In una vecchia fotografia in bianco e nero scattata a Milano in piazzale Duca d’Aosta si vedono dei soldati americani in divisa che giocano a baseball di fronte alla Stazione Centrale. Quell’immagine risale all’estate del 1945, la Seconda guerra mondiale era finita da pochi mesi, e insieme al boogie-woogie e al chewing gum in Italia era arrivato anche il baseball, quello strano sport, così americano che più americano non si può, che si gioca con una mazza per colpire la pallina e un guantone per riceverla e che Gianni Brera definirà “lippa scientifica”.
Il derby del baseball
Dopo tre anni ormai i soldati della V Armata erano tornati a casa, ma il seme gettato cominciava a dare i primi frutti. Nel 1948, veniva fondata la Lega Italiana Baseball e il 27 giugno al campo Giuriati si disputò la prima partita ufficiale con solo giocatori italiani di fronte a 3.000 spettatori. Era un derby: Milano Baseball 1946, la prima e la più antica squadra del baseball italiano, contro gli Yankees Inter. Per la cronaca, fu un pareggio, 21-21. Nello stesso anno partì il primo campionato italiano con solo cinque squadre, tra le quali anche il Milano ‘46, che oggi è l’unica società ancora esistente, ma che dovrà aspettare il 1958 per vincere, con la denominazione di Cus Milano, il primo scudetto.
Elliot Van Zandt
Era il Milano di Elliot Van Zandt uno di quei soldati americani che avevano portato la mazza e il guantone nel nostro Paese, e che poi però aveva scelto di non tornare a casa. Innamoratosi dell’Italia, l’ex capitano di fanteria di colore era rimasto qui a fare l’allenatore di baseball, della Nazionale di basket e perfino il preparatore fisico nel Milan, una novità assoluta per il calcio di quei tempi. Un personaggio meraviglioso e ahimé poco ricordato Van Zandt, purtroppo prematuramente scomparso nel 1959 a solo 44 anni sul volo che avrebbe dovuto portarlo a Chicago per effettuare un trapianto di rene.
Anni sessanta
Nei favolosi anni Sessanta Inter e Milan dominano in Europa, ma anche la grande Europhon, la denominazione di quegli anni del Milano ‘46, non è da meno, tanto che arriva a vincere tre Coppe dei Campioni di seguito nel 1969, 1970 e 1971. La squadra gioca i suoi incontri casalinghi in un nuovo fiammante impianto inaugurato nel 1964, il campo Kennedy di via Olivieri, che viene subito ribattezzato la “Scala del baseball”.
Ritorno al futuro
In quegli anni lo squadrone di Milano arriva sulle prime pagine dei quotidiani sportivi e tra le figurine Panini. A guidarlo c’è Gigi Cameroni, un autentico personaggio. Trascinatore, istrione, scaramantico all’inverosimile, bravissimo nel darsi in pasto ai giornalisti con le sue polemiche di volta in volta contro Nettuno, Bologna e Parma, le grandi avversarie dell’epoca.
Finito il grande ciclo dell’Europhon, arrivano i tempi grami per il baseball milanese. Per motivi economici vengono attuate addirittura anche diverse “autoretrocessioni” e la squadra che un tempo dominava in Italia e in Europa si ritrova tristemente a giocare in serie C1. Poi negli ultimissimi anni la resurrezione e finalmente il glorioso Milano ‘46 è tornato nella massima serie.