Franco Scaglione. Born to be free

Artista, non solo designer. Franco Scaglione ha immaginato e disegnato linee tra le più belle della storia dell'automobilismo. Linee che ancora oggi sono sintesi di futuro, cifra assoluta di un'aerodinamica pensata come espressione di bellezza capace di parlare con il vento. Troppo spesso dimenticato, Franco Scaglione è un gigante della nostra storia.
Franco Scaglione

La sabbia era pietriscolo finissimo che il vento teso faceva infilare ovunque, nelle pieghe di una divisa sdrucita, negli occhi, in gola. L’acqua era qualcosa che cercavi di bere ingannandone l’odore. Ed è pur vero che nella notte del deserto le stelle sono più stelle che mai, ma nel dicembre del 1941 ogni volta che dalle sabbie libiche uno di loro alzava gli occhi al cielo, non sapeva se la notte dopo lo avrebbe fatto ancora. Erano ragazzi, pochi anni sulle spalle e una vita che poteva andare dall’oggi al domani. Franco Scaglione era uno di loro, solo che nella sua vita c’è stato qualcosa in più. Franco Scaglione del vento è diventato amico. Del vento del deserto per pochi mesi. Di quello dell’Himalaya per anni.

Franco nasce con il favore degli dei

Papà Vittorio è maggiore medico dell’esercito con discendenze nobiliari, mamma Giovanna capitano della Croce Rossa. Un amore della Grande Guerra, il loro, nato in un ospedale di campo dove il tempo corre veloce e può finire in un attimo. I due si amano, si sposano subito, nel 1915, e l’anno dopo, a Firenze, nasce Francesco, per tutti semplicemente Franco.  La guerra finita li trova tutti vivi e nel 1919 la famiglia aumenta con Eugenio. Tutto sembra andare al meglio, ma nel 1922 la vita passa all’incasso; papà Vittorio muore e mamma Giovanna decide di tornare nel paese di famiglia, a Carolei, vicino Cosenza, dove Franco cresce, studia e coltiva la passione per la lettura e lo sport. La licenza liceale la prende a Cosenza. Complici gli studi classici, un’educazione familiare e una sensibilità personale, è in questi anni che Franco inizia a coltivare il senso dell’estetica e della bellezza. L’Università segna un cambio di rotta, almeno apparente; torna a Firenze, si iscrive alla Facoltà di matematica e scienze applicate e qui la sua idea di bellezza inizia a chiamarsi aerodinamica.

La grande suggestione del volo

Questi sono gli anni dei raid aerei, delle trasvolate atlantiche di Balbo e di imprese che segnano record di altitudine e di velocità facendo gonfiare i petti e agitando la fantasia di tutti, anche quella di Franco che, laureatosi in aerodinamica nel 1937, l’anno seguente si iscrive alla Facoltà di ingegneria aeronautica a Bologna. Il tempo corre e con la maggiore età arriva la chiamata alla leva. Franco accarezza l’idea di entrare in Accademia aeronautica, ma la sua miopia non glielo concede e così per lui il servizio militare significa 18 mesi tra Scuola Ufficiali di Pavia e reparto di prima nomina, il Genio Pontieri.

Poi, però, arriva altro e si chiama guerra

Richiamato alle armi, a Franco Scaglione il Genio Pontieri non basta. A Civitavecchia si sta formando il corso per il Genio Guastatori e lui si propone volontario. Ad aprile 1941 i 1.300 ragazzi delle quattro compagnie allievi formano il XXXI Battaglione Genio Guastatori. Il battesimo del fuoco è in Jugoslavia dove rimangono qualche mese per poi rientrare, fare tappa di rinfrancamento a Torino ed infine trasferirsi a Brindisi. La destinazione ovviamente non è la Puglia, ma la Libia. Il XXXI s’imbarca sulla Neptunia, altri reparti sono sull’Oceania e sulla Vulcania. Con la scorta di cinque cacciatorpediniere, il convoglio salpa il 16 settembre per attraversare un Mediterraneo che non è più Mare Nostrum da tempo. Non manca molto per arrivare a Tripoli quando, poco dopo le quattro di notte del 18 settembre, sotto gli occhi delle vedette il mare è tagliato da lunghe scie bianche. Il branco di sommergibili inglesi aveva atteso a lungo, il tempo di azzannare la preda era arrivato.  I piroscafi tentano manovre elusive, le navi di scorta lanciano bombe di profondità, ma i siluri schiantano prima la Neptunia e poi l’Oceania. L’evacuazione dalla Neptunia è drammatica, scialuppe per tutti non ce ne sono, Franco salta in mare. Solo Dio lo può salvare. Dio e qualche uomo di buona volontà. Passato l’attacco, mentre la Vulcania procede scortata verso Tripoli, un paio di caccia rimangono in zona per recuperare i naufraghi. Franco è tra loro. Tripoli, dove sbarca nel pomeriggio, non è il “bel suol d’amore”, ma un miracolo.

