Il calcio brasiliano ha tante date da ricordare, non fosse altro per cinque titoli mondiali, cinque meravigliose stelle che brillano sulla maglia verdeoro più pesante da indossare. Quando laggiù, piccolo grande angolo del pianeta, parli di numeri si pensa alle serpentine di Garrincha e Jairzinho, alla creatività di Romario e Ronaldinho Gaucho, ai terra aria di Zico e Roberto Carlos. Poi, più su dove tutti guardano ma nessuno arriva, c’è la nuvola numero 10. Dove sta Pelé avvolto nella leggenda che dice 1281 reti, 0.93 a partita nelle gare ufficiali e tanti altri numeri da far girare la testa. Patrimonio storico-sportivo dell’umanità e soprattutto un’eredità pesante per tutti anche al di fuori dei confini nazionali. Messi e Maradona sono lì a contendere il trono, tema infinito del più inutile dei dibattiti, con Ronaldo il fenomeno, Cristiano, Cruyff, Best, Di Stefano vicini se non vicinissimi alla corona.
Il numero uno dei numeri uno
Tutti numeri uno. Pelé (dico come lo chiamavano a casa e per strada all’inizio) un po’ di più, anche per un altro record. Lui, oltre a bucarla regolarmente, la porta l’ha difesa con i guanti e talvolta a mani nude. Da “goleiro” del suo Santos per quattro partite ufficiali e, spesso e volentieri, in allenamento. Ci sa fare, soprattutto in mezzo ai pali, compensa l’altezza così così con le molle sotto ai piedi ed il tempo, le stesse caratteristiche che gli consentono di arrivare prima del difensore, coordinato come nessuno. Il buon Tarcisio Burgnich può spiegare meglio.

La data da ricordare
E dove volevamo arrivare. È il 19 gennaio 1964, semifinale della coppa nazionale tra Gremio e Santos. La sblocca Pepe, soprannominato “il cannone della città” per il sinistro micidiale, sarà lui per sempre ad essere indicato come il partner più letale di Edson Arantes do Nascimiento. La ribalta, rabbioso il Gremio – passione infinita di mezza Porto Alegre – con tre reti in sei minuti. La decide Pelé, la sua firma è tripla, due volte dagli undici metri. È il minuto 84, quando la Perla nera firma il 4-3, a emozioni sembra che possa bastare. Solo Gilmar, mitico portiere dei Santasticos, non è d’accordo, protesta esageratamente contro l’arbitro per un fallo ai suoi danni ignorato dall’arbitro. Si fa cacciare, riaccendendo il finale.
Pelé non si scompone, cambia la maglia bianca con la nera del portiere, comincia a dare ordine ad una difesa assediata dal disordinato arrembaggio azzurro, bianco e nero. Pelé sventa due pericoli, l’ultimo con un prodigioso intervento, ed inchioda il risultato. Ecco perché il Santos non ha un vero e proprio portiere di riserva, ecco perché due anni dopo il Brasile decide di portare solo Gilmar e Manga del Botafogo, quando di norma sono tre i portieri nella rosa dei ventidue per il mondiale inglese. Non serve, ma se serve Pelé è pronto ed in un torneo ancora senza sostituzioni può far comodo. Il buon Giacomino Bulgarelli può spiegare meglio.
Clean sheet
Pelé gioca quattro partite tra i pali tutte con il Santos subentrando al titolare a partita in corso, tutte dopo aver marcato una o più reti e tutte restando imbattuto. Nel 1959 contro il Comercial FC (una rete), nel 1964 come detto contro il Gremio (3 reti), nel 1969 contro il Botafogo (1 rete, la sua numero 999) ed infine 1973 negli USA, sempre con il Santos contro Baltimore Bays (2 reti di cui una direttamente dal calcio d’angolo). Per supplemento di cronaca, la partita era nel contesto del torneo “Progresso Italiano” con la finale Santos vs Lazio 4-2 con Pelé e “Long John” Chinaglia a segno due volte ciascuno. Da lì a breve si ritroveranno, con Kaiser Franz, a New York per scrivere pagine di soccer mai immaginate prima.

L’erede, almeno tra i pali, possiamo dire ci sia stato
Edinho, uno dei suoi sei figli riconosciuti, ha avuto una discreta carriera proprio nel Santos, ma senza mai raggiungere la Selecao schiacciato dall’ingombrante confronto con il mito. Pelé, invece, in nazionale gioca 92 partite tutte da numero 10. Giurano i suoi compagni di quell’irripetibile Santos, due volte campione intercontinentale, che sarebbe potuto diventare il portiere della nazionale senza rivali – e forse gli sarebbe piaciuto -, ma è andata bene così. Di lusso. Tutti d’accordo.