Essere tifosi della Roma significa coltivare passione e, ovviamente, anche ricordi. Sarà perché non abbiamo una grande bacheca di trofei, sarà perché siamo fermi a solo tre scudetti, due dei quali ho vissuto da protagonista sugli spalti dell’Olimpico, sarà perché ricordiamo sempre gli idoli in calzoncini che abbiamo avuto in squadra, osannati per una splendida giocata o per un gol che ancora ci canta in gola di ognuno di noi. In questo caso, intendo noi che abbiamo vissuto il passaggio da “Rometta” a “Roma”.
Protagonisti oltre il campo
Oggi però non voglio ricordare giocate o gol particolari, capitani o grandi nomi, campioni o bidoni, voglio oltrepassare la barriera del calcio giocato per riportare alla mente di tifosi diversamente giovani alcuni personaggi che sono stati protagonisti del calcio fuori dal pallone.
Uomini oggetto
Uomini, certo, ma di una categoria a parte. Unica, direi. Uomini capaci di vivere qualche minuto e solo di domenica. Sto parlando dell’uomo “Pallini” e dell’uomo “Spica”. Appena terminato il primo tempo, c’era un personaggio che, indossata la forma della bottiglia di liquore oppure, altre volte, vestito come un’enorme candela di accensione, girava per tutto il campo di calcio. Almeno tre giri del rettangolo di gioco, mettendo così in bella vista il prodotto sotto gli occhi di tutti. Spesso, per ingannare l’attesa spasmodica del secondo tempo, mi soffermavo a guardare questa figura mitologica che mi appariva metà uomo, metà bottiglia o metà candela. Una specie di centauro araldico, insomma. Ogni volta la stessa identica domanda: chi c’era dentro quella bottiglia? Che faccia c’era sopra quelle gambe che spuntavano dalla candela gigante? Nessuno di noi ha mai saputo chi ci fosse, cosa facesse nella vita, quanti anni avesse. Nulla di nulla ma, in fondo, forse solo a me e a pochi altri sugli spalti sarà venuta la curiosità di sapere chi fossero quegli strani uomini oggetto.
Il manifestante di Ponte Duca D’Aosta
Il secondo ricordo è invece rivolto ad un altro personaggio tipico dello stadio Olimpico. Diversamente dal primo, quest’uomo, anche di una certa età, non faceva parte della partita e non girava in campo. Lui lo trovavi al di fuori dello stadio, nell’area che circonda l’obelisco nei pressi del Ponte Duca D’Aosta. Con sé aveva un grosso cartellone che teneva bene in vista, sorretto da un’asta, bene in alto che tutti potevano guardare, ma particolarmente leggere quanto sopra riportato. Quel cartellone recitava così: “È colpa tua! I figli non ti obbediscono perché hanno troppi soldi in tasca”. Faceva avanti e indietro per il vialone incurante degli sberleffi della gente, giovani in particolare, che lo prendevano di mira con epiteti impronunciabili. Qualcuno lo avvicinava per avere un rapporto ravvicinato esclamando qualunque frase, lui impassibile continuava la sua libera manifestazione, senza dire neanche una parola, nessuna risposta, nessuna controversia. Per anni ha frequentato sempre lo stesso posto. Oggi, forse, quel cartellone potrebbe far ancora riflettere…
Lo stadio senza ombrello
L’ultimo ricordo, a me assai caro, è strettamente legato a un oggetto che a un soggetto. Mi riferisco a un comune oggetto utile nelle giornate uggiose, ossia l’ombrello. Quante domeniche passate sotto quell’utile accessorio usato per ripararsi dalla pioggia incessante che si abbatteva sugli spalti dell’Olimpico. Non era per nulla poco ingombrante, tutt’altro; non esistevano ancora quelli pieghevoli, da ridurre al minimo degli spazi, da mettere in tasca, no! Non era per niente così! Lo portavi perché eri costretto dai genitori, mamma in primis, preoccupati dell’intemperie e del figlio che si sarebbe “degnamente” bagnato per la Roma. Da una mano la busta del pranzo, compresa l’onnipresente mela, dall’altro questo “bastone” che spesso rimaneva sugli spalti. La storia della Curva Sud, spesso riporta una foto in bianco e nero, di questa onda lunga colorata di nero, sopra la testa china di ogni singolo tifoso. Durante la partita avevi uno piccolo rettangolo di luce che ti permetteva di vedere ogni singola azione, guai ad alzare l’attrezzo per allargare la visione, tutti bassi e compatti al di sotto di un unico colore, nero andante sul grigio.
Tempus fugit
Possono sembrare ricordi insignificanti, banali, e invece hanno una loro importante collocazione nell’apposito album personale di tifoso. Sicuramente sono stati per diverso tempo compagni della nostra prima giovinezza, abbiamo vissuto sottobraccio la stessa identica storia legata al nome dell’A.S.Roma. Oggi di quei bellissimi momenti, sono rimaste alcune foto sbiadite dal tempo. A ricordare sono soltanto vecchie generazioni che hanno vissuto oltre al trapasso generazionale, anche quello di una squadra entrata nell’élite del calcio europeo. La pubblicità è tutta basata sull’alta tecnologia, non ci sono più certi strani personaggi e l’ombrello non è più consentito portare dentro l’Olimpico.