La stagione NFL 1987 fu caratterizzata dallo sciopero dei giocatori, che durò solo 24 giorni, ma che mise in pericolo la disputa dell’intera stagione. Stanchi del fatto che i proprietari delle franchigie avessero un controllo pressoché totale sulle loro esistenze, prima della terza settimana di gare, i giocatori, tramite il loro sindacato NFLPA, dichiararono che non sarebbero scesi in campo. L’adesione fu dell’85%. Alcuni professionisti non aderirono solo perché furono minacciati di licenziamento. L’oggetto del contendere era essenzialmente quello che noi oggi chiamiamo free agency, cioè la possibilità da parte di un giocatore di diventare proprietario del proprio cartellino alla fine di un contratto, cioè l’antesignano del parametro zero oggi tanto (ab)usato in ambito calcistico.
Le franchigie corrono ai ripari
Il rifiuto di scendere in campo non metteva in pericolo solo la regolare disputa del campionato, ma sarebbero anche saltati contratti di sponsorizzazione, pubblicità e diritti vari, fondamentali per la gestione economica, piuttosto gravosa, delle squadre. Pertanto, le compagini cercarono dei giocatori che potessero sostituire il più degnamente possibile i titolari. Furono reclutati i personaggi più impensabili: vecchie glorie, bidoni che si erano ritirati a vita privata, buoni prospetti dei tempi del college che non erano riusciti a entrare nel circuito dell’NFL. C’era addirittura qualche ex giocatore finito in carcere in attesa di giudizio per rapina e spaccio. A tutti loro venne data l’opportunità di giocare come undrafted free agents al minimo salariale, che era comunque una paga di tutto rispetto.
Una seconda occasione
Una insperata seconda occasione per tanti giocatori che avevano accarezzato a lungo il sogno di diventare acclamati professionisti del football americano. E tutti si impegnarono al massimo nelle tre gare (dalla quarta alla sesta giornata) che disputarono. Anzi, le vittorie riportate dalle riserve furono fondamentali per il trionfo finale dei Washington Redskins, che ebbero la meglio sui Denver Broncos per 42 a 12 nel Super Bowl.
Limitati i danni
Grazie alle riserve improvvisate, il movimento NFL riuscì a limitare i danni. Perfino gli introiti televisivi subirono una flessione di circa il 20%, decisamente minore rispetto alle previsioni delle reti televisive coinvolte.
I nomignoli affibbiati alle squadre
Durante lo sciopero, alle squadre formate dai sostituti furono attribuiti nomignoli ironici, che ben inquadravano la situazione surreale che tutto il mondo NFL stava vivendo in quel momento. Così i Chicago Bears diventarono i “Chicago Spare Bears” (letteralmente, i Chicago Bear di scorta), i San Francisco Forty Niners furono ribattezzati “San Francisco Phoney Niners” (cioè, San Francisco Finti Niners), e i Seattle Sea Hawks niente di meno che “Seattle Sea-scabs” (Seattle Crumiri Marini).
Un sogno durato poco
Quando i titolari revocarono lo sciopero e si resero disponibili a scendere in campo per la settima week, per i “crumiri”, salvo alcune eccezioni, restò solo un mesto ritorno a casa e alle loro vite “normali”. Il sogno della NFL per loro durò davvero poco!
Le riserve
Ispirato a queste vicende, nel 2000 esce il film The Replacements (Le riserve nell’edizione italiana), diretto da Howard Deutch, che racconta la storia assurda e bizzarra dei Sentinels di Washington, che ricalca in maniera molto romanzata le vicende dei Washington Redskin del 1987. Il film, uno dei più amati dagli appassionati italiani di football americano insieme a Ogni maledetta domenica e Bulldozer, vanta un cast di tutto rispetto, in cui spiccano Gene Hackman, nel ruolo dell’allenatore bravo e caparbio Jimmy McGinty, e Keanu Reeves, che interpreta Shane Falco, un quarterback di grande talento che si era ritirato dopo una finale universitaria persa in malo modo, che con la sua leadership e il grande cuore prenderà in mano la squadra riuscendo a riscattarsi.
Keanu Reeves e lo sport
Non è il primo ruolo da sportivo per il bravo attore libanese/canadese. Dotato di una umanità fuori dal comune e di un atteggiamento da antidivo apprezzato da tutti i suoi fans, Keanu si appassionò da ragazzo all’hockey quando viveva in Canada. Diventò in breve una promessa, prima che un infortunio alla mano lo allontanasse dallo sport professionistico. Non a caso, il suo primo film Youngblood – Spalle larghe, del 1986, è ambientato nel mondo dell’hockey. Poi, in Point Break, 1991, lo abbiamo visto alle prese con il surf.
Appassionato di arti marziali (pratica ad alti livelli il karate e lo jiu jitsu) sia nella saga di Matrix, sia soprattutto in quella di Johnny Wick, lo vediamo sfoggiare le sue abilità e la sua invidiabile preparazione fisica, che gli ha permesso di girare senza controfigure anche le scene più complesse e difficoltose. È, inoltre, un amante dei motori. Con un socio aprì nel 2011 una avviata fabbrica di motociclette sportive, la ARCH Motorcycles. Ultimamente Keanu, come altre stelle del cinema, si è divertito a scendere in pista con una macchina da corsa, in un luogo tutt’altro che banale: il circuito di Indianapolis. Com’è andata? Beh, è arrivato ventiquattresimo su 35 concorrenti, ma non senza farsi mancare il brivido dell’uscita di pista al terzo giro per una manovra azzardata.
Che dite, lo perdoniamo?