Nel calcio, al mio livello certo, quello che ho praticato e ancora amo, si ricorreva molto spesso al fai da te! Ovviamente nelle società “che contano” la figura del massaggiatore c’è sempre stata, ma nei campi di periferia, quelli che erano fango in inverno e polvere mischiata a sudore in estate, era invece sempre un volontario, tipicamente un genitore o un dirigente, a stare a bordo campo armato di secchio, una volta di ferro, e spugna. E se vi chiedete dove fosse la bamboletta spray, la risposta è molto semplice: non c’era, non esisteva.
Negli anni sessanta, settanta e per buona metà degli ottanta siamo andati avanti così.
Il terapista senza nome
Con la crescita socio-economica del Paese e dello sport in generale, anche le piccole società si adeguarono e finalmente anche per noi divenne familiare la figura del terapista che addestrava i volontari di cui sopra a prestare le prime cure agli infortunati in campo. Lui, il terapista, naturalmente, non poteva certo essere su tutti i terreni di gioco. Se l’infortunio non si risolveva sul campo, c’era poi l’infermeria che rimaneva a disposizione durante la settimana e prima dell’allenamento. Il primo terapista con cui ho avuto il piacere di collaborare all’INA-CASA aleggia ancora nella leggenda, persino nel mistero. Il fatto è che nessuno di noi “addetti” ha mai saputo come si chiamasse. Per noi tutti, lui era, e tale rimase, “che te posso fa’?”. In pratica per qualsiasi problema ti ci rivolgevi, la risposta era sempre la stessa, “che te posso fa’?”, raramente emendata per le situazioni più gravi con la flemmatica indicazione “d’anna’ dallo specialista della cassa mutua“. Cassa mutua, già, perché al tempo non c’erano le ASL.
Zio Franco
Il salto di qualità ci fu quando al Moscarelli arrivarono gli Amatori BNL e a farcelo fare, il salto, fu un terapista molto più anziano di noi e che chiamavamo per rispetto, come si usava allora, Zio Franco che oltretutto si vantava di essere anche pranoterapeuta. Insomma, lui curava anche imponendo solo le mani e tutto sommato funzionava anche. Zio Franco però, oltre ad essere bravissimo, era anche fumantino e quando si accorse che Vinci, un calciatore a terra per un infortunio, stava “a fa’ un po’ de scena“, come poi ci disse, gli tirò con tutta la forza che aveva la bomboletta spray. Giocavamo contro il Tivoli, perdevamo 1 a 0; Vinci atterrito si rialzò in fretta e furia, fece 2 gol e vincemmo la partita 2 a 1.
Personaggi di bordo campo
Dopo Zio Franco arrivò Fabiani, infermerie-terapista con i Vigili del Fuoco nella vita-reale, che sdrammatizzò l’ambiente e gli infortuni raccontandoci quello che vedeva tutti i giorni con il suo lavoro.
Altro terapista-personaggio che voglio ricordare è stato Oppo, ex pugile di buon livello, ma che si adattò benissimo al calcio. Una domenica ero nella sua macchina per seguire la Squadra in una vicinissima trasferta, ma quando la spia dal lampeggio passò alla luce rossa fissa decise che era tempo di fermarsi a fare benzina. Al primo self-service si fermò, scese e proprio mentre stava per infilare i soldi nel totem due ragazzetti appena arrivati gli si avvicinarono scansandolo in malo modo dicendogli “levete a nonno che c’avemo fretta!”. Oppo, a voce alta in modo che tutti sentissero rispose “Ragazzi sono un ex pugile e vi dico che c’ero prima io“. Gli altri, di rimando “ma che te credi de mettece paura? T’amo detto scansete!” e via con uno spintone che avrebbe dovuto mettere in pratica la teoria. Il fatto è che lo spintone si fermò quasi a mezz’aria: tempo due secondi i teppistelli si ritrovarono a terra, uno che si reggeva il fegato e l’altro in ginocchio e in preda a una crisi respiratoria. Oppo gli si avvicinò, gli dette un colpetto alla base del collo e il teppistello riprese a respirare normalmente.
Con Paoletto Cruciani arrivò anche la tecnologia, prima con la magneto terapia e poi la tecar che, effettivamente hanno permesso a diversi miei giocatori recuperi stupendi da seri infortuni. Paoletto aveva anche una straordinaria abilità nel riconoscere i piagnoni, calciatori pronti a fermarsi al primo insignificante doloretto e che lui, immancabilmente rispediva ad allenarsi dopo pochi secondi.
Potrei andare avanti chissà quanto, ma forse basta così
Gli infortuni di gioco sono uguali per tutti, ma nei campi di periferia, a lungo, lo sono stati un po’ meno.
La differenza? Semplice, terapisti a volte improvvisati, ma sempre appassionati.