Contender. Dall’Australia a Genova in mezzo secolo di storia

Gli anni sessanta, l'avvento della vetroresina, il legno che resiste e le nuove classi di vela. In questo scenario tumultuoso si affaccia un outsider che a molti fa chiedere "...ma è una barca?". Il Contender dimostrerà a tutti di essere non solo una barca, ma una gran barca. La sua storia recuperata dal numero di marzo 2021 del Notiziario del Centro Studi Tradizioni Nautiche della Lega Navale.
Contender

Negli anni Sessanta la vela italiana stava rifiorendo in tutta l’Italia, grazie anche alla diffusione della vetroresina e alle nuove classi che si imponevano sul mercato europeo. Barche frutto del lavoro di progettisti famosi, il francese André Carnu con il suo 470, l’olandese Van Essen con iI Flying Dutchmann, il piccolo Fliyng Junior destinato ai giovani, il vecchio Finn singolo diffuso sin dagli anni Quaranta, dello svedese Rickard Sarby e altre. In quel periodo si cominciò a produrre barche in vetroresina, ma contemporaneamente si continuava a costruire barche in legno in una sorta di passaggio tra antico e moderno, tradizione e innovazione; in questo scenario, oltre 50 anni fa, iniziò la vicenda italiana del Contender.

Una barca che prese tutti di sorpresa

E davvero una barca?”, titolò in un articolo alla fine degli anni sessanta un noto giornale di vela, interpretando le molte perplessità dell’ambiente all’epoca. Nato nel 1967 dalla penna di quel geniaccio eclettico di Bob Miller, arrivò da noi quasi per caso, venne infatti notata in Australia da un appassionato velista genovese che si trovava in quelle terre lontane per tutt’altro motivo. Mi piace ricordare che anche per il Dinghy 12” avvenne più o meno la stessa cosa cento anni fa, ad opera di Leone Reggio che lo vide navigare in Inghilterra. Fu il genovese Giovanni Torrielli che si fece inviare i disegni direttamente da Miller e affiancato da alcuni amici intraprendenti iniziò a costruire i primi 2 Contender italiani

I primi scafi italiani nacquero in un magazzino di Voltri nelle serate invernali

A dirigere la costruzione fu Pietro Carlini padre di Erasmo, campione in questa classe che dominò la scena per anni. Pietro esperto costruttore, aveva lavorato decenni nel Cantiere Costaguta, proprio davanti a quel magazzino nel quale costruì i primi Contender. Da quel lontano 1969 per questa barca con lo scafo simile al Flying Dutchmann cominciò una storia che dura ancora oggi, ma andiamo con ordine.

Le tappe del Contender

Nel 1967 la Federazione Internazionale organizzò un confronto tra le derive per singolo presenti nel panorama in quel periodo, incluso il Contender. Si voleva trovare un’alternativa al Finn per le prossime olimpiadi di Monaco nel 1972. Il Finn venne alla fine confermato e tutt’ora resiste, ma il Contender impressionò positivamente il pubblico dei velisti del vecchio continente.
Il 10 Maggio 1969 si riunisce a Portofino presso l’albergo Splendido il “Comitato per l’organizzazione e la disciplina delle classi da regata IYRU” in quella sede venne riconosciuto lo status di “Classe internazionale” al Contender.
Nel Settembre 1970 si svolge a Hayling Island in Inghilterra il primo campionato mondiale Contender a cui parteciparono 45 concorrenti, vinto dall’inglese Dick Jobbins. Nello stesso anno si svolse ad Alassio il primo Campionato Italiano della classe, vinto da Erasmo Carlini con lo scafo auto costruito con il padre a Voltri.
Il 3 Ottobre 1970 il Consiglio Federale della FIV riconosce al Contender lo status di Classe Nazionale italiana.

Contender
(1970. Haylin Island. Il Campionato mondiale)

Quale fu il segreto di questa barca così acrobatica?

Ricordo ancora lo slogan di un cantiere Australiano che tra i primi lo produceva: “One man at trapeze of a dinghy”. Una scritta bianca che campeggiava sulla bella foto di un Contender che planava al lasco su un vecchio depliant.
Questo è il vero segreto, una sorta di “uovo di Colombo velico”, un singolo con Q trapezio, soluzione mai adottata sino ad allora. Poco più meno di cinque metri di lunghezza per ottantatrè chilogrammi di peso, il Contender costituiva una rivoluzione copernicana per l’epoca. Oggi appare quasi surclassato da foil-boat e skiff iper tecnologici con scafi ultraleggeri in composito e carbonio, ma allora era il nuovo che avanzava, il futuro che si imponeva.

