Il prossimo marzo tornerà a Miami il circuito ATP, ma come accade da qualche anno verrà giocato sui campi di cemento dell’Hard Rock Stadium e non più nella prestigiosa sede di Key Biscayne.
Per chi è poco pratico di Miami, Key Biscayne è una piccola isola a sud della città di Miami collegata via terra insieme alla gemella Virgin Island.
Mi ricordo che andare ai Miami Open era un’odissea, bisognava parcheggiare lontano ed aspettare la navetta in quanto il traffico era limitato ai soli residenti e soprattutto il ritorno dopo la partita serale era molto scomodo.
L’idea di Earl “Butch” Buchholz
L’idea di creare un torneo internazionale di tennis in Florida venne per primo a all’ex giocatore Butch Buchholz, direttore esecutivo dell’Associazione dei professionisti del tennis (ATP) negli anni ’80.
Il suo obiettivo originale era quello di rendere l’evento il primo grande torneo dell’anno (l’Australian Open si teneva a dicembre in quel momento), e per questo motivo lo chiamò ambiziosamente Winter Wimbledon.
1985. arriva il Miami Open
La prima edizione del torneo si tenne nel febbraio 1985 al Laver’s International Tennis Resort di Delray Beach, con un montepremi di 1,8 milioni di dollari inferiore solo a Wimbledon e US Open.
Nel 1986, il torneo si trasferì al Boca Raton.
Dopo il successo del secondo anno, Merrett Stierheim, manager della contea di Dade e presidente della Women’s Tennis Association (WTA), offrì il massimo aiuto a Buchholz nel 1987 per spostare il torneo nella sua sede storica a Key Biscayne per il 1988 all’interno del bellissimo Crandon Park. Senza nulla togliere alle bellissime cittadine di Delray e Boca Raton la casa del torneo doveva essere nella contea di Miami Dade!
In linea con le ambizioni del suo fondatore, il torneo è stato da sempre considerato come uno dei principali eventi del tennis professionistico dopo il Grande Slam e le finali dell’ATP World Tour, a volte indicato come il “Quinto Maggiore” fino alla metà degli anni 2000.
Nel 1999 Buchholz decise di vendere i diritti del torneo alla multinazionale IMG e dal 2004 ha continuato a crescere insieme al suo torneo “gemello” californiano di Indian Wells, così che da allora i due eventi sono stati chiamati colloquialmente “Sunshine Double“, creando una sorta di mini Slam non ufficiale per chi riuscisse a vincerli entrambi nello stesso anno.
Ma veniamo alla storia più recente.
Il vecchio impianto di Crandon Park, era molto apprezzato dagli spettatori che potevano godere di impianti immersi nella natura con una vista sulla baia sino a Downtown Miami, ma era molto criticato dagli addetti ai lavori, che definirono il terreno come il campo in cemento più lento del tour, sottoponendo i giocatori a interminabili scontri in condizioni di caldo e umidità estremi.
Il terreno su cui sorge l’impianto di Crandon Park era stato donato alla Contea di Miami-Dade dalla famiglia Matheson nel 1992 con la clausola che vi potesse essere costruito un solo stadio; infatti, oltre al centrale, gli altri campi erano quelli del locale tennis club (senza tribune) o strutture mobile erette solamente per l’evento.
Era ovvio che bisognava procedere ad una modernizzazione della struttura con la costruzione di altri campi ed un nuovo stadio e l’ATP propose un progetto finanziato di oltre 50 milioni di dollari, sicuri che la proprietà sarebbe stata contenta dell’aumento di valore del sito, anche perché l’alternativa sarebbe stata perdere l’assegnazione del torneo.
Ma la famiglia Matheson si oppose fermamente e si rivolse alla Corte della contea che si pronunciò a favore della proprietà, impedendo che venissero apportate migliorie al complesso sportivo. Gli organizzatori decisero di non intraprendere ulteriori azioni legali e iniziarono a cercare un nuovo sito.
2019. Hard Rock Stadium
Nel novembre 2017, il Miami Open firmò un accordo con la contea di Miami-Dade per spostare il torneo annuale dal complesso di tennis di Key Biscayne all’Hard Rock Stadium di Miami Gardens, a partire dal 2019.
È evidente che la famiglia Matheson ha preferito preservare la natura, l’ambiente dell’isola e la tranquillità dei suoi 12.000 abitanti, anche in considerazione del fatto che, nel corso delle due settimane di gioco, si conta un movimento di spettatori superiori alle 300.000 persone e la logistica era diventata sempre più complessa.
Una storia statunitense
Ritengo che la storia del proprietario che rifiuta migliorie per 50 milioni sia vera perché è molto statunitense, ma credo che per gli organizzatori passare da un’isola a sud di Miami collegata attraverso un’altra isola con un ponte a due corsie con assenza di parcheggi e servizi ad una struttura che ha ospitato il Superbowl e che si trova circondato da autostrade e a due passi da alberghi ed aeroporti, sia stato un toccasana che li libererà di tanti mal di testa.
Personalmente porto il ricordo di una partita di tardo pomeriggio con un sole il che tramontava dietro ai grattacieli di Brickell e la brezza marina che metteva in pace con il mondo.
È un bel ricordo, ma crescere significa anche passare ponti e cambiare panorama.
Vale per le persone, ma anche per il tennis del Miami Open.