Prima convocazione: ora 15,30 Oratorio Don Bosco, puntuali, guai ritardare! Alle 15,00 eravamo già a ridosso della porta dello spogliatoio, pronti a cambiarci per entrare in campo tutti insieme. Dentro lo stanzone c’erano solo alcune panchine di legno, niente docce. Un religioso silenzio accompagnava la nostra vestizione. Sulle panche, in ordine alfabetico, c’erano: una maglia, un pantaloncino e un paio di calzini di colore giallo e blu, pronti per essere indossati, sopra al completo un foglio bianco con su scritto il nominativo, era il massimo. Attoniti cercavamo la nostra postazione con un solo e unico pensiero per la testa, da oggi si gioca un altro calcio, il campionato domenicale sul campo d’asfalto rimane solo un bellissimo ricordo.
Come i grandi
Tutti schierati a centrocampo, con le maglie tutte uguali, una vaga sembianza di calciatore professionista immortalato dalla foto di rito. La prima foto di gruppo, rigorosamente in bianco e nero. Eravamo carichi e concentrati, pronti a iniziare questa nuova avventura. Il primo serio allenamento in gruppo con tanto di allenatore che, una volta concluso un discorso di benvenuto ma anche di elencazione di regole ha dato il via al gioco del calcio. Schierato a centrocampo, incitava gridando e fischiando, a dare il massimo, a stare concentrati, e noi lì, massicci e compatti a eseguire ogni esercizio richiesto. Scatti, allunghi, e poi braccia alte, braccia allargate, veri e propri manichini in carne e ossa. In fila per due, senza dire una parola, ogni tanto uno sguardo d’intesa serviva a darci coraggio l’uno con l’altro. Non eravamo mai stanchi.

Il calciatore misterioso
Mentre noi eravamo tutti concentrati a dare il meglio, un ragazzo invece si allenava da solo, da una parte seguito dal suo allenatore della domenica, l’antagonista di sempre, il Signor Pini. Lo seguiva passo passo alternando esercizi ginnici con altri esercizi con il pallone, un pallone nuovo di zecca solo per lui. Quante volte l’ho visto affaticato cercare di riprendersi in quei pochi minuti di sosta che il Signor Pini gli concedeva, una manciata di minuti e poi di nuovo a mettere in atto ogni sorta di esercizio. A volte sentivamo addirittura le urla di questo uomo massiccio, dai capelli bianchi, rivolti al suo unico giocatore, chissà perché tutto questo…
L’arcano fu presto svelato, una società di calcio della zona lo aveva visto giocare la domenica sul campo d’asfalto dell’oratorio e aveva subito chiesto informazioni di questo talento classe 1956. Pini aveva fiutato l’interesse della società, da vecchio volpone ha voluto sin da subito gettare le basi per creare un buon calciatore, ancora in erba, ma con doti innaturali da permettersi di distinguersi dagli altri.
Prospettiva ALMAS
La Società era una di quelle che nel mondo del calcio dilettantistico romano si è sempre messa in evidenza, una buona e seria società, una meravigliosa vetrina per le più quotate società romane, e non solo. ASD ALMAS conosciuta da tutti gli addetti ai lavori. Il campo di gioco era collocato in via Demetriade, tra la via Appia e la via Tuscolana, un impianto con i fiocchi dove in tanti ambivano di poterci arrivare, almeno per un provino. In quegli anni l’ALMAS selezionava ragazzi longilinei, non era tanto importante saper giocare bene a pallone quanto la statura di ogni singolo calciatore. Spesso il gruppo dei giocatori selezionati dai Salesiani seguiva interessato gli allenamenti di questo ragazzo del ’56. Di tanto in tanto ci si scambiava anche qualche parola per sapere il perché di questa differenza di allenamento, non c’è mai stata una risposta ben precisa.
Il campo sotto l’acquedotto Felice
Per un breve periodo ci si allenava allo stesso posto e orario, poi il gruppo fu spostato su un campo di terra battuta a ridosso di alcuni antichi archi dell’acquedotto felice. Un capo regolamentare con le linee bianche tracciate dal custode mezz’ora prima degli allenamenti. Gli spogliatoi erano una specie di container con raggruppamenti di panchine di ferro verdi e di appendiabiti, c’erano le docce! Il mercoledì e il venerdì alle ore 15,00 sul campo; tutti insieme si iniziava sempre con parecchi giri di campo per poi passare agli esercizi ginnici. La seconda parte dedicata al pallone per poi finire con la solita partitella a tutto campo. Tutto questo per diversi mesi, diverse stagioni, sotto la pioggia incessante o sotto un sole cocente. A fine allenamento si andava via tutti insieme per un viottolo al buio fino alla strada illuminata dai lampioni e dalle luci delle case in cortina del quartiere dei ricchi, quello di viale Lemonia. E tutti siamo cresciuti in quel grosso campo marrone con le righe semi dritte che delimitavano il rettangolo di gioco.
Erano i primi anni settanta
Di quel ragazzo che si allenava da solo si è saputo dopo della sua intrepida carriera prima nelle giovanili dell’ALMAS per poi approdare al Cagliari di “Giggi Riva”. Era diventato un vero e serio professionista. Debuttò addirittura nella massima serie nel 1975, allenatore del Cagliari era Gigi Radice. La stagione successiva siglò anche una rete contro l’Ascoli. Sessantuno presenze con la maglia dei quattro mori per poi approdare alla corte di un altro grande personaggio del calcio di quei tempi, il Presidente Romeo Anconetani del Pisa.
Noi invece abbiamo continuato a giocare con il PGS Don Bosco, qualcuno ha cambiato casacca e società partecipando a campionati di un certo spessore, dove ogni tanto si giocava su campi verdi
Il nome di quel giocatore solitario? Vito Graziani, nato a Roma, Classe 1956, di Cinecittà.