Search
Close this search box.

Magic Johnson e l’ultima All Star Game

Dopo aver annunciato nel 1991 di essere positivo all'HIV e di volersi ritirare dal NBA, appena qualche mese dopo, il 9 febbraio 1992, Magic Johnson torna sul parquet per l’unica gara della stagione. L’All Star Game sarà una partita memorabile ed entrerà nella storia del basket.
Magic Johnson

 It’s gonna be a real job!” annuncia Earvin Johnson jr, per tutti Magic, al giornalista prima della partita.
Sarà difficile, questo è sicuro. È la partita dell’All Star Game alla Orlando Arena e le grida dei quasi 14 mila spettatori rendono l’intervista difficile da seguire. Eppure a Magic non dà fastidio.
Quello che proprio non riesce a digerire è il silenzio che si porta dietro da diversi mesi.
In realtà sa anche quando tutto questo è iniziato: era qualche mese prima, il 7 novembre 1991. Un giorno che ha cambiato tutto; il giorno in cui il mondo scopre che lui, Earvin Johnson Jr. è positivo all’Hiv.

Il silenzio intorno

Quello che è successo dopo, almeno nella sua mente, è un turbinio confuso: domande, tante domande che poi, poco a poco, sono diventate sempre di meno, fino a lasciare un grande silenzio intorno a lui. Per un istante gli ha fatto piacere; il contesto adatto per poter iniziare le cure e cercare di fermare la malattia.
Maledetta come tutte, in quegli anni l’Aids sembrava essere la malattia più maledetta di tutte.
Poi, quando i giorni sono diventati settimane e mesi, il silenzio è diventato sempre più assordante.

Magic Johnson
(1991. Magic Johnson annuncia il ritiro per sieropositività)

All Star Game

Inutile dire che quando è arrivata la convocazione per l’All Star Game del 1992 Magic Johnson, non ha esitato un attimo: count me in.
I fan hanno parlato, la malattia è meno forte di loro, Magic è stato considerato un All-Star starter e lo vogliono in campo. E adesso, che il silenzio si trasformi in saluti e grida.
9 febbraio. Orlando Arena, pubblico all’inverosimile.
Magic Johnson è nervoso, ma non lo vuole dare a vedere, sorride alle telecamere e scherza con i cronisti.
Ciao mamma e papà!”, saluta in camera. L’attesa a bordo campo è estenuante, avverte tutti gli occhi su di lui e i piedi fremono in preparazione per lo sforzo.
Lo speaker però lo riscuote dalla trance in cui è caduto: “Uno dei più grandi giocatori dei nostri tempi: Magic Johnson!”. Si fa strada fra i suoi compagni e non può far meno di notare, seppur per un secondo, lo sguardo di preoccupazione che attraversa i loro volti; sua moglie lo ha avvertito di come probabilmente qualcuno sarà reticente ad avere un sieropositivo in squadra. Magic Johnson però ha atteso a lungo questo momento, deve e vuole giocare. Lui è un campione di basket, è tutto quello che sa fare.

Maglia 32

La partita non sembra partire con il fischio d’inizio, ma nel momento in cui le sue dita stringono per la prima volta la palla. Solo allora i tre mesi di stop che si porta sulle spalle lo lasciano andare e i suoi due metri e sei di altezza tornano ad essere un guizzo veloce per gli occhi degli avversari.
Quella maglia numero 32 non gli è mai stata così bene come stasera.
Se volevate vedere un po’ di magia dovevate solo chiamare Magic!”, urla l’altoparlante mentre la folla resta senza parole davanti a quello che sta avvenendo: l’Ovest sta battendo l’Est su tutta la linea.
Il tempo scorre veloce e Magic Johnson, lanciato uno sguardo al timer che non smette di scendere, non vuole smettere più, non vuole che la partita finisca, vuole continuare a stare sotto le luci e in mezzo alla folla. Rumore, vuole ancora essere assordato da quel rumore.
Gli ultimi secondi sono destinati alla storia: due tiri da tre punti che sembrano esser stati orchestrati al millimetro, davanti le facce stanche di un giovane Michael Jordan e Isiah Thomas. Non due qualunque.
Ed ecco che, improvvisamente, almeno per Magic, la partita finisce.

