Rosina Ferrario è bella.
Non si può negare: con i suoi capelli scuri e lo sguardo malinconico che sembra rubato da un quadro di Dante Gabriel Rossetti è icona perfetta del panorama borghese di fine ‘800.
Ma sotto un nome delicato come il suo, Rosina nasconde molto di più.
Rosina Ferrario è una donna che fa una rivoluzione.
Una rivoluzione con le ali.
Una donna più avanti del suo tempo
Rosina Ferrario nasce a Milano il 28 luglio 1888 da una agiata famiglia borghese e fin da piccola esprime una forte passione per sport considerati, almeno all’epoca, “poco femminili”: escursioni in montagna e ciclismo permettono alla ragazza di eludere almeno per un po’ le rigide etichette della sua quotidianità.
1908. Leon Delagrange a Milano
Tutto cambia nel 1908 quando, neanche ventenne, Rosina Ferrario rimane affascinata da Leon Delagrange, uomo eclettico, scultore, ma soprattutto pioniere del volo.
In tournée italiana per mostrare le meraviglie dell’aeroplano, a metà giugno Leon Delagrange è a Milano e dall’area che aveva ospitato l’Expo Internazionale del 1906, più volte si alza in volo lasciando migliaia di persone con il naso all’insù.
Tra loro anche Rosina Ferrario s’incanta a vedere la macchina volante prendere velocità, alzarsi da terra, sovvertire equilibri e tagliare l’aria. Rosina è stupita, affascinata, euforica, vuole condividere la sua emozione e ne scrive in un articolo che sarà ripreso dalla stampa. Sembra che questo le basti, ma le passioni covano come braci.
La storia non finirà qui.
1910. Il Circuito Aereo Internazionale di Milano
Due anni dopo, fra il 25 settembre e il 2 ottobre 1910, la passione di Rosina s’infiamma ancora.
Milano è teatro del Circuito Aereo Internazionale ed ospita gare aviatorie a cui partecipano aerei provenienti da paesi diversi e di ogni grandezza e potenza. L’entusiasmo è collettivo, contagioso e i milanesi si ritrovano sui tetti ad osservare la moderna magia del volo svelarsi ai loro occhi.
Ne racconterà Rosina stessa sulla Gazzetta dello Sport del 13 gennaio 1913 quando scrive: “Specialmente le agili evoluzioni dei monoplani e i pesanti, ma sicuri, voli dei biplani mi affascinarono. Anch’io avrei voluto andare lassù, verso il cielo, rapida e libera, e godermi la bellezza dello sconfinato orizzonte”.
Rosina Ferrario ha deciso: vuole volare
Il volo, però, è faccenda di uomini. Inderogabile.
Rosina decide allora di aggirare il problema; non affronta la questione maschile in campo aperto, temporeggia, prende la patente per guidare automobili. Il disegno è chiaro: dimostrare che non esistono prerogative maschili.
Rosina è bella, certo, ma soprattutto ha un gran bel carattere, è tenace, determinata, brillante e uno status sociale che sicuramente l’aiuta nel rompere schemi e convenzioni di genere.
Nel 1911 Rosina Ferrario inizia la sua avventura al campo-scuola di Taliedo, all’epoca Aerodromo d’Italia.
L’anno successivo frequenta la Scuola d’Aviazione di Vizzola Ticino, diretta da ingegner Giovanni Battista Caproni, uomo straordinario, pioniere dell’aviazione e dell’industria aeronautica italiana.
Il primo decollo
È qui che Rosina Ferrario tenta il suo primo decollo, ma l’aereo la tradisce, si impenna e si schianta in terra.
Tuta impolverata, capelli scomposti, Rosina esce illesa e con un’ancora più forte convinzione che il posto della sua vita è proprio lì, sopra quegli aeroplani che cambieranno il mondo.
Di questo episodio, che forse per altri avrebbe significato l’abbandono di un tentativo velleitario, Rosina ne racconterà come “la prima forte emozione che mi dava l’aviazione!”; altro che salotti e chiacchiere.
