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Surf Film. Il corto

Nella vastissima produzione cinematografica ispirata dal surf, un interessante cortometraggio cerca di porsi in un’ottica diversa da quelle usuali. Surf the movie, di Drew Miller e Jacob Breitinger prodotto della Twin Twin Production, racconta di Stacy, surfista ovviamente, ma anche un ragazzo alle prese con i suoi dubbi esistenziali.
surf

Florida del nord. Stacy vuole raccontare il surf, la sua vita, quello che ama.
Il suo è un sogno apparentemente semplice: vuole mettere il suo mondo intimo e personale tutto dentro un film.
Grande e piccolo schermo sono però saturi di storie di surfisti che inseguono l’onda perfetta, vincono tutte le gare o raccontano storie.
È per questo che non riesce a liberarsi di una domanda: interesserà a qualcuno?
Stacy prova allora a cambiare ottica; non il dopo, ma il prima, ovvero l’essenza di quello che per lui e tanti altri non è solo uno sport, ma uno stile di vita.

surf fil
(Photo credit: Twin Twin Production)

“Damn Brody is so cool”

Il cortometraggio si apre appunto con la domanda del surfista: “Come posso fare qualcosa di innovativo? Qualcosa che non si è mai visto prima?”.
Per prima cosa Stacy va in spiaggia. Il suo mondo inizia lì e lì ha dato appuntamento a quello che dovrebbe essere il suo protagonista, Brody.
Il corto inizia così. Luce patinata che già sa di oceano, testa a fauci spalancate di un piccolo alligatore sul cruscotto, macchina precaria quanto basta, un portabagagli che quando si apre ci mostra non solo oggetti affastellati, ma l’ordine libero che regna nella testa di un surfista.
Arrivato alla spiaggia, scalzo come da rito, una veloce pulizia alla sua videocamera non proprio ultimo modello, Stacy inizia la sua avventura.

Surf Troupe
(Photo credit: Twin Twin Production)

Brody e non Brody

In spiaggia Brody non c’è, ma Stacy incontra alcuni vecchi conoscenti. Pantaloncini rossi è un ragazzo che per il surf si annulla completamente, fino a perdere il suo vero nome, e che con il surf insegue il sogno di diventare una stella del cinema. Convinto che Stacy sia proprio l’occasione che aspettava, lo incalza per farsi dire bene su come intende svolgere il lavoro. Inutile, Stacy non ha problemi a dirgli che neanche lui sa esattamente come iniziare, né cosa fare.
Arriva poi Bill, solo che lui non è un surfista; la sua passione sono i castelli di sabbia.
Non ha richieste per Stacy se non quella di fargli vedere i suoi castelli di sabbia.  “Cosa intendi farci?” gli domanda l’aspirante regista.
Non lo so, per ora mi godo il momento, mentre li costruisco” risponde sorridente il ragazzo.
Ecco la prima lezione per Stacy. Alla ricerca dell’ispirazione, sta forse dimenticando il cuore del suo lavoro: l’amore per il surf.
Guarda verso il mare, Brody non c’è.
Qualcosa inizia però a cambiare dentro il nostro protagonista.

castelli di sabbia
(Photo credit: Twin Twin Production)

 Flagler

Stacy decide di cercare Brody in un’altra spiaggia vicina, Flagler.
Videocamera in mano, sguardo nelle onde per vedere se tra una e l’altra dovesse mai vederlo comparire, mentre cammina e riflette Stacy inciampa in un’altra vecchia conoscenza: un regista che aveva conosciuto grazie proprio a Brody che aveva precedentemente lavorato con lui.
Sta girando, sa come muoversi, è sicuro di cosa volere, sa dove puntare la macchina e come catturare la luce.
Sono tutti uguali questi surfisti, non cambia niente”, lo sente sussurrare all’assistente.
Anche se davanti ha l’esempio fatto persona di quello che vorrebbe diventare, queste parole gli rotolano come macigni nella testa.
Lui sa che il suo lavoro sarà mosso dall’amore per il mare, per il surf e per chi, come lui, lo vive e non potrebbe fare a meno della pelle bruciata dal sole e di capelli pieni di sale.

Stacy
(Photo credit: Twin Twin Production)

Il volo verso l’alto

Demoralizzato, Stacy passeggia sulla spiaggia; ormai ha quasi perso la speranza di trovare Brody.
Vicino a un pontile, un urlo irrompe nei suoi pensieri: poco lontano da lui, un gabbiano è rimasto incastrato in un amo da pesca.
Senza pensarci un attimo, si butta in acqua e lo salva. Lo porta a riva e si assicura che non sia ferito e poi via, il gabbiano torna al cielo che gli spetta.
Mentre dalla spiaggia lo guarda volare, accanto a lui un richiamo lo cerca.
Il gabbiano si materializza e inizia a parlargli: è il suo totem, lo stesso che ha tatuato sul petto.
Gli parla e lo ringrazia.
Tu hai cuore”, gli dice.
Nulla accade a caso. Il gabbiano è il suo animale guida, Stacy sa che solo a lui può porre la domanda che lo affligge dall’inizio: “Come posso sapere di stare facendo bene?”.
Non puoi, puoi solo fare il massimo, goderti il percorso e seguire il tuo cuore”.
È così che Stacy guarda la sua videocamera, poi l’alza agli occhi e la punta verso il mare.
Adesso sa cosa fare.

Stacy
(Photo credit: Twin Twin Production)

Uno di noi

Forse il film Stacy non lo ha mai girato, oppure è diventato un regista di successo, questo non ci viene raccontato e in fondo non serve saperlo.
A noi rimane il senso di libertà e di passione della sua opera incompiuta.
Tutti siamo stati Stacy, magari persi e con un sogno difficile da realizzare, ma come lui, basta avere un porto sicuro.
Mare, tavola o totem che sia.  

Rachele Colasante nata a Roma nel 1999, da sempre incuriosita dalle storie, studia Lettere a RomaTre cercando di scrivere la sua al meglio. Ancora non sa dove la condurrà il suo percorso, ma per ora si gode il paesaggio.

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