Le linee del suo elegante scafo ispirarono anche gli scafi innovativi per la Coppa America

Non è un caso che Miller nel 1974 e 1977, progettò i 12 metri Southern Cross e Australia che rappresentarono l’Australia nelle sfide di Coppa degli anni Settanta. Una novità con trent’anni di anticipo sull’orologio velico della vecchia Europa, dove si navigava sulle derive con l’albero di legno e gli strozzascotte di segaleo, sui popolarissimi Hornet in Inghilterra i prodieri si affannavano sulla tavola basculante ideata anni prima da Uffa Fox, sui primi Flying Dutchman si usava tagliare un pezzetto di manico da scopa che con un foro per la volante diventava una impugnatura provvidenziale per resistere a trapezio sui bordi a gambe aperte e la schiena curva. In quel tempo la postura moderna dei prodieri a trapezio era ancora da venire.

Contender
(Un Contender)

La vita del Contender

Da qui cominciò la vita del Contender, con velisti d’avanguardia che sfidando le convenzioni e la gravità, impararono pian piano a domare questo singolo meraviglioso. Gli articoli e le prove di prestazione pubblicate sulle riviste di yachting in tutto il mondo trattavano il Contender “con le molle” una sorta di “bello e impossibile” la cui dinamicità fu probabilmente una delle ragioni della sua graduale ma duratura diffusione.
Il Contender venne costruito in Italia anche da importanti cantieri, primo tra tutti Bianchi e Cecchi a Cogoleto, famoso all’epoca per le costruzioni dei Tempest che furono classe olimpica nel 1972 in Germania e nel 1976 in Canada. Ma il Contender venne anche realizzato da piccoli artigiani in legno di mogano, notissimi gli scafi di Vito Bonezzi realizzati sul Garda, dei veri gioielli galleggianti tutt’ora competitivi.
Il cantiere Rondar, a due passi dal Solent nello Hempshire, patria indiscussa della vela, ne costruì molti in vetroresina che hanno vinto ben 12 titoli mondiali e moltissime regate in tutto il mondo.

Grandissimi velisti intuirono che era una barca innovativa e valida

Hubert Raudaschl, eccellente atleta olimpionico e velaio austriaco, se ne innamorò e partecipo per anni con successo a importanti regate. Elvstròm capì subito l’esigenza di un singolo dotato di trapezio e progettò in contemporanea il Trapez, una sorta di Contender in piccolo, che peraltro ebbe scarsissimo successo. In Inghilterra ed Australia i migliori velisti locali si cimentarono su questa nuova dinamica classe favorendone la diffusione. Anche in casa nostra i partiti dei detrattori e degli entusiasti si confrontarono a lungo, ma la storia sancì la definitiva sconfitta dei primi e l’affermazione ai secondi.
Il Contender nel corso di mezzo secolo si è aggiornato soprattutto grazie alle nuove tecnologie, alberi in carbonio nuovi materiali di costruzione compositi per gli scafi, le vele e le attrezzature. Tuttavia nel panorama delle classi, che possono vantare una così longeva carriera, il Contender ha adottato modeste modifiche alle proprie regole di classe.

Moderno era e moderno rimane tutt’oggi

Una barca sulla quale è difficile salire, ma dalla quale è ancor più difficile scendere; lo dimostrano i molti timonieri “Over 50 e 60” ancora attivi e difficili da battere! Il futuro del Contender è oggi nelle mani di molti giovani velisti che, delusi dal grande giro della vela, trovano in questa classe un ambiente a misura d’uomo con il giusto mix tra agonismo, piacere di navigare. Il Contender continua a distanza di cinquant’anni a divertire i velisti di tutto il mondo, non c’è che dire una brillante carriera per una barca che doveva essere semplicemente. . .  “One man at trapeze of a dinghy!”

Gianni Magnano genovese di Voltri, ingegnere navale, Ufficiale di Regata FIV, storico ed esperto del mondo dello Yachting

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