida allo scoccare dei suoi diciotto anni.
Sud America
Di passioni, però, non sempre ci si può vivere. Per qualche anno, Clarenore deve mettere da parte le automobili e imbarcarsi in una nuova avventura. Mette la sua confidenza con i numeri a servizio di una divisione dell’industria paterna in sud America. Sono anni sereni in cui Clarenore usa l’auto solo per andare al lavoro e per qualche gita fuori porta quando le sue campagne tedesche le mancano troppo.
È giovane e sa che la vita da (futura) industriale le è stata cucita addosso eppure qualcosa sembra mancarle. Lontani sono i giorni in cui rubava le chiavi della gigantesca macchina di Hugo e le sembra difficile riuscire a trovare qualcos’altro che le piaccia allo stesso modo.
Ma una donna non può fare delle macchine il suo lavoro, vero? Vero?
Battuta di arresto
Nel 1925 deve tornare in Germania. Hugo è morto e lei si sente mancare la terra sotto i piedi. I mesi successivi sono un brusio confuso; parole si sovrappongono, volti si scontrano e Clarenore trova difficile capire come far tornare tutto a com’era prima.
Spesso cammina nella grande tenuta degli Stinnes e le sembra di sentire ancora la voce profonda del padre chiamarla dal suo ufficio. Improvvisamente, in una giornata come tante, trova il coraggio di andare nel garage, regno indiscusso di Hugo, dove una Clarenore più giovane si intrufolava convinta di non essere vista. Eccole lì, le macchine del padre, coperte da un sottile strato di polvere che sembrano sospese, in attesa che qualcuno le porti fuori a sgranchirsi un po’.
Clarenore le accarezza una ad una, avvertendo un fuoco sopito tornare sempre più acceso dentro di sé. È una questione di attimi: entra nella prima vettura che le capita sotto tiro ed esce fuori, finalmente con la mente un po’ più leggera.
Giorno dopo giorno ecco che un nuovo piano si fa strada nell’analitica mente di Clarenore.
Ha ventiquattro anni e la possibilità di smuovere mari e montagne, perché non approfittarne?
Di nuovo a bordo
I mesi seguenti vedono il nome di Clarenore Stinnes rimbalzare di giornale in giornale. Finalmente il suo sogno sta assumendo contorni più definiti. Adesso è una pilota di auto da corsa e ottiene risultati di grande rispetto. Presto diviene una delle pilote più famose d’Europa e gira tutti gli autodromi più importanti. Le piacciono i calcoli dell’automobilismo, la velocità da mantenere, la lunghezza della pista, ma anche il suono del motore. Ama la velocità e la libertà che ne deriva. Ogni volta vuole spingersi più avanti, sempre di più.
Ma le piste tedesche, improvvisamente, per Clarenore Stinnes diventano strette.
È il maggio del ’27 e tutto il mondo ha il naso all’insù per osservare il volo transatlantico di Charles Lindbergh. Per Clarenore quell’impresa ha un qualcosa di eroico, quasi ancestrale nella libertà che ne deriva.
Il pensiero arriva come un lampo. Vuole farlo anche lei. Può farlo anche lei.
Il primo passaggio è prendere una delle mappe gigantesche che costellano l’ufficio del padre. La srotola e con una penna rossa segna il percorso che, secondo lei, bisogna seguire.
L’entusiasmo che la coinvolge è quasi febbrile. Clarenore riesce a convincere tre giganti dell’industria automobilistica (Adler, Bosch e Aral) della validità dell’impresa e ottiene un budget di 100.000 franchi. Il lancio pubblicitario dell’avventura e la sua effettiva organizzazione sono organizzati a velocità battente per fare in modo che il 25 maggio 1927 tutto sia pronto per la sua partenza.
Clarenore è pronta e così lo è la sua squadra. Con lei partono due meccanici a bordo di un’altra auto che la seguirà, il suo cane Lord e un foto reporter svedese, Carl-Axel Soderstrom.
Il viaggio inizia
I due s’incontrano un paio di giorni prima della partenza, ma la diffidenza iniziale inizia a sgretolarsi non appena Carl impugna per la prima volta la sua macchina fotografica.
“Miss si metta vicino all’auto che così pulita non la vedremo a lungo!”, scherza lui prima di infilarsi nell’abitacolo e aver lanciato un bacio frettoloso alla moglie Martha che lo guarda da dietro la cortina di giornalisti.
