La vita è fatta di prime volte. Poche ma decisive. Si contano sulle dita di una mano e sono destinate a restarti impresse per sempre. Più passano gli anni e più ti tengono compagnia. Il primo giorno di scuola, il primo bacio, la prima donna nuda con la quale sei stato a tu per tu e naturalmente la prima partita di calcio vista dal vivo, al tempo rigorosamente di domenica. Il Milan, entrato quasi per caso nella mia vita e mai più uscito.
San Siro
Un pomeriggio di gran sole, la mano di mio padre che tiene stretta la mia, una corsa infinita in tram, la salita lungo le rampe circolari che avvolgono San Siro come le spire di un serpente, l’arrivo sulle gradinate e la visione del campo dall’alto. Uno dei ricordi più vivi è sempre stato quello del grande prato di un verde intensissimo. L’impressione fu quella di essere davanti a un mare.
Poi la partita
Milan-Mantova, finita 1 a 0. Del gioco, dei tiri, dei passaggi non mi è rimasto niente, ma l’azione del gol che ha deciso la partita l’ho sempre stampata davanti agli occhi chiarissima. Più o meno all’altezza del dischetto del rigore, il pallone che rimbalza e una mezza girata al volo. Stumpf, il rumore sordo del tiro e il gol. Stagione 1961-62, non avevo ancora 6 anni. Quel che si dice un imprinting calcistico indelebile.
L’inizio della passione
Dopo tanto tempo, grazie a Internet, sono riuscito a ricostruire il mosaico. Quel giorno era il 1° aprile 1962 e il gol decisivo di quel Milan-Mantova lo segnò Rivera al 29’ del primo tempo. Mio padre era interista, ma chissà come mai quel giorno mi portò a vedere il Milan, segnando per sempre il mio tifo calcistico. A dire la verità, se vogliamo essere storicamente corretti, diventai milanista sette giorni dopo. Visto che mi ero divertito molto, mio padre mi propose di andare allo stadio anche la domenica successiva. Questa volta il Milan giocava contro il Torino, quello di Law e Baker, e fu un trascinante 4 a 2 per i rossoneri. Anche qui i ricordi sono a macchia di leopardo. Più che la partita e i gol mi ricordo l’entusiasmo del pubblico per i numeri di Rivera, che quel giorno diede letteralmente spettacolo. Alla fine invasione di campo dei tifosi che prima spogliarono i giocatori delle maglie e poi li portarono in trionfo fino alla scaletta degli spogliatoi. Quella domenica il Milan aveva matematicamente vinto lo scudetto e io avevo scelto la mia squadra.
La mano e il cuore
A più di sessant’anni di distanza resta uno dei miei ricordi più belli. Ripenso spesso a quel pomeriggio di pura felicità, come può esserlo solo quella di un bambino, e soprattutto alla mano di mio padre, che non c’è più da tanti anni, ma di cui ho forse più bisogno oggi di allora. E allora, grazie papà e forza Milan!