Per la nostra Ondina anomala anche la stagione 1931 si aprì in maniera davvero sorprendente.
In una riunione nazionale al Littoriale, Ondina Valla stabilì due nuovi primati nazionali e ne uguagliò un terzo, portando il limite degli 80 ostacoli a 13 secondi netti e quello del salto in alto a m. 1,45.
1931. Le Olimpiadi della Grazia
A fine maggio Firenze ospitò le Olimpiadi della Grazia, una manifestazione internazionale femminile ideata dalla francese Alice Milliat in evidente contrasto con la posizione di intransigenza assunta dal barone De Coubertin nei confronti dello sport femminile, giunta alla sua quarta edizione.
Le gare si svolsero sulla pista della Giglio Rosso, da poco risistemata dal Marchese Ridolfi, e ad esse parteciparono atlete di undici nazioni europee con le loro atlete più rappresentative.
I migliori risultati fra le atlete azzurre vennero proprio da Ondina Valla che giunse seconda negli 80 metri ostacoli 1n 13.1/5 e quarta nel salto in alto (1,40).
Ormai da Ondina ci si aspettava un record ogni volta che scendeva in pista. L’atleta rispose quasi sempre in maniera affermativa alle aspettative del pubblico dei tifosi.
La stagione dei record
Dal punto di vista tecnico Ondina Valla fu seguita inizialmente dal Cap. Costa al quale poi subentrò l’ungherese Jano Gaspar, tecnico della nazionale.
Nel 1933 arrivarono in Italia, chiamati dal Marchese Ridolfi, quattro tecnici finlandesi che presero stanza in diverse posizioni strategiche del paese.
L’Emilia Romagna venne accorpata alla Toscana e fu seguita da Paavo Karicco.
Ai finlandesi, rimasti in servizio fino al 1934, subentrò il tecnico californiano Boyd Comstock, che seguì Ondina fino a dopo i Giochi di Berlino.
Con il senno di poi, visti i problemi fisici che Ondina accusò sul finire della carriera e nei primi anni di inattività, c’è da chiedersi se qualcuno di questi tecnici non abbia abusato dell’esuberanza della ragazza, sottoponendola ad allenamenti eccessivi e stressanti.
Ondina Valla in carriera stabilì 35 nuovi primati italiani e ne uguagliò altri per 13 volte. Il record che le fu più congeniale fu quello degli 80 metri ostacoli (11 volte stabilito e 8 volte uguagliato), mentre quello più longevo fu quello del salto in alto. La misura di m. 1,56 stabilita a Bologna il 5 settembre 1937, resistette infatti 18 anni e 20 giorni, in quanto venne migliorato di un centimetro il 25 settembre 1955 dalla romana Paola Paternoster.
Se quello del salto in alto fu il primato di maggior “tenuta” quello più prestigioso è senz’altro quello ottenuto ai Giochi Olimpici di Berlino del 1936 nella semifinale degli 80 metri ostacoli, corsi in 11.6, che le valse il primato del mondo, in comproprietà con la tedesca Ruth Engelhard che lo aveva stabilito l’11 agosto del 1934.
Nonostante questo primato figuri regolarmente registrato presso la I.A.A.F., viene sistematicamente “rifiutato” dagli statistici in quanto fu rilevato che durante la gara degli 80 metri ad ostacoli il vento spirava a m. 2.80 m/s) e quindi superiore alla norma (2,00 m/s), norma che tuttavia quando la gara di Ondina Valla si svolse non era stata ancora sancita dalla I.A.A.F. stessa. Questa regola fu approvata a giochi conclusi e la sua applicazione retroattiva fu lasciata alla discrezionalità delle singole nazioni.
Posso dire che la F.I.D.A.L. non la applicò. Infatti a tutti coloro che stabilirono a Berlino un primato (es. Arturo Maffei nel salto in lungo), giunse il 22 dicembre di quell’anno la lettera di compiacimento della federazione italiana e la comunicazione della ufficializzazione del record.
Ai fini statistici però conta l’11 secondi e 7 decimi con il quale Ondina vinse la finale di Berlino, che peraltro è poi anche il tempo assegnato a Claudia Testoni giunta quarta.
Nel 1932 Ondina aveva portato il primato italiano degli 80 metri ostacoli a 12.3/5. Già questo risultato da solo avrebbe giustificato la sua inclusione nella squadra olimpica allestita dal C.O.N.I. per i Giochi di Los Angeles.