Magic Johnson
(Magic Johnson. Il migliore)

Il migliore

La sua squadra ha vinto: 153-113. Ce l’ha fatta. Non ha battuto solo la East Coast ma soprattutto i suoi dubbi, le paure che lo attanagliavano da mesi. Con i suoi 25 punti e 9 assist è ancora una volta lui il miglior giocatore dell’All Star Game.
Microfono in mano Magic Johnson ringrazia il pubblico. “I’ll never forget” dice. Non dimenticherà mai. Loro non lo sanno, ma sarà così per tutti, in campo e sugli spalti.
Nell’Arena, ma ancora di più dall’altra parte dello schermo tv che ha rimbalzato le immagini, impossibile sapere quante decine di migliaia di sieropositivi abbiano guardato quella partita  con una voglia di vita che non gli passerà mai.
Magic Johnson ha rotto il silenzio e i tabù che li circondano con le immagini di un uomo che ha avuto la possibilità di rialzarsi di nuovo.
Non serve chiamarsi Magic per poterlo fare, questo è il messaggio che passa.
Non tutti ce la faranno, ma a tutti, quella partita, ha dato una speranza infinita.

 

…………..

Se vuoi leggere altre storie di Giulia Colasante clicca qui per acquistare il suo libro

Intrepide

Giulia Colasante si affaccia al mondo nell'ultimo anno del secolo scorso, in tempo per sentirne raccontare in diretta, abbastanza per rimanerne incuriosita. Giornalista pubblicista, laureata in Filosofia e in Scienze Cognitive della Comunicazione e dell'Azione, continua a studiare il futuro che attende lei, ma anche un po' tutti gli altri.

ARTICOLI CORRELATI

Roma Volley femminile

Roma Volley. L’urlo del Palazzetto

Domenica 15 ottobre. Dopo una chiusura di sette anni, Roma saluta la restituzione alla città del Palazzetto dello Sport. Un’assenza colpevole, stretta tra lungaggini burocratiche e Istituzioni qualche volta distratte. Il Palazzetto torna alla città nel modo migliore, con l’urlo delle ragazze della Roma Volley. Le prossime partite andranno meglio, ma sono le wolves le prime a firmare il patto per il futuro tra il Palazzetto e lo sport capitolino. È un buon segno, per Roma, per lo sport e per la cultura.

Leggi tutto »
Valerio Bacigalupo

Valerio Bacigalupo. Le mani del Grande Torino

Non si racconterà mai abbastanza delle gesta del Grande Torino. Giocatori, tecnici e dirigenti accompagnati, nell’ultimo viaggio, da giornalisti ed equipaggio di un aereo con destinazione paradiso. Qui ricordiamo Valerio Bacigalupo, le sue mani forti e una foto che dice tutto.

Leggi tutto »

Claudio Pistolesi. C’era una volta il (mio) tennis

Claudio Pistolesi, una vita da campione e oggi da coach di campioni, si racconta a tutto tondo. Una scrittura felice per una lettura agile che ci porta direttamente nel suo vissuto facendoci vivere da vicino set, match, dritti, rovesci e, soprattutto, le emozioni che hanno reso viva la sua vita.

Leggi tutto »
menopausa

Menopausa. Allenamento per recupero funzionale ed estetico

L’attività fisica appare necessaria per controbilanciare e gestire il peggioramento costante della composizione corporea durante la menopausa. L’appello proviene da Luca Valerio di Lorenzo, trainer e chinesiologo. Ecco i suoi consigli per mantenere buonumore, bellezza, forza, velocità resistenza e flessibilità

Leggi tutto »
Soap Box Derby 1933

Soap Box Derby. Un sogno americano

Prima Dayton, poi Akron, poi tutti gli Stati Uniti. Il Soap Box Derby appassiona ragazzini, genitori e decine di migliaia di persone che accorrono per assistere alle gare. Quel 10 giugno del 1933, davanti a dei ragazzini che si sfidavano in velocità buttandosi giù da una discesa con delle macchinette di fortuna, Myron Scott aveva visto giusto e la sua intuizione farà diventare il Soap Box Derby uno spettacolo del sogno americano.

Leggi tutto »



La nostra newsletter
Chiudi