Brevetto 203
E così, tra progressi, un po’ di ansia che comunque affina i nervi e tanti “ma cosa ci fa lei qui?”, il 3 gennaio 1913 Rosina Ferrario diviene la prima donna italiana, ottava nel mondo, a prendere un brevetto di aviazione rilasciato dalla Federazione Aeronautica Internazionale con il numero 203.
Un onore, una responsabilità, una felicità enorme.
Rosina ha fatto la storia, da tutta Italia le arrivano congratulazioni, qualcuna anche fuori dal coro come quelle del maggiore Carlo Piazza che le scrive “Tutte le mie più vive congratulazioni, signorina, ma preferirei saperla più mamma che aviatrice!”.
Il maggiore Carlo Piazza non sarà l’unico a pensarla in questo modo, ma in generale il debutto al volo dell’aviatrice Rosina Ferrario è accolto in un clima di fratellanza ed entusiasmo e la introduce in una notorietà da personaggio pubblico che la fa essere ospite ambita nei salotti, sui campi di volo e sulle pagine delle principali testate giornalistiche che raccontano di lei e delle sue avventure.
Tra raid e imprese
Rosina Ferrario partecipa poi a diverse manifestazioni tra le quali, sicuramente, quella di maggiore impatto è il raid di Napoli che la vede inondare la città con una pioggia di garofani rossi lanciati dal suo aereo. Rosina è pur sempre una signorina ben educata.
Pochi mesi dopo conclude anche un raid sul percorso Bergamo-Milano-Como e ritorno di 210 chilometri con un Caproni 70 cavalli. L’anno successivo invece è una dei primi piloti a testare il nuovo monoplano Gabardini.
Però, così improvvisamente come è riuscita nella sua impresa di entrare nella storia, Rosina Ferrario è costretta a tornare con i piedi per terra e ricordarsi cosa significhi essere una donna in quegli anni.
Aviazione di guerra
24 maggio 1915: l’Italia entra in guerra e le ali che Rosina si è cucita con così tanta fatica vengono tagliate, si sciolgono al sole come quelle di Icaro.
Rosina Ferrario viene messa da parte, non c’è più tempo per celebrazioni o eventi pubblici, ma forse non è questo che la turba.
Rosina vuole fare la sua parte; scrive al Ministro della Guerra in persona e chiede di essere arruolata nel Corpo Aeronautico, magari come crocerossina aerea per trasportare i feriti dal fronte verso le retrovie.
La risposta è sconvolgentemente corta e precisa: “non è previsto arruolamento di signorine nel Regio esercito”.
Rosina è costretta a rimanere a terra visto che tutti gli aerei sono stati requisiti per gli impieghi bellici.
Il rifiuto le brucia, la ferita non si rimarginerà.
Anche quando finalmente la guerra sarà finita, Rosina non tornerà a volare. Dirà che il volo è cambiato, che ha perso fascino e che non l’attrae più.
Non sono così sicura che fosse proprio questo il motivo.
Rosina cambia vita
Nel 1921 Rosina sposa Enrico Grugnola, conosciuto durante un’escursione alpinistica e con lui apre e gestisce l’Hotel Italia a Milano.
Passeranno anni ed è solo nel 1943, ventennale della fondazione dell’Arma Aeronautica, che l’Italia si ricorda di lei e le assegna la medaglia di benemerenza per i pionieri dell’aeronautica.
I suoi sforzi sono tardivamente, ma ufficialmente riconosciuti e Rosina a quel nastrino ci terrà tantissimo.
L’ultimo volo
Rosina Ferrario si ricongiunge con il cielo delle aquile il 3 luglio del 1957.
Appuntato sul petto, il nastrino l’accompagnerà nel suo ultimo volo.
Rosina è stata la prima, ha aperto le ali per tutte le donne aviatrici che sono venute dopo di lei e lascia dietro di sé una traccia indelebile di valore e di coraggio, una traccia che ancora oggi illumina ogni pista di volo che vede una donna alzarsi verso quegli stessi azzurri di cui Rosina si era innamorata.