Purtroppo la fiera opposizione del Papa Pio XI (i Patti Lateranensi erano stati siglati da poco) alla partecipazione delle donne ai Giochi, indusse il C.O.N.I. a rinunciare alla presenza femminile nella squadra olimpica e quindi Ondina rimase a Bologna.
1933. I Giochi Universitari Internazionali di Torino
Ma l’alloro di Olimpia era nell’aria e l’appuntamento di Ondina con i Giochi, e con il destino, fu rimandato di soli quattro anni.
Ondina arrivò alla finale olimpica attraverso molte prove di eccellente rilievo, che avevano avuto il loro apice a Torino nel settembre 1933 durante la disputa dei Giochi Internazionali Universitari, alla quale era stata ammessa per una clausola che permetteva la partecipazione anche alle azzurre semplici studentesse. Nell’arco delle tre giornate di gara Ondina ottenne ben 4 medaglie d’oro (100, alto, 80 ostacoli e staffetta 4 x 100), con l’aggiunta del bronzo del salto in lungo, gara nella quale si era imposta la Testoni.
Ma non furono sempre rose e fiori.
1934. I Campionati Mondiali di LOndra
Ai Giochi Mondiali (quarta edizione) che si disputarono a Londra nel 1934 Ondina non fu certo fortunata. Nel salto in alto un ritardo nella presentazione in campo le impedì di effettuare un opportuno riscaldamento e fu subito eliminata.
Nella gara “regina”, gli 80 metri ostacoli, vinse la prima batteria in 12.0, uguagliando il suo primato italiano. Una cattiva informazione da parte di un dirigente pregiudicò il suo accesso alla finale. Infatti le venne detto che sarebbero andate in finale solo le prime due della semifinale. Quando si vide terza, e quindi esclusa, si innervosì, e all’ultimo ostacolo incespicò e fu costretta al ritiro. Solo dopo l’arrivo, con suo grande rammarico, seppe che si classificavano per la finale le prime tre!
L’anno olimpico
Nel 1936 Ondina entrò nei 19 anni. L’inizio di stagione non era stato esaltante. Scarsi i successi. Molti secondi posti (quasi sempre preceduta da Claudia Testoni), un solo record stabilito, quello della staffetta 4×100 in aprile a Firenze in una riunione preolimpionica, dove Comstock provò il quartetto che avrebbe schierato a Berlino composto (ma non nell’ordine di gara) da Bullano, Bongiovanni, Testoni e Valla.
La comitiva azzurra si riunì a Milano e proseguì il viaggio verso Berlino in treno.<
Alla frontiera con la Germania gli azzurri furono accolti da un membro del comitato organizzatore che si unì a loro e li accompagnò fino a Berlino.
A quel punto la comitiva si divise. Gli uomini vennero accompagnati in autobus al Villaggio Olimpico (denominato “Villaggio della Pace”), mentre le ragazze raggiunsero anch’esse il Villaggio, ma andarono a occupare gli alloggi a loro riservati, distanti e ben separati da quelli dei maschi!
La squadra femminile azzurra era composta da soli sette elementi.
Valla, Testoni, Gabric, Bongiovanni, Bullano, Agorni e Duvillard; queste ultime due nel ruolo di riserva.
Mancavano sette giorni all’inizio dei giochi.
In pista!
La prima a scendere in pista fu Claudia Testoni il 3 agosto, impegnata nella 5° batteria dei 100 metri piani, dove venne eliminata.
Due giorni dopo ebbero inizio le eliminatorie degli 80 ostacoli; le batterie di disputarono al mattino.
La Testoni si impose facilmente nella prima batteria, andando a vincere nel tempo di 12.0. Da ricordare che alla vigilia dei giochi la Testoni, passata dalla Virtus alla Venchi Unica di Torino, deteneva il primato italiano della specialità con il tempo di 11.8 ottenuto a Firenze nel mese di aprile.
Ondina fu impegnata nella quarta ed ultima batteria del primo turno, dove si classificò al secondo posto con il tempo di 11.9 (primato personale), dietro alla statunitense Simone Schaller (11.8).
Alle 17.30 di quello stesso pomeriggio Ondina si schierò al via della prima semifinale insieme alla canadese Taylor, alla tedesca Steuer, all’americana 0’Brien, alla britannica Webb e alla greca Lanitou.
Ondina si produsse in una gara perfetta, priva di errori. Vinse in 11.6 sulla Taylor e sulla Steuer, che approdarono con lei alla finale.
