Questa non è una storia di sport

Lavinia Montebove è una bambina con due vite. La prima è durata 16 mesi. La seconda è iniziata il 7 agosto 2018 nel parcheggio dell'asilo nido di Velletri. Questa è la sua storia e non è una storia di storia di sport. È una storia di giustizia e di indignazione.
Lavinia Liotta

Questa non è una storia di sport, è solo una brutta storia.
Non è una storia di sport e noi non dovremmo occuparcene, facciamo altro, è vero, ma è una storia che abbiamo incontrato qualche mese fa e che in parte abbiamo già raccontato parlando proprio di sport.
Questa è una storia che non può lasciare indifferente nessuno e che bisogna guardare in faccia per chiamare le cose con il loro nome.
Questa è la storia di Lavinia Montebove, una storia di persone, di dolore, di fragilità, di amore e di coraggio immenso.

Lavinia è una bambina con due vite, la prima durata di 16 mesi, troppo breve, ma abbastanza per farla amare dalla sua famiglia.
La seconda è quella iniziata il 7 agosto del 2018 nell’asilo nido di Velletri. O meglio, nel parcheggio dell’asilo nido di Velletri.
A 16 mesi, però, Lavinia cosa ne può sapere di cosa sia un parcheggio, di cosa sia una macchina  e di cosa sia una retromarcia.
Lavinia in quel parcheggio dell’asilo nido gattonava, perché questo fanno i bambini, ma Lavinia in quel parcheggio non doveva esserci, non doveva essere fuori dall’asilo, non doveva uscirne senza che nessuno la fermasse prima e la rimettesse a gattonare nella direzione giusta.
L’asilo è fatto per quello, è fatto perché i genitori affidino a qualcun altro i propri figli e perché quel qualcun altro se ne prenda cura nel tempo sospeso che li separa dal momento in cui i genitori li andranno a riprendere.

Non è stato così quel 7 agosto del 2018, il giorno in cui è iniziata la seconda vita di Lavinia ed è cambiata quella di Massimo e Lara, i genitori, e di tutta la loro famiglia.
Una famiglia che da quel giorno, ogni giorno, è cresciuta un po’ di più e nella quale sono entrati nuovi amici, ma anche medici, infermieri e terapisti.
Lavinia da tre anni vive in stato vegetativo, circondata da amore e da macchine e non saprei dire cosa sia più importante per tenerla con noi.

Il vero stato vegetativo, però, quello senza alcun amore intorno, è quello della giustizia italiana.
Una giustizia chiusa nel formalismo burocratico, nelle inefficienze, nelle procedure cavillose.
Una giustizia che nel tribunale di Velletri trova un buco nero capace di trasformare la speranza per un giusto processo in un processo dimenticato e in una giustizia negata.
Una giustizia che ha fatto passare dodici mesi per chiudere le indagini e altri ventiquattro mesi per arrivare alle prime udienze e per fissarne una nuova a marzo del 2022.
Una giustizia che, se proprio vogliamo insistere a chiamarla così, corre verso i termini di prescrizione del reato di abbandono di minore contestato alla maestra che doveva occuparsi di Lavinia.
Una giustizia che, se così fosse, sarebbe da condannare a un fine pena mai.

Questa non è una storia di sport, ma è una storia che appartiene a tutti e che i genitori di Lavinia hanno deciso di mettere a disposizione di tutti sulla pagina Facebook Giustizia per Lavinia.
Una storia che deve indignare tutti.

Anche noi, che ci occupiamo di sport e che raccontiamo storie.

 

Marco Panella, (Roma 1963) giornalista, direttore editoriale di Sportmemory, curatore di mostre e festival culturali, esperto di heritage communication. Ha pubblicato "Il Cibo Immaginario. Pubblicità e immagini dell'Italia a tavola"(Artix 2015), "Pranzo di famiglia. Una storia italiana" (Artix 2016), "Fantascienza. 1950-1970 L'iconografia degli anni d'oro" (Artix 2016) il thriller nero "Tutto in una notte" (Robin 2019) e la raccolta di racconti "Di sport e di storie" (Sportmemory Edizioni 2021)

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