Yol, India
(Yol, India, 1941-1946)

Dal deserto all’Himalaya

Per il XXXI Guastatori è subito prima linea, capisaldi avanzati a sud di Tobruk. Il deserto libico per Franco dura qualche mese; alla vigilia di Natale, in località el Duda, i britannici della Western Desert Force impegnati nell’operazione Crusader lo fanno prigioniero. Quel giorno però per Franco non segna la fine della guerra, ma l’inizio di un’altra storia.  Una storia che significa una marcia verso l’Egitto, un nuovo imbarco, il Mar Rosso, l’Oceano Indiano, croste di pane muffo, cipolle e aria strozzata sotto ponte, lo sbarco a Bombay e un treno per un viaggio infinito verso una cittadella militare a 1.800 metri di quota, sotto l’Himalaya. Una cittadella che per nome ha solo una sigla, Yol. Una cittadella con quattro campi recintati, ognuno con una decina di baracche e ognuno con un suo numero: 25, 26, 27 e 28. C’è anche il 29, più distante dai quattro e senza alcun recinto che tanto da lì non può scappare nessuno: è il camposanto. Per cinque anni, fino al dicembre 1946, la casa di Franco Scaglione sarà il campo 25 dove, dopo l’8 settembre ’43, rimane solo chi non ha giurato nuova fedeltà al Re. Quelli del campo 25 saranno gli ultimi a essere liberati; rientreranno in Italia con l’ultima nave dall’India, nel dicembre 1946. Hanno scontato tutto, anche quello che non hanno fatto. Il motivo è chiaro.

La vita nuova

Quando torna a casa Franco ha 30 anni, è un uomo fatto e quello che si porta dentro dopo guerra e prigionia non lo condividerà con nessuno. Per quasi un anno rimane nella casa materna, in Calabria, dove riprende le misure con il mondo e con una vita da uomo libero. Sul finire del 1947 si trasferisce a Bologna; per terminare gli studi di ingegneria è ormai tardi, ma la sua vena estetica e creativa è dirompente. Per vivere disegna figurini per l’alta sartoria, ma per sognare disegna automobili di cui l’aerodinamica diventa cifra estetica assoluta. Quando inizia a proporre i suoi disegni trova qualche apprezzamento, ma soprattutto porte chiuse, non prende lavori, ma stabilisce qualche buona relazione, come quella con Vittorio Stanguellini, personaggio che presto entrerà nella sua vita. Franco ne ha viste già tante e le difficoltà non gli fanno perdere né passione e né speranze. Il lavoro con le sartorie lo rende economicamente indipendente, tanto che il 25 settembre 1948 sposa Maria Luisa Benvenuti, la donna con la quale dividerà una vita e con la quale avrà, nel 1950, una figlia amatissima, Giovanna. Per inciso, sia il vestito che Maria Luisa indosserà per l’annuncio ufficiale del fidanzamento che quello del matrimonio sono disegnati da lui.

Franco Scaglione
(Franco Scaglione. Disegno della Lancia Aurelia B53 Balbo)

La passione, però, preme

Nel 1951 Franco prende famiglia e cuore in mano, si trasferisce a Torino e va incontro al destino che lo attende. Sono gli anni della ricostruzione, nella metalmeccanica c’è il bagliore che annuncia una prossima ripresa economica, Torino è un fermento meccanico e motoristico, le carrozzerie sono di grande tradizione e lui propone a tutti i suoi modelli dalle linee innamorate di futuro. Lavora inizialmente nella carrozzeria Farina, al tempo già un monumento, ma l’alchimia non scatta e dura poco. I primi progetti che prendono corpo sono per la carrozzeria Balbo di Giovanni Michelotti, due modelli unici, uno su Fiat 1400 Coupé e un altro su Lancia Aurelia B53. Bellissimi.