Il loro viaggio parte da Francoforte e punta verso est, attraverso i Balcani, la Siberia e il deserto del Gobi per arrivare fino a Pechino. I chilometri da percorrere sono tanti e gli ostacoli non tardano ad arrivare.
La macchina subisce diversi danni: le gomme esplodono, diversi bulloni volano via su quelle che è impossibile chiamare strade. L’inverno russo non perdona e devono aspettare diversi giorni prima di poter ripartire in sicurezza. Nel frattempo, a causa di tutti questi problemi, i due meccanici che avrebbero dovuto accompagnare Clarenore per l’intera durata del viaggio decidono di abbandonarla prima del suo imbarco per il Giappone.
La stanchezza inizia a farsi sentire anche con lei, ma Clarenore non la lascia diventare ostacolo alla sua corsa verso la fama.
Forse l’unica cosa che sta cercando è la risposta alla domanda “perché lo fai?”
Clarenore non è ancora del tutto sicura, ma all’arrivo sul suolo americano dopo una lunga traversata Giappone-Hawaii-Los Angeles, il suo obiettivo sembra esserle più chiaro.
Subito dopo aver lasciato indietro Lord e la seconda macchina, lei e Carl prendono quello che sembra il centesimo traghetto verso il Sud America.
Un cerchio sembra chiudersi: Clarenore Stinnes la figlia dell’ex industriale, scappata da una vita già segnata, ritorna come giovane avventuriera ormai navigata dove era già stata. O meglio, dove la sua vita già impostata l’aveva fatta andare.
Anche qui le difficoltà sono molte. I due si spostano fra il Perù, la Bolivia e l’Argentina fino alle Ande affrontando terreni mai visti prima. Disavventure tante. Una volta la loro Adler Standard 6 rimane incastrata nelle sabbie mobili e ci vogliono quarantadue uomini per tirarla fuori. Poco meno di una settimana dopo, Clarenore e Carl si devono fermare davanti a rocce troppo grandi che ostruiscono il passaggio e sarà necessario far brillare la dinamite per poter proseguire.
Al Lago Titicaca sono costretti a fermarsi in attesa dell’arrivo di un pezzo di ricambio dalla Germania e per permettere a Carl di riprendersi da una brutta tosse che non sembra volerlo lasciar stare. Le notti lungo il lago sono lunghe e l’unico modo per Clarenore di far tacere i numeri che le rimbombano in testa è parlare con Carl per ore ed ore, condividendo i dubbi che solo chi è sulla strada da così tanto tempo conosce.
Ormai sono lontani i giorni in cui si davano del lei, adesso niente ha più valore se Carl non può fotografarlo o Clarenore non scriverlo sul suo diario.
Finalmente si lasciano alle spalle i terreni avversi del Sud America per tornare in America dove toccano Washington D.C e poi New York. S’imbarcano nuovamente su un traghetto per Le Havre, in Francia, senza nascondere troppo la felicità di tornare sul suolo europeo.
Il tratto finale verso Berlino passa in un baleno, come se la macchina ormai fosse un atleta allenato cui non pesa fare l’ultimo chilometro di corsa.
24 giugno 1929
Clarenore Stinnes e Carl-Axel Soderstrom entrano a Berlino come eroi, portando con sé la storia di come i 46.758 chilometri percorsi siano stati i più belli della loro vita. Entrambi, anche senza ammetterlo a parole, si sentono persone nuove, con occhi più lucidi e la mente più aperta. Sono stati due anni lunghi e sapere che entrambi hanno visto lati di sé che ad altri resteranno per sempre sconosciuti fa uno strano effetto.
Ormai è inutile negarlo: sono in due, ma è come se fossero uno.
Clarenore e Carl si amano.
Una nuova vita
Carl divorzia presto da sua moglie Martha e non esita nel trasferirsi in Svezia con la sua Clarenore. Si sposano subito, nel 1930, e acquistano una fattoria per scappare dai rumori eccessivi della città.
I due passeranno lì tutta la vita, insieme ai loro tre figli. Clarenor ormai convive con il suo demone della velocità, sopito sotto anni e anni di addomesticamento.
I numeri che hanno inseguito Clarenore Stinnes tutta la vita ormai hanno perso di senso, sostituti da una tranquilla realizzazione: forse la risposta a quella domanda che tanto l’ha perseguitata era da sempre dentro di sé.
Forse lei era davvero tutto quello di cui aveva bisogno.
Ci voleva solo un globo intero a dimostrarglielo.