Il 2012 è un anno straordinario per il siepista keniota Abel Kiprop Mutai: oro ai Campionati Africani tenutisi in Benin sui 3000 siepi; bronzo ai Giochi Olimpici di Londra sulla stessa distanza; e, infine, record personale di 8’01’’67 fatto segnare a Roma.
Per chiudere in bellezza, il forte mezzofondista partecipa al Cross de Navarra de Burlada, che si tiene nei pressi di Pamplona, in Spagna, il 2 dicembre 2012. Come da pronostico, l’atleta africano domina la corsa, accumulando un consistente margine sugli inseguitori.
Sul rettilineo finale, superato un gonfiabile a forma di arco, Mutai si ferma, alza le mani al cielo in segno di vittoria e con un bel sorriso saluta il pubblico. Ma tra gli spettatori si alza un brusìo sommesso, che presto si trasforma in un boato assordante.
Dalle retrovie sbuca il primo degli inseguitori, il basco Iván Fernández Anaya, un modesto mezzofondista ventiquattrenne che aspira, senza troppe speranze, alla convocazione con la nazionale spagnola per le Olimpiadi di Rio del 2016. Lo spagnolo raggiunge Mutai e…
Cosa è realmente accaduto
Mutai crede di aver vinto la corsa campestre, ma in realtà il traguardo è poche decine di metri più avanti, sotto un secondo gonfiabile a forma di arco. Una scelta discutibile degli organizzatori che ha confuso il keniota, probabilmente, ma tant’è. Per Iván Fernández Anaya, si apre una inaspettata possibilità di vittoria in una gara internazionale, anche se a pochi chilometri da casa sua, che gli consentirebbe di mettersi in mostra e attirare l’attenzione dei vertici della federazione iberica. Gli basta continuare a correre, lasciandosi alle spalle lo sconcertato avversario.
La scelta del basco
Ma l’atleta basco, in un atto istintivo che dimostra tutta la sua sportività, si ferma, indica il traguardo a Mutai e gli si accoda, giungendo soltanto secondo, ma guadagnandosi gli applausi degli spettatori sbigottiti, che ancora non si capacitano di ciò a cui hanno appena assistito.
La vittoria del fair play
Una vittoria del fair play, dei valori che dovrebbero sempre accompagnare il confronto sportivo; una lezione magistrale sul significato della sportività, dei sani principi, dell’etica, in definitiva dell’onore, in tempi in cui quello che conta è l’esasperante ricerca della vittoria a ogni costo. Alzi la mano chi non avrebbe approfittato di un’occasione così ghiotta!
In sala stampa
“Perché lo hai fatto?”, gli chiede un giornalista, stupito come tutta la sala stampa.
“Il mio sogno è che un giorno potremo avere qualcosa come una vita fraterna”, risponde Anaya.
“Ma perché hai lasciato vincere il kenyota?”, insiste il giornalista, che evidentemente non sa cosa farsene delle frasi idealiste.
“Non l’ho lasciato vincere, lui stava per vincere”, dice il basco con un sorriso.
“Ma avresti potuto vincere tu!”, incalza il giornalista, suscitando la risposta stizzita dell’atleta spagnolo.
“Ma quale sarebbe stato il merito della mia vittoria? Quale sarebbe l’onore di questa medaglia? Cosa avrebbe pensato mia madre? Anche se mi avessero detto che la vittoria mi avrebbe garantito un posto nella squadra spagnola per i campionati europei, non l’avrei fatto. Naturalmente, sarebbe stata un’altra cosa se ci fosse stata in gioco una medaglia mondiale o europea. Quindi, penso che, sì, lo avrei sfruttato per vincere… Ma ora penso anche che è possibile guadagnare un nome più avendo fatto quello che ho fatto, che se avessi vinto. E questo è molto importante, perché oggi, nel modo in cui vanno le cose in tutti gli ambienti, nel calcio, nella società, nella politica, in cui sembra che tutto sia permesso, un gesto di onestà è anche più importante.”
La reazione del suo allenatore
L’allenatore di Iván, il campione del mondo di maratona a Goteborg 1995 Martín Fiz, non sembra prenderla molto bene. “L’ha fatto un uomo migliore, ma non un atleta migliore, non ha sfruttato una occasione. Io non lo avrei fatto.”
Il Fair Play Award
Fortunatamente, non tutti la pensano come il campione iridato di Vitoria. L’Associazione internazionale della stampa sportiva, infatti, assegna a Iván Fernández Anaya il prestigioso Fair Play Award 2013. Un riconoscimento agli alti valori morali di un atleta dalla carriera forse mediocre, ma che un giorno ha dimostrato al mondo intero che sport può fare ancora rima con sportività.