L’avventura con Bertone

Fondata da Giovanni nel 1912, affermata sin da subito, la carrozzeria Bertone è una grande storia italiana che, nel dopoguerra, Nuccio porta sulla vetta del mondo motoristico. Franco Scaglione arriva in Bertone nel 1952, ci rimarrà fino al 1959 e quello che accadrà in questi sette anni lascia un segno indelebile nel design italiano e in quello che il mondo pensa di noi. In questi sette anni la creatività di Franco matura, si affina e, soprattutto, trova nello studio del vento e dell’aerodinamica, il suo zenith imprescindibile. È una bellezza nuova quella che nasce dai disegni di Franco Scaglione, una bellezza che cambia il presente attingendo a piene mani nel futuro, una bellezza futurista nel senso letterario del termine, amore fulmineo per la velocità in cui la forma diventa essenza. Di più, la bellezza delle linee di Franco Scaglione è nostalgia del futuro e di qualcosa che non accadrà mai. Con Bertone firma nel ’52 l’Abarth 1500 biposto, nel ’53 la Stanguellini 1100/103 TV berlinetta.
Tra il ’53 e il ’55 firma l’epopea della concept car BATBerlinetta Aerodinamica Tecnica – sviluppata su chassis Alfa Romeo 1900. Tre modelli, uno per ogni anno, un cx da 0,19 per meno di 1.100 chili di peso.

Franco Scaglione BAT
(Franco Scaglione. Le tre BAT)

Le BAT – aggiudicate tutte e tre in unico lotto alla Sotheby’s Contemporary Art Evening Sale a New York nell’ottobre 2020 per 14,8 milioni di dollari – sono di una bellezza commovente, sono quello che potevamo essere e non siamo stati. Del ’54 sono la concept car Alfa Romeo 2000 Sportiva e, per la produzione di serie, l’Alfa Romeo Giulietta Sprint che per Franco deve essere stata un punto nel cuore; ne compra una che guiderà sin quando la salute non glielo impedirà. E poi, nel’57, la Stanguellini 1200 Spider America e l’Alfa Romeo Giulietta Sprint Speciale. Non solo queste, naturalmente, le creature firmate da Scaglione e che contribuiscono alla crescita della Bertone, ma inutile fare un elenco della bellezza.

Scaglione Giulietta Sprint
(Franco Scaglione. Alfa Romeo Giulietta Sprint)

Sette è numero misterico, biblico, cabalistico. Sette come i giorni della creazione, sette come gli anni di Scaglione con Nuccio Bertone, sette anni straordinari finiti per una contrarietà diventata litigio. Gentile fino all’estremo, Franco Scaglione ha maturato un suo senso della dignità e della giustizia che non ritiene derogabile. Neanche quando, nel 1959, si tratta di aprire una porta per richiudersela alle spalle e prendere una direzione sconosciuta.

Gli anni ‘60

Lasciata la Bertone, Franco apre un proprio studio di progettazione a Torino, uno spazio libero dove l’unica gerarchia è quella della bellezza che ha in mente e da cui si fa guidare. Gli anni ’60 sono un turbinio. Il suo stile è ormai riconoscibile e sono tanti quelli che si rivolgono a lui. Firma, tra gli altri, per Abarth, Maserati, Lamborghini e per la giapponese Prince. Instaura una collaborazione duratura con l’americana Intermeccanica di Frank Reisner di cui firmerà praticamente quasi tutti i modelli GT, dall’Apollo del ’63 fino all’Indra coupé del ’72, passando per la Griffith, la Titania, la Torino, l’Italia e la Murena. Anche queste sono automobili bellissime, ma la storia con Intermeccanica, nella quale ad un certo punto Franco diventerà socio, finirà con un fallimento, la perdita dei soldi e, soprattutto, una delusione forte. Tra tutte, in questi anni ’60, due sono però le pietre miliari dello stile di Franco Scaglione.

