Hend Zaza ha 12 anni, ma lei è nata in Siria, ad Hama, 200 km da Aleppo e i suoi non sono 12 anni qualunque.
Cresciuta tra le bombe di una guerra sciagurata, Hend è stata la più giovane atleta alle Olimpiadi di Tokyo 2020. Nella sua disciplina, il ping-pong, la più giovane atleta olimpica di sempre.
C’è stato un tempo in cui Aleppo era una città viva, vitale, bella con quei suoi pini che somigliano tanto ai nostri, mediterranei, affamati di sole e di sale, oini che fanno riverenze al vento prendendone forme e traiettorie che li fanno diventare arte pura.
Ma il tempo di Hend Zaza è stato diverso.
Il tempo di Hend è stato quello della guerra d’assedio ad un’Aleppo totalmente isolata, chiusa persino ai convogli umanitari, che chissà poi da dove sarebbero dovuti arrivare.
Aleppo dove tutto era rovina e macerie di case e persone, distrutte le une e le altre come se fossero una cosa sola.
Rovine e macerie che si aggiungono alle privazioni che la guerra, tutte le guerre, si portano dietro; poco cibo, poca acqua, un tetto precario sotto cui dormire e soprattutto, impalpabile, non misurabile, la dignità che svanisce ogni giorno un po’ di più.
È cresciuta così la bambina Hend Zaza.
Bambina sì, chiamiamola come le spetta. Una bambina alla quale la vita si presenta da subito con la faccia della miseria e della morte.
La guerra inizia quando Hend ha solo 2 anni, ma lei ha una fortuna; ha un fratello. È lui che per farle ingannare il tempo della paura le mette in mano racchetta e pallina, come se fossero strumenti magici per immaginare di essere altrove, in un’altra vita, in un altro tempo.
Hend Zaza gioca.
Gioca da quando aveva 5 anni. Gioca, cresce e vince, ma attenzione, lei non vince ai punti, o meglio non solo a quelli; lei vince la paura, per questo dopo è tutto facile.
Gioca all’Al-Muhafaza Table Tennis Club di Damasco e vincerà in tutte e quattro le categorie della disciplina: speranze, cadette, junior e senior.
Ha solo 7 anni quando, nel 2016, partecipa ai Giochi della Speranza in Quatar; è brava, non passa inosservata e qualcuno inizia a scommettere sul suo futuro.
Nel 2019 ad Amman, in Giordania, Hend prende la strada che l’attendeva; vince la qualificazione olimpica per l’Asia Occidentale battendo la 42enne libanese Mariana Sahakian.
Vince e piange con la Coppa in mano, perché lo sa lei da dove viene quella vittoria.
Ha 10 anni, a questa età molte sue coetanee adolescenti occidentali iniziano a sentirsi grandi in una società che le fa crescere molto, forse troppo, in fretta e io immagino la piccola Hend Zaza alzare felice la coppa felice.
La Siria dopo anni di martirio sta tornando a essere un posto normale dove crescere e vivere; la guerra, se non finita, è quantomeno sopita.
Hend Zaza la sua guerra l’ha vinta.
Lei non si è allenata in luoghi puliti, in impianti moderni adatti alla concentrazione con pavimenti lisci e tirati a lucido e dove apparecchi elettronici rilevano le prestazioni e correggono i tiri.
La immagino su pavimenti sconnessi, tavoli e racchette rimediati, l’eco degli spari, la immagino e mi chiedo dove trovi la forza per continuare il suo sogno, lei con la sua figura fragile, il suo corpo esile che allena fino a quando la luce naturale lo permette, poiché la sera, la luce elettrica non funziona e il buio è sempre in bilico tra sogni e incubi.
Hend Zaza la sua guerra l’ha vinta, sì.
Sono sicura che dormendo avrà continuato a sognare quel tavolo, le macerie; avrà ripetuto i suoi movimenti, avrà sentito i suoi piedini muoversi senza domandarsi se il giorno dopo avrebbe potuto continuare ad allenarsi. Senza chiedersi: sarò viva?
Lo sport affascina, le medaglie onorano chi sale sul podio, ma il cuore mi dice che sono atlete o atleti come Hend Zaza ad onorare lo spirito olimpico.
Hend Zaza alle Olimpiadi si deve essere sentita quasi fuori posto. Il pavimento, ho letto, le ha provocato una slogatura; troppo perfetto quel pavimento senza ostacoli.
Incredibile!
Hend ha lavorato sodo per diventare una campionessa e ha ancora tanta, passione, amore e coraggio.
Manzoni fa dire a don Abondio, al termine del colloquio con il cardinale Borromeo “Il coraggio, uno, se non ce l’ha, mica se lo può dare.
E questa “piccolina” di coraggio ne ha tanto