Il vento, come abbiamo detto, soffiò a + 2.8 m/s, con tutto quello che ne conseguì e di cui abbiamo già parlato.
La Testoni, impegnata nella seconda semifinale, non era in condizioni fisiche perfette. Nessun malanno muscolare o altro, solo un problema fisiologico proprio della donna. Inoltre sembra che la ragazza fosse turbata anche da una storia sentimentale che stentava a decollare.
Pur correndo sui suoi tempi abituali (11.8) la Testoni non andò oltre il terzo posto, che le valse l’ingresso alla finale.
Due azzurre in una finale olimpica di corsa veloce.
Una circostanza insolita per il settore femminile, mentre per i maschi bisognerà attendere il 1964 per avere due finalisti nei 200 metri (Berruti e Ottolina) e nei 400 ostacoli (Morale e Frinolli); addirittura tre furono i finalisti azzurri dei 110 ostacoli (Ottoz, Cornacchia e Mazza).
Dei problemi della Testoni ho già accennato. Ma anche Ondina non era al meglio del suo potenziale. I duri allenamenti alla quale si era sottoposta prima dei giochi e le scarse prove sostenute sugli ostacoli, le avevano ridotto le gambe “a pezzi” (sono parole sue). Ci volle l’intervento di Carlo Romigialli, il massaggiatore della Giglio Rosso al seguito della nazionale, per rimetterla in sesto per la finale.
La frequentazione con Arturo Maffei, un altro dei protagonisti di quella olimpiade scomparso due mesi esatti prima di Ondina, mi ha permesso di conoscere un particolare inedito della immediata vigilia della finale degli ostacoli femminili.
Mentre gli azzurri e le azzurre si trovavano in tribuna nel settore loro riservato e le due finaliste erano in procinto di recarsi nella zona di riscaldamento, scoppiò improvviso un diverbio fra Claudia Testoni e l’ostacolista Gianni Caldana. Ci fu fra i due uno scambio di frasi piuttosto dure, dopodiché la Testoni abbandonò la tribuna molto contrariata, quasi in lacrime, insieme alla Valla.
Maffei, che insieme agli altri azzurri aveva assistito in silenzio alla discussione, non poté a quel punto trattenersi e apostrofò in maniera severa Caldana, rimproverandolo per non aver avuto il tatto di rispettare lo stato d’animo dell’atleta pochi attimi prima di un evento così importante.
Fra i due corsero parole grosse e la cosa non finì lì.
La sera al Villaggio Olimpico ci furono altri motivi per riaccendere la disputa e Maffei colpì il compagno di società (entrambi erano infatti tesserati per la Giglio Rosso) con un pugno che lo stese al suolo stordito.
La zuffa venne poi sedata ma i rapporti fra i due “galletti” della squadra azzurra le cose non tornarono più come prima. L’anno successivo Caldana abbandonò la Giglio Rosso per passare alla Oberdan di Milano.
La finale
La finale degli 80 metri ostacoli si corse il 6 agosto 1936 alle ore 17.30.
Tutti noi sappiamo come andò.La pista dell’Olympia-Stadion di Berlino contava otto corsie nel rettilineo di arrivo e sei sull’anello.
Per quella finale, come pure per tutte le altre gare con partenza in linea, la prima e l’ottava corsia vennero lasciate libere.
Claudia Testoni occupò quindi la terza e Ondina la quinta corsia.
Al via dato dal mastodontico starter tedesco, il giornalista di Monaco di Baviera Franz Miller (già starter ai giochi di Amsterdam e Los Angeles), le sei finaliste si avviarono con grande slancio. Al primo ostacolo si registrò un leggerissimo vantaggio della Testoni, grazie ad una sua partenza più reattiva, ma le concorrenti erano praticamente su una stessa linea.
Rimasero così, testa a testa, fino all’ultimo ostacolo quando Ondina, la favoritissima Steuer, atleta di casa, e la canadese Taylor, si gettarono sul filo di lana con un leggerissimo vantaggio sulle altre.
Fu inequivocabilmente il petto di Ondina, a tendere per primo il filo allontanandolo dalla Steuer e dalla Taylor, anch’esse protese verso di esso.
Un arrivo comunque molto difficile da risolvere dagli “occhi nudi” dei giudici tedeschi, più propensi a privilegiare la maglia bianca di Anni Steuer che non quella azzurra di Ondina Valla.Per fortuna che era in funzione l’apparecchiatura Kirby, perfezionata dalla Zeiss-Ikon in “Ziel-Zeit-Kamera”, ed era in campo il Marchese Ridolfi in veste di giurato, che interpose i suoi autorevoli uffici per una corretta lettura del finish.
