La data è scolpita nella storia azzurra. Il 23 Maggio 2025, Napoli (e non solo la squadra di calcio) è diventata per la quarta volta Campione d’ Italia. Un traguardo folle, anarchico, perso, riconquistato, sognato e come dicesi in napoletano “acchiappato”. Una linea d’arrivo varcata in maniera totalmente irregolare, proprio come l’animosità di un intero popolo. Giù, all’ombra del Vesuvio, nulla è logico, lineare, deciso o arbitrato. Questa meravigliosa essenza, talvolta magica, e a volte paurosa, rende una vittoria incommensurabilmente unica. Un olio su tela dipinto da autentici scugnizzi che come colonna sonora va a scavare nelle sue radici più antiche, citando capolavori assoluti come “Anima e Core” (dei maestri Tito Manlio e Tito Schipa), celebrata in tutte le lingue mondiali, ritrovata dal Maestro Roberto Murolo, ricamata nella leggenda di Pino Daniele e ritmata in chiave moderna da Serena Brancale, trasformata in un coro identitario del tifo azzurro. Un filo conduttore, lunghissimo, colorato e istrionico, che arriva al 2025, financo a Raffaella Carrà, che ha fatto tornare di moda , la dance lustrini e anni 80′ di “Pedro”, sberleffo calcistico cantato nei confronti della rivale Internazionale, bloccata nella giornata precedente dall’aquila laziale.

Il 2023, l’anno spallettiano con “Freed from Desire”
Un anno come il 2023 con la caparbietà di Aurelio De Laurentiis, di riportare in Italia un allenatore come Luciano Spalletti, i tifosi del Napoli lo ricorderanno per tantissimi lunghi anni. La prima ragione è che lo scudetto mancava in città da ben 33 anni, un’era temporalmente “glaciale”, un range in cui il mondo si è rivoluzionato. La seconda è che in riva al golfo arriva un allenatore vincente all’estero, ma mai in Italia. Tutto succede in fretta; tra una sottilissima diffidenza, la squadra mette in poche giornate il turbo. Differenza abissale con le rivali, anche se ai box di partenza gli azzurri erano tra i candidati alla terza posizione. Sprigionata e indomabile l’onda d’urto del duo Kvara (anche lui jolly pescato in sordina dalla Georgia) e di Osihmen, la passerella napoletana si avvicina al traguardo, dapprima con undici vittorie di fila e poi infliggendo distanze siderali alle concorrenti. Con ben tre mesi d’anticipo la città è già addobbata a festa. Anche la variabile del mondiale “natalizio”, viene oltrepassata e, incredibile coincidenza, vede trionfare l’Argentina di Messi ai mondiali in Qatar, con un Diego Armando Maradona dall’alto a dipingere il sogno azzurro. Negli ultimi mesi l’attesa spasmodica di un popolo si fa realtà il 4 maggio 2023, con la vittoria ad Udine. Come in un film scorrono le immagini di emozioni e lacrime, di una regia trionfante, suggellata dall’ennesima prova di acume e ironia del popolo partenopeo. Ripescando, e rifacendo “proprio”, un motivo di tanti anni prima, quel “Freed From Desire”, di Gala, diventato un inno accusatorio, denigrante e oltraggioso per chi, stupidamente, voleva etichettare un intero territorio e invece diventato il massimo della auto-sberleffo e dell’appartenenza, in “Vesuvio Erutta”, tanto a dire, carissimo vulcano, esplodi pure la tua lava su i tuoi figli partenopei, tanto trionferà sempre il nostro orgoglio napoletano.

Quarto scudetto, tra un Anema e Core e una vacanza Santafè
Le storie vincenti, iniziano dalla voglia di sudare e sacrificarsi. Nella città dove la parola è linguaggio, dice e ingloba più dei fatti, quel “Amma faticà”, di mister Antonio Conte, appare come un’autentica rivoluzione. Aurelio De Laurentiis, inizia un epocale cambiamento e lo fa scegliendo il più determinato e vincente degli allenatori. Una mentalità, un concetto, quello di arrivare sempre alla vittoria, o perlomeno sudando sempre la casacca. Antonio da Lecce, è il mister garanzia del primo anno, ovunque ha ottenuto risultati vincenti. Sebbene con un organico, sulla carta, inferiore all’Inter, lotta, suda e combatte in ogni giornata contro i rivali nerazzurri.

Un testa a testa calcistico e a tratti mentale che toglie energie sul finale del campionato, ma che vede assoluti protagonisti, tutti gli uomini in azzurro. Con Conte a vincere è la mentalità e il gruppo, e nell’opera che lo porta al trionfo, ha imbastito un autentico unicum psico-fisico e mentale nel cervello degli azzurri. La squadra, dimostra di lottare sempre e comunque, grazie all’apporto del miglior calciatore del campionato, Scott Mc Tominay, del “vecchio” bomber Lukaku e degli alfieri-gregari Anguissa, Lobotka, Politano e Di Lorenzo. Un campionato sul filo del rasoio, con una regia a tinte thriller, curve e svarioni nelle ultime giornate che tiene tutti con il fiato in goal. Pareggio alla penultima con la Lazio per l’Inter, e a Parma per il Napoli, ma a spuntarla sui i partenopei, all’ultimo respiro, in casa con il Cagliari. A scrivere la storia è la città di Napoli per la sua quarta volta, un trionfo di oltre mezzo milione di persone, roboante, insensato, folle, anarchico, assoluto, e a tratti incontenibile.

Il protagonista delle notti di maggio partenopee, si chiama “Pedro”, ma non è un calciatore, bensì un personaggio da hit di Raffella Carrà, rispolverato come sberleffo nei confronti dell’Inter, grazie all’omonimia del calciatore della Lazio protagonista di una doppietta a San Siro. La città esplode, è il fuoco e la lava viva, ardente del suo Vulcano, il protettore, che diventa anch’esso protagonista del rifacimento del brano di Serena Brancale “Anema e Core”. Nonostante le problematiche, le difficoltà e le distanze siderali tra la politica ed un contesto socio-economico, i napoletani rivivono nelle loro vittorie calcistiche un senso di orgoglio e rivalsa che non ha pari al mondo. Con la contezza e consapevolezza di un popolo molto acuto, intelligente e creativo, consapevole che non sarà uno scudetto a cambiare il proprio destino, ma è cosi bello che quel bagliore di luce e gioia può durare anche più di un attimo.