Sono in molti in Sudamerica a ricordare vividamente la partita tra Argentina e Colombia che si giocò il 4 luglio del 1999 allo stadio Feliciano Cáceres di Luque, in Paraguay, valida per il gruppo C della Copa America. Non tanto per la vittoria per 3-0 dei cafeteros, che fu comunque un evento, ma per la concessione di ben 5 calci di rigore, di cui ben 4 sbagliati. Ma andiamo con ordine.
Il primo rigore
È il quinto minuto del primo tempo. Fallo di mano in area di Alexander Viveros. L’arbitro uruguaiano Ernesto Filippi sanziona il rigore. Martín Palermo, ventiseienne centravanti idolo dei tifosi del Boca, prende la palla e la posiziona sul dischetto con confidenza. Il Ct Bielsa lo ha preferito a gente come Batistuta e Crespo, lasciati a casa perché, secondo lui, spossati da una estenuante stagione in Italia. E poi Palermo ha già siglato una doppietta nella partita precedente…
Il tiro è potente, forse troppo potente: scheggia la traversa e si resta sullo 0-0.
Il secondo rigore
Pazienza, pensano tutti gli hinchas dell’albiceleste. Assieme a Martín Palermo, l’Argentina schiera Walter Samuel, Javier Zanetti, Diego Simeone, Riquelme e Barros Schelotto: il vantaggio arriverà. Tuttavia, al decimo Nelson Vivas atterra in area Arley Bentacourt. Filippi decreta il secondo rigore della giornata, stavolta per i colombiani. Alla battuta si presenta Ivan Ramiro Cordoba, da pochi mesi giocatore dell’Inter, che di destro spiazza Burgos e insacca. 1-0 e palla al centro.
Il terzo rigore
Roberto Ayala, elegante libero tra le altre anche di Napoli e Milan, fa fallo in area di rigore su Hamilton Ricard. L’attaccante colombiano, però, si fa ipnotizzare da Burgos. Si resta sull’1-0.
Il quarto rigore
Al settantaseiesimo l’Argentina ha una nuova chance per pareggiare: ancora mani di Viveros in area, stavolta su colpo di testa di Palermo imbeccato da Riquelme, e quarto penalty fischiato dall’arbitro. Martín, che è uno con gli attributi e non per niente lo chiamano El Loco, il pazzo, si ripresenta sul dischetto. L’altro Loco, quello seduto in panchina, si sbraccia furiosamente e urla come un indemoniato di far calciare Ayala. In verità, il buon Roberto ci prova pure, timidamente, a togliere il pallone di mano al compagno, ma è inutile.
La rincorsa di Martín Palermo stavolta è più laterale, ma la forza e la direzione sono le stesse: palla che finisce alta sopra la traversa e il centravanti, in un’immagina diventata iconica, quasi si strappa i pantaloncini neri per la rabbia.
La Colombia dilaga
Il secondo errore dal dischetto del centravanti di La Plata si rivela fatale per le speranze argentine. I cafeteros prima raddoppiano con un colpo di tacco di Edwin Congo e poi segnano il terzo gol con un sinistro da fuori di Johnnier Montaño, meteora al Parma.
Il quinto rigore
Palermo ha decisamente qualcosa da farsi perdonare. Così, all’ottantottesimo si fa atterrare in area da Cordoba. Quinto rigore del match. Indovinate chi va sul dischetto, nonostante le urla di contrarietà di Marcelo Bielsa? Probabilmente, anche gli spettatori di fede colombiana presenti sugli spalti sperano che il pallone entri, se non altro per mettere una fine decente a quella situazione kafkiana. Stavolta Palermo, ritto come un eroe medievale davanti al drago che tiene prigioniera la principessa, per non ripetere gli errori precedenti la tiene bassa. E infatti Calero gliela respinge.
Tre rigori sbagliati nella stessa partita, un’impresa da Guinness dei Primati per il povero Martín Palermo.
Il commento di Maradona
All’epoca si commentò per parecchi giorni la prestazione straordinariamente negativa del centravanti del Boca, che fu pure a un passo dal Napoli nel 2001. Il Loco Bielsa si limitò a dichiarare che Palermo era stato egoista, ma avrebbe voluto dire senz’altro di peggio. Palermo, per tutta risposta, confessò a un giornalista che ne avrebbe tirato pure un eventuale quarto.
Probabilmente, il commento più azzeccato fu quello di D10S: “L’unico in grado di sbagliare tre rigori in una sola partita è lo stesso che ha i coglioni così enormi da tirare il terzo dopo aver sbagliato gli altri due.”