Nella pancia dell’Arena
Ormai vicino al ritiro, un campione gioca la sua ultima partita. Con il peso delle aspettative e dei ricordi di una carriera gloriosa, darà tutto sé stesso, cercando di compiere un’ultima eroica impresa. Non un articolo, ma un racconto perché questo è il minimo che si può fare per quel campione. Un campione il cui nome, ancora oggi, si pronuncia con il fragore di un boato, un nome da maneggiare con cura e persino da non scrivere, lasciando al lettore l’abilità di scoprirlo.
Lo spareggio dei poveri
1964. Il boom economico inizia a dare segni di raffreddamento, mentre il campionato di serie A è caldissimo. Il Bologna è tornato grande, spareggia con l’Inter e vince lo scudetto. In coda stessa situazione: a giocarsi l’ultimo posto di permanenza in A il Modena e la Sampdoria. È lo “spareggio dei poveri”, così lo chiamano, ma sarà bel calcio anche quello
Horacio Pagani. Il sogno della bellezza
Incontro Horacio Pagani in un pomeriggio di novembre che di autunno non vuole saperne, il cielo emiliano è pulito, il sole gentile. Entrare in Pagani significa entrare in un mondo altro. Significa dimenticare tutto quello che immaginiamo, sappiamo o pensiamo di sapere di automobili. Qui, nell’Olimpo dei motori, si maneggia arte, bellezza, memoria e futuro. Questo è il racconto di una conversazione. Di automobili, anche. Ma soprattutto sul senso della vita