Ragazzini imbragati e stivati l’uno accanto all’altro, senza quasi lo spazio per respirare, tutti attenti a proteggere con la mano il sistema d’apertura del paracadute.
Senti la turbina del Pilatus salire di potenza e urlare, mentre divora la pista e decolla. Il casco allacciato, il portello serrato, per i primi 300 mt di quota, dove se qualcosa va storto sei nelle mani del pilota e del tuo dio, sei solo, con il tuo sudore, i tuoi pensieri e le tue paure. L’adrenalina pompa, mentre guardi a uno a uno i paracadutisti più esperti e i tandem, alla loro prima esperienza di volo.
Si apre uno spiraglio al portellone, ci si toglie il casco e finalmente si respira, mentre la terra si allontana. Guardo l’altimetro che segna 1500 mt. e so che, in caso di problemi, si salta impugnando la maniglia del paracadute per aprire immediatamente.
Si scherza, lanciandosi battute, come una palla in un campo di basket, mentre l’altimetro accumula metri, e sai che ora, fino alla quota limite, se l’aereo ti molla, seguirai le disposizioni del direttore di lancio e salterai, aprendo alla quota assegnata.
Torniamo ad indossare il casco, ci si controlla reciprocamente ancora una volta l’attrezzatura per poi batterci il cinque augurale e concentrarci sul lancio.
Finalmente il pilota comunica che manca un minuto al lancio.
Il cuore schizza, danzando tra le tue paure e l’ultimo check al materiale e alle procedure d’emergenza.
Il portellone è spalancato sui 4000 metri di cielo, che aspettano solo di accoglierti.
Uno a uno i tandem si siedono sul bordo, con i piedi fuori nel vuoto e il terrore nello sguardo del passeggero, seguendo il cameramen, che si è appollaiato fuori dall’aereo.
Via, via, via e resto solo io, con i miei antichi dubbi, sempre riemergenti: dominerò le mie emozioni?
Mi posiziono, guardo il vuoto, un ultimo controllo e urlo ready, set & go per abbracciare il sogno di Icaro e volare incontro alla terra a oltre 200 km all’ora.
Pare tutto facile, quando si è giovani e l’irruenza controlla il cervello, ma a 66 anni molti mi dicono che dovrei fare come tutti i pensionati e seguire lo stato di avanzamento dei cantieri stradali.
Io, però, sono cresciuto al motto mens sana in corpore sano e non posso smettere di fare attività fisica solo perché lo vorrebbe la carta d’identità, poi se oltre alla mountain bike, alle arrampicate su ferrate ormai tranquille e a lunghe passeggiate con la mia Border Collie, mi metto a fare anche paracadutismo sportivo, è segno che la mia giovanile follia non ha ancora abbandonato quel che resta del mio cervello.
Per la verità non sono nuovo al paracadutismo: ho fatto i primi lanci vincolati dal mitico C119, quello con la doppia coda, nel 1972, ma quello era come fare un tuffo dal bordo della piscina: il paracadutismo sportivo ora è come saltare dalla piattaforma di 10 mt in un bicchiere d’acqua, ma con molta più sicurezza dei miei primi lanci.
Ho sempre amato stare in aria e dopo la prima parentesi paracadutistica, ho vissuto gli albori del parapendio, quando si saltava da ogni dove, solo con la vela principale, senza emergenza, ma poi famiglia e lavoro mi hanno riportato con i piedi a terra, fino a un paio di anni or sono, quando la pensione mi ha fatto capire da subito che non prevedeva dosi di adrenalina, per cui ho risvegliato e ripreso ad inseguire l’Icaro che sonnecchiava nella mia mente.
Ho costretto il mio fisico a tornare in forma, mi sono messo a dieta e ho fatto alcune sessioni di indoorfly nel verticalpipe di Logatec (Slovenia), dove ho acquisito le basi dello stare per aria.
Così in 4 giorni di corso AFF- Accelerate Free Fall ho superato l’esame teorico (avevo studiato molto, anche perché quelle nozioni mi aiuteranno a superare possibili emergenze e malfunzionamenti) e i 7 livelli, senza sbagliare nulla.
Ho conseguito il brevetto FF-Free Fall, ovvero di caduta libera, a 63 anni e da allora ho continuato ad affinare le mie abilità, con costanza, perché il paracadutismo, come tutti gli sport, richiede una partecipazione attiva.
È un mondo fantastico, che ti prende intimamente e ti fa comprendere cosa significa essere un drogato: la dipendenza da adrenalina regola le tue giornate in attesa che arrivi il fine settimana, auspicando che il meteo consenta di fare attività e più mi addentro in questo enclave, mi rendo conto di non essere il solo vecchietto arzillo, alla ricerca di emozioni, ma che molti sono quelli, che nonostante i capelli grigi, quando ci sono, l’addome prominente e qualche acciacco di troppo, professano il paracadutismo in tutte le sua varianti, dalla tuta alare, al freefall, passando per il lavoro relativo rw, all’atmo, con passione e grande abilità.
Del resto non vi è sport più facile da praticare, visto che ti caricano, ti portano in quota, salti e l’unico sforzo fisico e quello di tornare a piedi in hangar dal punto di atterraggio.