Non è stato bello, di più.
La cortina di fumo che aleggia nei sogni si era disvelata.
È stato incontrollabile perché non avevamo mai visto così nitidamente.
Ci credevamo perché era tutto possibile, perché era stato possibile svettare in mezzo all’aria a pochi minuti dalla fine e infilarla alle spalle di Buffon.
Sotto la loro curva. A casa loro.
Ci credevamo anche razionalmente, per questo avevamo paura e ragionevole sicurezza al contempo.
Perché un calcio così e 91 punti nessuno di noi li aveva mai visti.
Mi direte “vabbè ma conta vincere (verissimo! ndr), ancora stai a pensare a ciò che sarebbe potuto essere e non è stato?”.
Certo. Ma è stata una delle emozioni più forti della mia vita.
Quella calcistica sicuramente.
Perché chi ha questa malattia non può farne a meno…perché non ricordo nulla da dopo il gol in poi eccetto mio padre e mio fratello addosso a me, per terra e senza voce; perché chiamai il mio amico per andare a Capodichino nel cuore della notte e perché per 48 ore non ho lavorato, non ho pensato ad altro, non ho fatto nient’altro che rivedere il 26 che la insaccava.

Muhammad Ali. La sera dell’Astrodome
14 novembre 1966, all’Astrodome di Houston Cleveland Williams sfida Muhammad Ali. 7 minuti e 8 secondi, tre riprese per quello che molti considerano il più bell’incontro di Ali. Un incontro che una fotografia di Neil Leifer fissa nel tempo con una forza espressiva immensa. Questa è la storia di una Farfalla, di un Grande Gatto, di una 357 magnum e di un grande fotografo.