Franco Scaglione Titania
(Franco Scaglione. Intermeccanica Titania)

1963

Questo è l’anno della Colibrì. Telaio Stanguellini, carrozzeria realizzata dalla Gransport di Modena, motorizzata con un monocilindrico da 248 cm3 Guzzi, la Colibrì sviluppa 29 CV, tocca i 164,63 km/h e, con questa velocità di punta, il 9 ottobre sulla pista di Monza stabilisce sei record assoluti di categoria, cinque sulla distanza e uno sul tempo dell’ora. A guidarla Angelo Poggio e Pietro Campanella. A immaginarla Franco Scaglione che, ovviamente, l’aveva pensata per la velocità pura e gli aveva fatto prendere una linea capace di essere vento, bella, funzionale e in sintonia leggera con l’aria di cui diventava parte.

Scaglione Colibrì Stanguellini
(Franco Scaglione. Stanguellini Colibrì)

1967

Se la bellezza ha un numero, c’è da pensare che questo numero possa essere il 33. Siamo nel 1967. Quando il prototipo dell’Alfa Romeo 33 Stradale gira in anteprima sul circuito di Monza in occasione delle manifestazioni per il Gran premio d’Italia, i fortunati che assistono rimangono a bocca aperta. Quando invece, due mesi dopo, la 33 Stradale è presentata al Salone dell’Auto di Torino, a rimanere a bocca aperta è il mondo intero. Non è stato facile. Non è stato facile per Franco lavorare in Autodelta in condizioni ambientali e umane che non immaginava. Per oltre un anno parte da Torino con il treno delle 6.00 e lo riprende da Milano alle 19.00, due ore dopo è al tavolo per la cena e stanchezza e delusioni non gli impediscono di avere una parola per tutti. I rapporti con Carlo Chiti non sono semplici; Chiti ha un carattere particolare non esente da comportamenti e parole di troppo. Franco mangia i bocconi amari solo perché ha firmato un contratto e il suo senso etico non gli consente di abbandonare il treno in corsa. Non l’ha mai fatto nella sua vita, non lo farà neanche adesso. A mantenere per quanto possibile l’equilibrio ci pensa Giuseppe Luraghi, uomo di grande visione e al tempo presidente di Alfa Romeo. La 33 Stradale deriva motoristicamente dalla Tipo 33 da competizione, ma dal punto di vista stilistico è veramente un’altra macchina.  Soprattutto è una delle automobili più belle mai immaginate, costruite e circolate. Nel marzo del 1968, con le prime tre vetture ultimate, senza troppi fronzoli, Chiti informa Scaglione che il suo incarico in Autodelta era concluso. È il corollario di un clima che lo aveva visto escluso dall’allestimento della 33 Stradale Daytona, in lavorazione nei giorni in cui lui era ancora in Autodelta. Franco andrà via come sapeva fare lui, pugni in tasca e dignità da vendere. Dopo anni ricorderà il periodo in Autodelta come uno dei peggiori della sua vita.

Scaglione 33 Stradale
(Franco Scaglione. Alfa Romeo 33 Stradale)

Titoli di coda

Dopo le vicende di Intermeccanica, Franco si lascerà dietro vita e lavoro. Nel 1981 trova il suo mondo a Suvereto, borgo del livornese, dove condurrà una vita riservata e a tratti estraniata. Il disegno della sua ultima linea arriva il 19 giugno 1993.
Troppo spesso dimenticato, Franco Scaglione è stato un artista, uomo di sensibilità estrema e di raffinata comprensione delle regole misteriose del mondo.

Franco Scaglione YOL
A Yol, sotto l’Himalaya, nell’area di quella che adesso è una base dell’esercito, i militari indiani hanno restaurato e conservano con cura un monumento in pietra al tempo realizzato dai prigionieri italiani. Alla base del monumento hanno posto una targa a ricordo di quegli anni e degli uomini del campo.
La targa recita Born to be free. Nato per essere libero.

Born to be free.
Per ricordare oggi Franco Scaglione, l’uomo che ha saputo parlare con il vento, non posso trovare parole migliori.

 

 

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Marco Panella, (Roma 1963) direttore editoriale di Sportmemory, giornalista, scrittore. Ha pubblicato i romanzi "Io sono Elettra" (RAI Libri 2024) e "Tutto in una notte" (Robin 2019), la raccolta di racconti "Di sport e di storie" (Sportmemory Edizioni 2021), i saggi "Pranzo di famiglia. Una storia italiana" (Artix 2016), "Fantascienza. 1950-1970 L'iconografia degli anni d'oro" (Artix 2016), "Il Cibo Immaginario. Pubblicità e immagini dell'Italia a tavola"(Artix 2015).

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