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Jeff Bezos e il sogno di Wally Funk

Dice che a cinque anni sognava di andare nello Spazio. Normale, noi nati intorno agli anni '60 lo abbiamo sognato tutti, ma lui è Jeff Bezos e ieri c'è andato veramente. Soprattutto c'è andato con Wally Funk, finalmente astronauta a 82 anni.
jeff bezos e wally funk

Jeff Bezos e Wally Funk sono un paradigma siderale, due estremi ricongiunti, figli di un tempo e di un mondo diverso che si sono ritrovati a bordo dello stesso sogno.
La differenza è che Jeff Bezoos il mondo lo ha cambiato, mentre Wally Funk lo ha subito. Almeno sino a ieri, una giornata che sulla sua agenda di vita rimarrà segnata come la data del riscatto.

Lo sport per lo Spazio

Un piccolo passo indietro, però.
Nel caso doveste pensare che lo Spazio c’entri poco con lo sport, allora leggete la nostra copertina di maggio, quando l’astronauta Roberto Vittori ha scritto in esclusiva per noi raccontandoci della sua esperienza e di quanto sia importante, specialmente in uno scenario di lunga permanenza in micro gravità, osservare un costante e scrupoloso programma di allenamento sportivo spaziale.
La novità è che se fino a qualche anno fa andare nello Spazio era riservato agli astronauti, la prospettiva del secolo ora palesemente più vicina è che saranno sempre di più persone senza un addestramento specifico, turisti spaziali piuttosto che ricercatori e scienziati, a vivere l’esperienza del viaggio e della permanenza spaziale, se non proprio tra le stelle come la suggestione ci può lasciar immaginare, ma quanto meno al di fuori dell’atmosfera terrestre.

La sfida dei miliardari

jules verneLa novità è che a distanza di 140 anni dalla pubblicazione del romanzo, il clima sembra essere proprio quello del Reform Club, vero circolo di gentiluomini inglesi dove Jules Verne fa nascere la sfida che porterà Phileas Fogg e il suo cameriere a fare il giro del Mondo in mongolfiera entro i fatidici 80 giorni.
La nuova corsa allo Spazio, quella che apre le porte al viaggio commerciale, turistico o scientifico che potrà essere, nasce in effetti sulla spinta di un rinnovato club, se non di gentleman quantomeno di miliardari visionari.

A sfidarsi nella rincorsa del primato sono infatti uomini che nel corso degli ultimi trenta anni hanno cambiato il quotidiano di tutti noi: Richard Branson con Virgin Galactic, Elon Musk con Space X, Jeff Bezos con Blue Origin, non ancora Mark Zuckemberg, ma non è detto che non ci ripensi in futuro hanno dimostrato che l’era dei viaggi spaziali commerciali è ufficialmente iniziata.

All’insegna della sfida Richard Branson, che con i suoi ricchi e gagliardi 71 anni aveva programmato il salto verso l’alto in autunno, alla notizia che Jeff Bezoos sarebbe partito il 20 luglio ha anticipato tutto, bruciato il tempo e l’11 luglio a bordo della sua Unity 22 lui, due piloti e due ingegneri hanno volato sino a circa 100 km dalla Terra.
Non parliamo proprio di Spazio, almeno non di quello suggestivo del viaggio interstellare, ma in fondo è solo l’inizio.

La genialità di Bezos

Il 20 luglio Jeff Bezos ha fatto qualcosa di diverso, però.
O meglio, ha fatto qualcosa di più perché lui e la sua creatura Amazon possono anche non piacere a molti, ma non si può dire che Jeff Bezos non sia un geniale uomo di marketing.

Anzitutto non ha scelto a caso né la data di lancio e né il nome per la sua navicella; volando il 20 luglio, ricorrenza dell’allunaggio del 1969, e nominando la navicella a memoria del primo astronauta americano Alan Shepard, Jeff Bezos ha rivendicato la continuità, la sua continuità personale, con la prima corsa allo Spazio, quella vinta, seppur in maniera non scontata, dagli americani. 

Poi ha fatto una scelta di famiglia, inaugurando con la presenza a bordo del fratello Mark la prima dinastia spaziale della storia.

