Ci sono sessantaduemila persone nello stadio del Tottenham di Londra per un match di boxe il 26 settembre del 2021, siamo ancora in piena pandemia, questa è storia dello sport, e quando entra Lui, in accappatoio bianco con la scritta nera sulla schiena, in perfetto stile Alì, il boato della folla riempie l’arena.
C’è una pedana tra due fontane di fuoco, lui ci sale e si gira verso il suo pubblico e le telecamere e mentre si muove sul tronco partono i fuochi d’artificio.
Schiva con grande eleganza tanti colpi e porta qualche serie di belle combinazioni al viso ed al tronco dell’avversario fantasma, la sua shadow boxe sembra una danza perfetta.
Alla sua destra ha una lettera A enorme, sulla sinistra una J.
A di Anton e J di Joshua, c’è solo lui al mondo e No easy way out di Rocky quattro è sparata ad un volume assordante.
Con queste premesse l’adrenalina sale anche se sei a casa stravaccato sul divano, con i piedi sul tavolino e la testa del cane sulle gambe.
Usyk è in secondo piano, se fosse possibile anche in terzo o in quarto, sembra che il match sia tra Joshua e nessuno, o il nulla.
Al centro del ring, durante i convenevoli con l’arbitro, di solito i pugili si guardano fissi negli occhi per tentare di intimorirsi l’un l’altro, come fanno le fiere, infatti Joshua fissa Usyk, ma lui guarda a sinistra verso un orizzonte che non c’è, poi si volta verso l’arbitro. Non guarda il suo avversario neanche quando si toccano i guantoni.
Il primo
Suona la campana, Joshua si piazza al centro del ring, immobile come una bellissima statua di marmo bruno, mentre Oleksandr Usyk di Sinferopoli inizia a pungere freneticamente con il suo jab destro.
È un mancino.
Appena diciotto secondi e Usyk centra Joshua con un diretto sinistro, poi lo colpisce ancora a metà ripresa e poi ancora sullo scadere del tempo.
Se fosse una partita di calcio sarebbe un tre a zero.
Il secondo
Nella seconda ripresa si cominciano a vedere le prime differenze tecniche: Usyk boxa stando con il peso su tutt’e due le gambe, Joshua, nonostante sia molto più alto, per portare i jab si appoggia sulla gamba anteriore per tentare di allungarsi. Più si appoggia sulla gamba anteriore, più si avvicina con la testa all’avversario, non è una cosa buona.
Il round è noioso e finisce comunque uno a zero perché Usyk piazza un altro sinistro valido tentando di trovare una strada. Joshua ha solo smanacciato qualche colpo che è finito sui guantoni dell’avversario.
Il terzo
All’inizio del terzo round l’ucraino parte come un fulmine portando un uno/due perfetti, la testa di Joshua li prende tutti e due, poi assesta ancora un bel jab e, a poca distanza uno dall’altro, due diretti sinistri, due bombe, il secondo diretto è così forte e preciso che lo sente anche la gamba destra di Joshua che per un attimo cede. Si teme il peggio, ma lui si butta addosso all’avversario e lega tentando di riprendere le forze, la campana gli dà tregua ed i sessantaduemila spettatori ed i milioni di spettatori che stanno a casa buttano fuori il fiato.
Perché Usyk ha centrato Joshua?
Perché Joshua per bloccare con il suo destro i colpi dell’avversario, invece di tenere il guantone davanti al mento, spinge la mano in avanti, lo aveva già fatto nei primi round e nei match precedenti.
Usyk, che di mestiere fa quello che controlla se gli altri sbagliano ed approfitta proprio di questi sbagli per portare a casa uno stipendio, se n’è ovviamente accorto e così ha fintato due volte il jab e quando Joshua ha tentato di bloccare i colpi allontanando il guantone dal mento andandogli incontro, lo ha centrato con un gancio sinistro.
Ripresa da due punti per l’ucraino.
Il quarto
Anche la quarta ripresa è sempre a favore di Usyk; Joshua prova a fare qualcosa, ma torna all’angolo con il sacco vuoto.
Usyk sta facendo un gran pugilato, fa tutto, usa il jab incessantemente e porta a casa risultati, si muove sul tronco quando è fermo sulle gambe, sta piantato in terra quando muove il tronco, fa il vero Pugilato. Le sue gambe si muovono sciolte e leggere, quelle di Joshua sono più nervose ed a tratti si muovono a scatti. Per portare i colpi continua a sporgersi e, con il destro da lontano, si sbilancia completamente andando pericolosamente a vuoto. Certo, se ti centrasse con una di quelle sventole ti manderebbe in platea, ma Usik è perfetto anche nelle azioni di difesa.
