Storie di campo. L’allenatore de ‘na vorta…

Quando? Una volta. Una volta è un tempo indefinito. Può essere lontano, vicino o persino immaginario come nelle migliori favole. Questa però è una storia vera, un tuffo nel vissuto di un campo da calcio della periferia romana, un campo del Tuscolano, ma è anche una storia che racconta un vissuto comune a tutti i campi di quel confine impreciso che è stata la periferia romana. Una storia di quando? ...de 'na vorta, ovviamente.
 Nello Panzini
Allenatore

Sicuramente la figura dell’allenatore, come ogni cosa nel calcio, è cambiata moltissimo; ora difficilmente urla durante gli allenamenti, è quasi sempre molto calmo, tratta bene i suoi giocatori, educato al punto di non dire loro nemmeno una modestissima parolaccia. Immaginate ora i “sergenti di ferro” tipo Nereo Rocco o Radice che arrivavano quasi a mettere le mani addosso ai loro giocatori, o ai Pugliese e ai Lorenzo, superstiziosi in modo incredibile e che spesso si affidavano a “santoni” vari per aiutare la propria squadra. Chi non ha visto Alberto Sordi nel suo “Presidente del Borgorosso“? Immaginate l’impensabile…addirittura lo svedesissimo Nils Liedholm era attentissimo a salire e scendere dal pullman della società sempre con lo stesso piede, a entrare per primo negli spogliatoi e per ultimo in campo.

Allenatore
(1955. Squadra Aurora Tuscolano)

…ma torniamo a noi 

L’allenatore – ora userò una frase inflazionata, ma che rende l’idea -, insomma l’allenatore de ‘na vorta non era così! Se non eri svelto a capire e a fare gli esercizi durante gli allenamenti, allora lui urlava “Va, fatte un giro de campo…de corsa e senza fermatte…anzi fattene due…”. Ci sono stati calciatori che hanno fatto davvero i solchi intorno al campo, tipo Romolo quando fondò Roma…ma come stavi attento dopo!
L’allenatore de na vorta se ti vedeva “calciare a freddo” ti rimandava negli spogliatoi. Primo perché ti facevi male, secondo perché il pallone compariva solo quando lo diceva lui!
L’allenatore de na vorta, se in partita sbagliavi a “stoppare una palla”, il martedì successivo “te metteva ar muro”. Nessuna fucilazione, per carità; dovevi andare a fondo campo e su un muro, che sta là da sempre, palleggiare “destro, sinistro, stop…destro, sinistro, stop” e questo per mezz’ora almeno. Era l’allenatore che decideva il tuo ruolo in campo, ti guardava, soppesandoti quasi, e poi decideva in quale ruolo prima provarti e poi farti giocare.

La raccomandazione

A nessun genitore sarebbe mai venuto in mente di andare a parlare all’allenatore e se un dirigente provava a raccomandare qualcuno, scattava la scena del pallone tra le sue mani che arrivava verso quelle del dirigente e della frase: “tiè, allenatela te sta squadra!”.
L’allenatore de ‘na vorta non chiamava “signore” l’arbitro…non lo chiamava proprio perché sapeva che era inutile e che l’unica cosa da fare era lasciarlo tranquillo a fare il suo lavoro.

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(1952. La marchesa Gerini inaugura il campo)

L’allenatore mio

Anche se spesso non mi faceva giocare, io a quell’allenatore gli vorrò sempre bene perché prima ti insegnava a vivere e dopo, solo dopo, anche a giocare a pallone. Perciò grazie ai Cardarelli, Biti, Baldassarri, Pulvirenti, Patarca , “er Messicano”, Procaccini , Testa , Centomini, Marziali e a quegli altri dai quali ho avuto il piacere di essere allenato e che avrò inevitabilmente dimenticato. Scusatemi!

Termino con un sorriso

Durante una partita un allenatore prese due palloni e tenendoli nelle mani, uno sulla destra e uno sulla sinistra, iniziò a chiamare un suo calciatore che stava giocando: “Desideriiii, Desideriii, a Deside’…” e quando finalmente Deside’ si girò verso di lui, gli disse “a Deside’…c’hai presente sti du’ palloni ? Mbè…m’hai fatto du cojoni cosiiii!!!”. Anche l’arbitro, per ridere, non riusciva a fischiare… figuriamoci noi a giocare!!

 

Nello Panzini nasce a Roma l'8 agosto del 1947, oggi pensionato Telecom con "buona memoria", si diverte a raccontare lo sport di una volta ed il contesto storico nel quale si praticava. Tuttora tesserato con il Real Tuscolano nel quale, vista l'età, fa quello che può.

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