Jeff Bezos
(Credit: Epa/Blue Origin)

Dettagli non trascurabili anche gli stivali texani indossati da Bezos sotto la tuta spaziale  e lo Stetson in testa al suo rientro sulla Terra; non è dato sapere se sotto la tuta avesse anche una Colt, ma il mito della frontiera americana con stivali e cappello da cow boy è già ben raffigurato.

Infine ha scelto di marcare esteticamente il concetto di Spazio fruibile per tutti; portando a bordo un ragazzo di 18 anni e una matura signora di 82 ha dimostrato che l’età non è mai un problema.

Jeff Bezos avrebbe potuto chiamare un qualunque retired americano in buona salute a condividere sulla navetta New Shepard il suo sogno da bambino di cinque anni, ma ha scelto lei e mai scelta fu così indovinata.
Jeff Bezos ha scelto Wally Funk e Wally non è una qualunque retired americana.
Wally è il simbolo di uno Spazio americano che non c’è mai stato.

Il sogno di Wally

Wally FunkWally Funk nasce nel 1939, alla vigilia di una tempesta che sconvolgerà il mondo. Lei non lo può sapere, ma da quella tempesta e dalle sue tragedie nascerà l’avventura spaziale.
I sogni dei grandi iniziamo sempre da piccoli e Wally, da bambina, guardava il cielo, vedeva gli aeroplani, soprattutto ci si vedeva sopra e forse qualcuno le avrà raccontato la storia di Amelia Earhart, la pioniera del volo dispersa nel Pacifico nel 1937 durante il suo tentativo di giro del mondo in aereo.

Brevetto di volo a 19 anni, istruttrice a 20, Wally la sua suggestione la insegue, partecipa al programma Mercury 13 promosso della Fondazione Lovelace per testare l’attitudine femminile al viaggio spaziale e selezionare le migliori candidate da proporre alla NASA. Un allenamento inteso, con prove fisiche spinte all’estremo e che Wally affronta brillantemente fino a quando, in mancanza di un endorsement ufficiale della NASA che consentisse di usare impianti militari per completare le prove attitudinali, il programma venne cancellato.
Gli Stati Uniti persero un’opportunità.

Rimarcando il predominio sovietico che durerà sino all’allunaggio del 1969, la prima donna nello Spazio sarà la russa Valentina Tereškova che volerà nel 1963, mentre la prima donna americana sarà Sally Ride, esattamente venti anni dopo, nel 1983.

Wally FunkEsclusa dalla possibilità di essere impegnata nei voli spaziali, Wally passerà comunque una vita nel mondo aeronautico lavorando per la Federal Aviation Administration, i sogni non li dimentica, li custodisce perché forse, da qualche parte, sapeva di dover aspettare il momento giusto.

O forse, come capita spesso nella vita, l’uomo giusto.
Un uomo di nome Jeff.

 

Lo Spazio per tutti

Quelle a cui abbiamo assistito sono solo le prime avvisaglie della nuova avventura dello Spazio, il meglio deve sicuramente arrivare, ma le indicazioni sono già chiarissime e non devono essere trascurate.

Richard Branson è andato oltre la linea di Kármán a 71 anni, Wally Funk a 82, età una volta disabilitanti per moltissime attività, figuriamoci volare a 100 km dalla Terra.
Oggi il paradigma è cambiato, l’età anziana si è spostata molto in avanti e l’obiettivo del mantenimento in buona salute è percorribile e lo sarà sempre di più anche grazie alle innovative attività di ricerca biomedica compiute nello Spazio in micro e in assenza di gravità.

Innegabile, però, che il mantenimento in buona salute in età adulta sia favorevolmente influenzato da una sana attività fisica che inizi in età evolutiva e accompagni la persona durante tutto l’arco della vita.
E questo è un obiettivo di salute pubblica che, Spazio o meno, deve essere promosso e incentivato perché lo stare bene, oltre che personale, è un valore sociale.

Marco Panella, (Roma 1963) giornalista, direttore editoriale di Sportmemory, curatore di mostre e festival culturali, esperto di heritage communication. Ha pubblicato "Il Cibo Immaginario. Pubblicità e immagini dell'Italia a tavola"(Artix 2015), "Pranzo di famiglia. Una storia italiana" (Artix 2016), "Fantascienza. 1950-1970 L'iconografia degli anni d'oro" (Artix 2016) il thriller nero "Tutto in una notte" (Robin 2019) e la raccolta di racconti "Di sport e di storie" (Sportmemory Edizioni 2021)

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