C’è chi guardando uno skateboard vede solo una tavola e quattro rotelle. Niente di più. Nell’immaginario collettivo poi è strettamente legato ad adolescenti abbronzati che sfrecciano per le strade californiane cercando qualche modo per spendere le giornate.Nella nostra storia, il sole californiano c’è, ma il protagonista sta per sovvertire le regole del gioco.
È il 15 aprile 1974 quando Danny Way viene al mondo. I primi 6 anni della sua vita trascorrono veloci a Portland, in Ohio, insieme alla mamma, Mary, e al fratello maggiore, Damon. Il padre Dennis muore poco prima del primo compleanno di Danny, lasciando un vuoto che gli rimarrà dentro per tutta la vita. Più avanti, Danny ricorderà la scomparsa traumatica del padre: arrestato per non aver pagato gli alimenti alla prima moglie, dopo solo 9 giorni in prigione, l’uomo decise di suicidarsi.
Qualcosa di nuovo
Quando Danny ha 6 anni, la mamma Mary decide di trasferirsi con tutta la famiglia in California, a San Diego. “Il sole ci farà bene”, sorride la madre mentre impacchetta le loro cose. La loro seconda vita inizia così. Dopo una serie di frequentazioni turbolente, Mary sposa Tim O’Dea, che si rivelerà figura centrale nella formazione del piccolo Danny. Il matrimonio dura poco, ma abbastanza per consentire a Tim di avvicinare Danny al mondo del surf e dello skateboard. Danny però non ne vedrà i frutti; pochi mesi dopo morirà più tardi a causa di un incidente durante una sessione di surf.
Valvola di sfogo
Danny è un bambino arrabbiato. Sfoga la sua frustrazione sulla tavola a 4 ruote. Va a scuola, ma pensa solo a quando potrà uscire e continuare a provare i suoi trick. Il suo motore è solo diventare bravo, impegnarsi e andare oltre. A 11 anni è il più giovane atleta ad entrare nel celebre team Powell-Peralta, con cui a 15 anni, diventerà il più giovane atleta ad aver mai vinto una gara professionistica di vertical skateboarding, disciplina che si pratica su rampe a forma di U molto alte, chiamate half-pipe, dove le pareti diventano verticali verso la cima.
Danny Way è già leggenda, ma il meglio deve ancora arrivare.
Andare sempre più in alto
Negli anni 90 decide di creare qualcosa che sia veramente “suo”. Co-fonda nel 1991, insieme a Mike Ternasky, “Plan B Skateboards”, una compagnia che rivoluzionerà in pieno l’estetica e la filosofia dello skate. Way infatti ha bisogno di fare qualcosa di grande, letteralmente grande e così decide Decide dunque di puntare sulle “Megaramps”: strutture titaniche, dove si raggiungono velocità incredibili. Danny ha bisogno di fare questo. Lo stesso anno vincerà il premio della Trasher come “Skater of the year”.
Le imprese sono appena iniziate
Nel 1997 arriva il primo record per il salto più alto mai effettuato con uno skateboard: 5,03 metri. Way farà anche un acid-drop, trick in cui il rider cade da una sporgenza e atterra sulla tavola, saltando da un elicottero, direttamente su una vert ramp. La foto di questa impresa sarà poi sulla copertina di Transworld skateboarding. I primi anni del nuovo secolo sono d’oro per Danny: nel 2002 supera il suo stesso record di salto più lungo mai effettuato, arrivando a 5,66 metri. Due anni dopo vince la sua prima medaglia d’oro alla competizione X games Big Air, titolo che poi riconfermerà nel 2005, 2006 e 2009. Lo stesso anno poi supera il record per il salto a lunga distanza più lungo, arrivando a 24 metri, ottenendo così per la seconda volta il titolo di “Skater of the year”.
Superare, pensare, agire
A Danny Way non basta, vuole fare di più. Inebriato dai successi, nel 2005 decide di tentare l’impossibile. Qualcosa che forse ha solo sognato, qualcosa che però adesso sentiva nelle fibre del suo corpo, qualcosa che sapeva di poter affrontare: saltare la Grande Muraglia cinese. Il piano, tutto sommato, appare lineare a Danny: una torre altissima accanto alla muraglia, si scende a tutta velocità, si salta e il gioco è fatto. Quando racconta la sua visione al suo team tutti scuotono la testa. Danny ha appena subito un’operazione al ginocchio che ancora non riesce a muovere bene, ma ormai non si può tornare indietro perché se lui pensa qualcosa, la deve fare.
L’idea è chiara e prende forma rapidamente. Viene costruito il sistema che andrà a sostenere l’impresa: una prima rampa da dove si lancerà lo skater e un’altra più bassa dove invece atterrerà.
“The skateboard is so much my home that it’s weird – once I put my feet on my skateboard, it’s like it flips the switch in my brain, and autopilot takes over.”
Arriva il 9 Luglio 2005. È il giorno della prova ed è tutto pronto.
Le megaramps vengono posizionate e l’atleta sale in cima alla prima. Inforca il caschetto, lo chiude bene, si guarda il ginocchio ancora segnato dai ferri del chirurgo e fa l’unica cosa che è sempre sconsigliata: guarda giù.
Sospira, cerca di trovare il controllo.
“Lo hai voluto tu, ce la puoi fare”. Danny ha guardato giù, dentro ed oltre l’abisso. Non si torna indietro. Si lascia cadere, è velocissimo. Salta. Tutti trattengono il respiro, ed eccolo. È dall’altra parte.
Danny Way è ormai parte della storia dello sport estremo.
“Giuro che non guardo più giù”.
Sempre di più
La voglia di adrenalina non lascia mai solo Danny che decide, l’anno successivo, di cimentarsi in una nuova impresa estrema mozzafiato. Il 6 aprile 2000, effettua un Transworld skateboarding (trick dove il rider inizia da una posizione in piedi in cima a un ostacolo per poi lasciarsi cadere sulla tavola mentre scende, a differenza dell’acid drop” questo è più brusco) di 8,5 metri dalla scultura della Fender Stratocaster all’Hard Rock Hotel and Casino di Las Vegas.
Praticamente un salto di 25 metri dalla cima della chitarra, atterrando su una rampa.
Niente di impossibile per Way. Alla fine dello stesso anno fu nominato per il premio Laureus Action Sportsperson of the Year.
“Si tratta di esplorazione, sperimentazione e creatività, e si tratta di dimostrare a te stesso che qualcosa che immagini è possibile.”
Tutta la sua vita e carriera è stata raccolta in un documentario del 2012 “Waiting for lightning” dove, per la prima volta, Danny Way si mette totalmente a nudo con il suo pubblico, raccontando dell’infanzia difficile, dalla morte del padre, degli abusi, del successo e della fama.
Ormai 51enne, Danny Way continua ad essere una figura di spicco nella scena mondiale dello skateboard; recentemente ha annunciato l’avvio di una collaborazione tra Joyride Snowboards e Plan B, e si è avvicinati allo stesso tempo anche al mondo della musica e della meditazione. Se è vero che le Vie del Signore sono infinite, possiamo tranquillamente dire che Danny Way è sulla buona strada e che ovunque arriverà sarà sempre un simbolo di rinascita, di chi i limiti li supera anche per l’irrefrenabile esigenza di seguirne sempre di nuovi.