Il sesto
Finalmente nel sesto round AJ riesce a piazzare un super destro bello pieno d’incontro ed un ottimo gancio destro. Il pubblico si risveglia e comincia ad intonare cori da finale di coppa Uefa, Usik neanche ci fa caso, il suo viso si segna, ma mette da parte l’effetto di quelle due palate e sul finire di un settimo round, più ritmato dei precedenti ma senza grandi note, prima porta un ottimo jab ed un gancio destro, poi affonda un attacco con spostamento in avanti, ed il suo diretto sinistro, partito da molto lontano, centra Antony Joshua facendolo caracollare indietro verso le corde di due lunghi passi. Un colpo molto pesante, in avanzamento, molto violento.
Mancano trenta secondi, alla fine del round, o Joshua si difende o rischia la carriera, decide di avanzare per contrattaccare e non farsi sottomettere, la strategia funziona, si salva.
La campana suona nel bel mezzo di uno scambio sempre a favore di Usik.
Nell’azione al rallentatore vista da un’altra angolazione si vede che il colpo dell’ucraino non è andato perfettamente a bersaglio, ma tra il mento ed il collo ed è questo è il motivo per cui Joshua è rimasto in piedi dopo un colpo d’incontro di quella portata.
Il match non è equilibrato per niente
L’ucraino continua a mostrare una grandissima boxe, talmente grande da far sembrare un Campione del Mondo dei Pesi Massimi un pugile incapace di portare le sue fluide combinazioni di colpi che invece tra i fuochi di artificio e la musica di Rocky IV sembravano facilissime e pure fiche.
L’ombra di Joshua
L’ottavo ed il nono round sembrano altri due round di studio, sono noiosi e mi chiedo perché.
Scopro che Joshua sembra lì, in quel posto, in quel momento a fare qualcosa che non riesce a fare. Non ci riesce perché non ha grinta, perché non prende mai l’iniziativa, perché aspetta gli attacchi dell’avversario per poi piazzare una delle sue bombe, sperando di risolvere la questione con poco, ecco sembra che non abbia voglia di fare tanto.
Lo si vede anche dalla differenza di concentrazione dello sguardo tra i due pugili. L’ucraino sembra un felino in caccia, il Campione del Mondo una preda con la pretesa di difendersi senza nessuna furbizia, senza una strategia.
Vedere un match di questo calibro e scoprire che il Campione del mondo fino all’ottava ripresa ha portato solo due colpi puliti, in ventiquattro minuti, è un po’ triste.
Accarezzo il mio cane tra le orecchie, lui si alza, sbuffa e se ne va.
Il ritmo di Usyk
Da un Campione del Mondo dei pesi massimi ci si aspetta qualcosa di più, anche solo per una questione di orgoglio.
Questo non vuol dire che Joshua non sia quel campione che è, anzi, ma la domanda è, con un Usyk di fronte in forma smagliante, con quelle straordinarie caratteristiche tecniche, con una tattica perfetta ed una fame di vittoria che lo porta ad attaccare senza sosta sin dalla prima ripresa, che possibilità ha di dimostrare che il Campione del Mondo sarà ancora lui?
La tesi non viene smentita, nelle ultime quattro riprese Usyk continua a crescere ed alza il ritmo, è normale: dare troppa confidenza genera irriverenza, si dice.
Un Signore del ring
Usyk non è né irriverente e neanche spavaldo, è un Signore del ring, ma prima di tutto è un pugile che sta combattendo per il titolo più importante del mondo, in uno sport dove non sono ammesse distrazioni, perché se non rimetti i guantoni in difesa al loro posto, anche solo per un centesimo di secondo, le luci del bel teatro si spengono.
Tre riprese dunque a favore di Usyk, la nona, la decima e l’undicesima.
L’impresa impossibile
Per Joshua la strada è in salita, gli rimangono solo tre minuti per riprendersi la cintura, un’impresa impossibile che andava prevista ed evitata.
La strategia del suo “angolo” era sbagliata, ma “l’angolo” non può accorgersi che la strategia è sbagliata dopo trentatré minuti di combattimento, a tre minuti dalla fine di un sogno.
È dopo il quarto round, se non si vedono risultati evidenti sull’andamento di un incontro, che il Maestro deve dire al pugile che bisogna cambiare tutto, perché passata la quinta ripresa, se tutto va bene il verdetto finisce ai punti, passata la sesta il match (sorprese a parte) si può considerare perso.
Trenta secondi
Gli ultimi trenta secondi della dodicesima ed ultima ripresa sono drammatici, Joshua viene colpito duramente e barcolla, Usyk lo porta verso le corde e lo tempesta di colpi terribili, Joshua muove il tronco cercando di salvarsi, ma Usyk lo centra ancora, e poi ancora… e poi ancora, sette, otto, nove… dieci colpi terribili, ganci destri e sinistri violentissimi.
Suona la campana, Joshua è in piedi traballante, è proteso in avanti con le mani basse, esausto, tira fuori la lingua e non lo fa per schernire il suo avversario come potrebbe sembrare, ma perché è allo stremo delle forze, al limite di ciò che un essere umano può sopportare e mentre spaventato e tormentato si siede al suo angolo, Oleksandr Usyk di Sinferopoli s’inginocchia al centro del ring, guarda il cielo e si fa il segno della croce.
Ci sono solo lui e Dio.