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José Mourinho. Il diritto di provare a vincere la partita

José Mourinho reclama il diritto di provare a vincere la partita. Non è una battuta o una frase a effetto. È una regola fondamentale; senza, il calcio non può esistere e Mourinho non reclama favori, reclama un diritto che valga per tutti. Chi ama il calcio lo sa bene. Lo sanno bene anche gli arbitri?
José Mourinho

Abbiamo il diritto di provare a vincere la partita.
La frase è nota, l’episodio anche, ma la dichiarazione di José Mourinho nel dopo partita di Napoli-Roma non è una frase qualunque, è uno spartiacque e segna il punto di non ritorno tra un prima e un dopo.
José Mourinho è un uomo con carattere, può piacere o meno, può essere più o meno divisivo, ma è un hombre vertical, dice e non lo manda a dire, ha una storia che lo distingue e un futuro al quale non vuole rinunciare.
O che quantomeno si vuole giocare sul campo. Ad armi pari.

Filosofia del campo

Il campo, ovvero il protagonista a volte dimenticato della partita.
Il campo che è un insieme di valori atletici, di fortune e di sfortune, di pallone rotondo che può andare dove vuole, di linee e di fischietti, di regole e di occhi che le devono far rispettare.
Occhi che si sono moltiplicati, sono diventati anche elettronici per cercare di togliere l’alea di una valutazione umana sbagliata.
Bello come principio, bella come aspirazione, ma al di là di principi e aspirazioni le cose a volte prendono direzioni diverse.

Filosofia dell’errore

José Mourinho  ha più volte espresso disappunto per decisioni arbitrali che ha ritenute ingiuste per la Roma, per i suoi uomini e i suoi tifosi. Lo ha espresso a suo modo e per questo è stato criticato da Federazione, stampa, ex giocatori, ex arbitri e, ovviamente, tifosi di altre squadre. È stato criticato anche da altri allenatori che non hanno perso occasione per stigmatizzare le sue dichiarazioni  rimettendosi al superiore giudizio arbitrale quando erano controparte in campo, salvo poi esternare polemicamente quando gli stessi si sono considerati parte lesa in altre partite.
Più o meno bello, ma passiamoci sopra, anche questo fa parte del gioco e ci può stare.
Un gioco di cui anche l’errore arbitrale è parte del suo insieme: sbaglia un portiere, sbaglia un attaccante, un difensore.
Può sbagliare anche un arbitro. Il calcio da sempre è anche questo, con buona pace di chi di volta in volta ne è avvantaggiato o danneggiato. Almeno così era prima.

arbitro

Non possiamo però nascondere il problema

Non possiamo nascondere che in Italia esista un problema di classe arbitrale relegando la questione a presunte caratterialità di chi ne parla, colpevole di dire ad alta voce quello che altri bisbigliano e pensano.
Reclamare il diritto di poter provare a vincere la partita è una regola fondamentale del calcio e riguarda tutte le squadre, non solo la Roma.
Fate attenzione alle parole.
José Mourinho non si lamenta per un torto o una singola decisione avversa, lui
reclama un diritto e quindi reclama regole.
Il problema non è un singolo errore arbitrale o una singola valutazione contestata con sguardo e cuore da tifoso, ma avere o non avere un sistema di regole di cui tutti godano e che consenta al gioco di essere tale.

Non vedere che questo sistema di regole oggi si mostri quantomeno affaticato non fa bene al calcio

La distanza di interpretazione tra arbitro in campo e arbitro VAR è spesso condizionante per il primo, paradossalmente messo in soggezione dall’arbitrare a proprio giudizio, cosa che non fa bene al calcio e neanche agli arbitri.
La distanza tra le valutazioni espresse dagli arbitri italiani e quelle espresse nei campi europei è spesso siderale, cosa che non fa bene al calcio italiano, non a una singola squadra.

VAR

Il calcio aVARiato

Il VAR che doveva essere risolutivo delle diatribe sul campo le ha invece amplificate, ha introdotto un ulteriore elemento soggettivo – l’occhio di chi lo guarda – e si sta rivelando divisivo più di un umano, umanissimo errore arbitrale.
Difficile immaginare che dal VAR si possa tornare indietro, ma allora bisogna avere il coraggio di fare un passo avanti, forse anche un passo doppio per uscire dalla strettoia del calcio aVARiato.
Se il diritto di provare a vincere una partita deve passare dal VAR, allora bisogna togliere la valutazione delle immagini all’interpretazione umana e affidarla a un sistema di intelligenza artificiale.
Non è fantascienza, la tecnologia è matura, volendo si potrebbe fare da domani mattina, ma bisognerebbe averne il coraggio.
Oppure bisognerebbe avere il coraggio di togliere il VAR e tornare al calcio degli errori umani del campo.
Certo è che sembra difficile pensare di poter continuare così, come se niente fosse, liquindando la rivendicazione di un diritto essenziale come battuta istrionica del momento.

Il post partita degli ex arbitri

La frase di Mourinho ha ovviamente occupato titoli e pagine di giornali e noi volutamente ne parliamo per ultimi.
Ci siamo messi comodi e comprato il popcorn in attesa di uno spettacolo di cui c’erano tutte le avvisaglie.
Uno spettacolo di cui fanno parte anche le dichiarazioni di ex arbitri chiamati a esprimere la propria, testimoni di come la stessa classe arbitrale sia divisa in materia.  Ex arbitri tra i quali troviamo il giudizio negativo sull’arbitraggio di Di Bello espresso da Mauro Bergonzi, ma anche la levata di scudi di Massimo De Santis che contro Mourinho evoca l’intervento della Federazione.
Uno spettacolo di cui fa parte anche il goal di Bennacer annullato dal VAR nell’Inter-Milan di ieri sera ma, se vogliamo guardare solo a domenica scorsa senza tirare fuori gli innumerevoli episodi del campionato, anche l’arbitraggio Sacchi di Juventus-Bologna qualche cosa la lascia in sospeso.

Il diritto di provare a vincere la partita

Serve altro per capire che il diritto di provare a vincere la partita dovrebbe essere richiesto a una sola voce da tutte le società e da tutti i tifosi?
Serve altro per capire che Mourinho non ha parlato solo per sé e per la Roma, ma per tutto il calcio italiano?
La frase di Mourinho segna un punto di non ritorno perché da domenica sera non ci possono essere più equivoci o mezze misure.
Uscire dall’equivoco arbitro di campo e arbitro VAR è indispensabile, ridefinire il perimetro delle regole e della loro interpretazione è indispensabile, avere uniformità di valutazione tra campi italiani e campi europei è indispensabile.
Continuare a giocare al calcio è indispensabile.
Farlo senza il diritto di provare a vincere la partita è impensabile.

 

 

 

 

Marco Panella, (Roma 1963) giornalista, direttore editoriale di Sportmemory, curatore di mostre e festival culturali, esperto di heritage communication. Ha pubblicato "Il Cibo Immaginario. Pubblicità e immagini dell'Italia a tavola"(Artix 2015), "Pranzo di famiglia. Una storia italiana" (Artix 2016), "Fantascienza. 1950-1970 L'iconografia degli anni d'oro" (Artix 2016) il thriller nero "Tutto in una notte" (Robin 2019) e la raccolta di racconti "Di sport e di storie" (Sportmemory Edizioni 2021)

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