Il Giro dell’Atlantico, anzi Volta do Atlantico a dirla correttamente, è una corsa ciclistica dimenticata, ma forse sarebbe meglio dire sconosciuta.
Siamo nel 1954.
A gennaio iniziano le trasmissioni ufficiali della RAI, un canale unico che diventerà presto una finestra sul mondo, spettacoli e notizie iniziano a vivere una nuova vita e nessuno ancora immagina la velocità chre prenderanno.
Certo, di cose da ricordare in quel 1954 ne accadono tante.
Joe di Maggio sposa Marilyn Monroe; Gaspare Pisciotta beve un caffè corretto all’Ucciardone; a Pittsburgh prende il via la vaccinazione di massa contro la poliomelite; a Dien Bien Phu finisce l’epoca francese in Indocina; la Corte Suprema degli Stati Uniti si pronuncia contro la segregazione razziale; Ardito Desio, Achille Compagnoni, Walter Bonatti conquistano il K2; il caso Montesi scuote la politica e la cronaca nera; Trieste torna italiana; in Svizzera si gioca la quinta edizione della Coppa del Mondo che sarà vinta con molte polemiche dalla Germania Ovest, una vittoria che passerà alla storia come il miracolo di Berna.
Ebbene tra questi e tanti altri fatti sportivi o meno, se ne annida uno praticamente scomparso.
Qualche mese prima lo svizzero Carlo Clerici ha vinto il Giro d’Italia, appena dopo Louison Bobet vince il Tour de France, ma forse questo importa poco ai 62 ciclisti che il 12 ottobre si presentano al nastro di partenza di una delle più incredibili corse cicliste al mondo.
Dal 12 al 30 ottobre, infatti, si corre la 1^ Volta do Atlantico, una corsa ciclistica che definire eroica è dir poco; 1.724 chilometri da Porto Alegre a San Paolo, su ogni tipo di terreno e con difficoltà inimmaginabili.
I 62 ciclisti alla partenza sono brasiliani, venezuelani, colombiani e uruguayani, gente che non teme nulla, né fatica, né dolore e né imprevisti.
Nulla, perché loro sono ciclisti eroici.

Li aspettano 17 tappe.
Dovranno attraversare regioni deserte, guadare fiumi, correre su spiaggie di cui a perdita d’occhio non si vede la fine, imbarcarsi su chiatte malmesse per farsi traghettare verso una qualche località altrimenti irraggiungibile, sfidare sterrati fangosi dove persino le macchine appoggio rimangono impatanate e poi, quando va bene, percorrere anche qualche tratto di strada normale.

Sappiamo poco della corsa, ma le foto che abbiamo recuperato in parte da una rivista d’epoca del nostro archivio e in parte in rete, ci restituiscono la misura dell’impresa.
Sappiamo che a vincerla è stato un ciclista brasiliano, Bauer, capace di mantenere nell’avversità del percorso una media di 29 chilometri all’ora.
Nel 2014, ricorrenza dei sessanta anni dalla corsa, presumibilmente l’unica svolta, se ne è svolta un’edizione celebrativa promossa dalla Federação Mineira de Ciclismo alla quale hanno preso parte anche tre ciclisti che la corsero allora: Luis Carlos Secco 79 anni, Guglielmo Giovanni 77 anni, Newton Saliba 77 anni.
Dal 2014 sono passati diversi anni.
Ci piace pensare che pensare che Luis Carlos, Guglielmo e Newton, ovunque siano, pedalino ancora insieme.