Anonima Organizada. Il bello del calcio

Piacere, mi chiamo Francesco, proprio come “Er capitano Totti”, anche se provengo da un piccolo paese vicino a Torino. Oggi non vi racconterò la mia storia, ma la nostra: le cronache della A.S.D. Anonima Organizada.
Anonima Organizada

Questa potrebbe sembrare una normalissima storia di calcio di provincia. Mi avvicinai a questo sport all’età di 6 anni, innamorandomi subito. Giocai in diverse squadre da piccolo, ma l’esperienza non fu delle migliori. Ero troppo magro e, si sa, chi è esile in campo le prende. Mi limitavo a guardare i miei compagni dalla panchina. Superato lo scoglio della fisicità, si presentarono altre problematiche: dirigenti che imponevano titolari inamovibili, società che non pensavano al divertimento dei ragazzi, ma a spremerli fino all’ultimo, ignorando che, essendo giovani, erano lì soprattutto per divertirsi.

Poi, come per tutti, la pandemia ci fermò

Subito dopo il periodo più difficile degli ultimi 20 anni, incontrai quelli che sarebbero diventati i miei compagni di vita. Ci conoscemmo su un campo da calcio spoglio e abbandonato nel quartiere Sassi di Torino. Facemmo subito amicizia e iniziammo a vederci sempre più spesso per giocare e divertirci assieme. Anche loro, come me, trovavano l’ambiente del calcio sempre più tossico. Spogliatoi divisi in lobby quasi militaresche escludevano chiunque non fosse considerato degno di attenzione. Mister che ignoravano i bisogni dei ragazzi: la passione più grande stava sbiadendo a causa di persone che profanavano lo sport più bello. Come anticipato, anche i miei amici erano afflitti da queste problematiche sportive, alcuni addirittura abbandonarono prematuramente.

Anonima Organizada
(Anonima Organizada)

L’infortunio

Io resistetti fino al primo infortunio serio: un avversario troppo agguerrito mi colpì la schiena durante un calcio d’angolo, regalandomi 4 mesi di stop forzato. Ma non fu il dolore fisico il più grave, bensì le parole di quella che consideravo una seconda famiglia: “Tranquillo ragazzo, sei qui da 6 anni, non ti lasceremo” oppure “sei il nostro capitano, non potremmo mai abbandonare chi guida i ragazzi ad ogni partita“. Le belle parole vennero presto sostituite da un freddo messaggio: ero escluso dalla squadra perché non potevano permettersi di tenere occupato un posto a qualcuno che non poteva giocare. Da lì, ripresi a giocare in altre squadre, ma il mio fisico non era più resistente e le società non erano disposte a venirmi incontro. Ritrovai il mio sconforto nelle storie dei miei amici: chi per un infortunio, chi per dissidi con allenatori e dirigenti, stava passando un pessimo momento in quello che per anni era stato un antro confortevole dove rifugiarsi da una vita non sempre felice.

Anonima Organizada
(Anonima Organizada)

Giocare tra di noi era diventato un rituale di rilassamento

Certo, non mancavano litigate e competizioni, partite sentite come derby cittadini, ma era un ambiente dove finalmente si respirava calcio. Purtroppo il tempo passa per tutti: impegni scolastici, lavorativi, relazioni ci portavano via sempre più tempo, tralasciando la passione di quei giovani ragazzini ai quali si illuminava lo sguardo al solo sentire la parola “calcio”. Il tempo, la società odierna così cinica e rapida, ha provato a derubare quei ragazzi del loro tesoro più prezioso, il loro sogno, ma la passione è fuoco ardente capace di liquefare anche le possenti catene di Padre Tempo.

L’idea nuova

Così, in una fresca sera d’estate, nacque un’idea, un piccolissimo seme, una frase che, se dapprima riecheggiava tra le fragorose risate dei presenti, piano piano diveniva sempre più insediata nelle nostre teste: “E se fossimo noi a creare una squadra?”. Una domanda che, pronunciata da un ragazzo 18enne, sembra così ilare, quasi infantile, ma come tutte le idee aveva messo radici profonde in tutti noi, che ancora covavamo speranzosi di poter rimanere uniti grazie all’amore che ci aveva addirittura fatto incontrare: il calcio. Fu così che più il tempo passava, più l’organizzazione della nostra A.S.D. prendeva forma e, da quella fantasia portata da un entusiasmo quasi infantile, ecco che ora prendeva vita. Ci rendemmo conto che la fiducia e la passione da noi messa in questo progetto avevano annientato Padre Tempo, che con il suo pugno di ferro ci aveva reso schiavi di una realtà che non ci apparteneva.

Anonima Organizada
(Anonima Organizada)

Non posso negare che la strada fosse tutta in salita

Iniziammo ad allenarci in sei nel campetto dove ci conoscemmo da più piccoli, con tutte le difficoltà del caso: fango, pioggia, passanti, il buio. Dopo aver racimolato un po’ di soldi, iniziammo a cambiare prospettiva, scendemmo su un campo vero per allenarci. Eravamo sempre pochi, ma avevamo compiuto un grande passo. Con il passare dei giorni, sempre più persone iniziarono a darci fiducia e ad ampliare non solo la rosa, ma la possibilità di riuscire nel nostro ambizioso desiderio. Potevamo non solo rendere il nostro sogno di giocare assieme in un contesto dilettantistico realtà, ma soprattutto potevamo creare e plasmare una realtà calcistica fuori dagli schemi odierni governati da tossicità e denaro, ma da un ambiente fraterno, dove chiunque poteva venire per potersi finalmente godere questo meraviglioso sport. Partimmo da un sogno infranto, ma ad oggi posso dirvi con grande entusiasmo che le nostre fantasie sono divenute realtà, perché l’Anonima Organizada è qua, pronta a sfidare chiunque la metta in discussione.

Francesco Maria Murgia studente universitario al primo anno di Scienze Motorie. Appassionato di calcio sin da piccolo e fondatore dell'ASD Anonima Organizada

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