L’attento esame della pellicola, durato un lasso di tempo che a Ondina sarà parso eterno, sentenziò la sua vittoria con un margine fin troppo esiguo (61 millesimi di secondo) sulla tedesca. Al terzo posto la canadese Taylor ed al quarto Claudia Testoni che perse il bronzo per soli 7 millesimi.
Per tutte e quattro le atlete il tempo ufficiale, ricondotto al decimo secondo la regola in auge in quell’epoca, fu di un salomonico 11.7!
L’olimpiade per le ragazze bolognesi non si esaurì con la gara degli 80 ostacoli. Ci fu da disputare la staffetta 4 x 100 e per un soffio, grazie anche alla malasorte che colpì la formazione tedesca, non ci scappò un bronzo insperato, dopo aver migliorato in batteria il primato italiano (48.6).
Dopo Berlino
Il dopo giochi fu un tripudio per Ondina di inviti, incontri e festeggiamenti, che culminarono il 5 settembre con l’invito del Duce a Palazzo Venezia insieme a tutti i protagonisti di Berlino.
La stagione agonistica si concluse senza altri exploit individuali, ma con il bel successo dell’Italia a Parigi contro la Francia.
Nel 1937 i dolori alle ginocchia, già manifestatisi ai giochi, cominciarono a farsi più insistenti e costrinsero Ondina a ridurre sensibilmente la sua attività.
Riuscì tuttavia, grazie anche ad un mutato atteggiamento tecnico, a migliorare il primato di salto in alto che apparteneva alla Testoni (m. 1.54, Torino 27.9.36), portando al limite di m. 1.56 che tanto doveva resistere nel tempo. Ondina infatti abbandonò lo stile Lewden al quale l’avevano obbligata i tecnici, per dedicarsi con successo alla doppia forbice” (stile detto anche “all’americana”).
I problemi fisici la costrinsero a disertare i campionati italiani di Parma del 1938 e così pure quelli di Milano dell’anno successivo, quando vestiva la nuova maglia della G.I.L. di Bologna. Saltò pure la partecipazione ai Campionati Europei del 1938 (i primi al femminile) programmati a Vienna, nel corso dei quali Claudia Testoni si laureò campionessa europea degli 80 ostacoli e uguagliò il primato mondiale con il tempo di 11.6, non omologato dalla IAAF per mancata rilevazione del vento.
Ondina Valla tornò a cimentarsi nella massima rassegna nazionale nel 1940, con i colori della S.S. Parioli di Roma, società dove svolgeva anche compiti di istruttrice, vincendo il titolo del salto in alto (1.50), ma cedendo negli 80 ostacoli alla Testoni, assurta da qualche tempo a livelli di eccellenza assoluta con i due primati del mondo stabiliti nel 1939 (11.3)
Una settimana dopo a Parma la nazionale italiana incontrò quella tedesca (i venti di guerra incombevano e nessuna altra nazione europea accettava ormai di incontrare l’Italia e la Germania, costrette quindi a duellare fra di loro). Era il 28 luglio. Ondina giunse terza nella “sua” gara e fu quella la sua ultima apparizione in azzurro.
Ormai la sua attività agonistica era ridotta al minimo.
Ondina Valla concluse la sua carriera sportiva nel 1943 gareggiando per la Gozzi Sport di Ferrara dove era stata chiamata quale allenatrice. Sotto la sua guida la società ferrarese vinse il titolo societario di 1° serie.
Nel 1944 Ondina convolò a nozze con il prof. Guglielmo De Lucchi, un chirurgo ortopedico conosciuto nel corso delle sue degenze al Rizzoli di Bologna per cercare di alleviare i dolori alla spina ed alle ginocchia.
Il 7 aprile del 1945 nacque Luigi che ora è qui fra noi a celebrare la sua celebre mamma e la sua straordinaria epopea.
La carriera di Ondina Valla può essere così sinteticamente ricomposta: 19 presenze in maglia azzurra, 17 titoli italiani conquistati, 35 nuovi primati nazionali stabiliti, 13 primati nazionali uguagliati, 1 oro olimpico, 4 ori conquistati ai Giochi Internazionali Universitari.
Si chiude così la storia sportiva di Ondina e comincia quella privata di Trebisonda Valla in De Lucchi.
Ma questa è un’altra storia.